sabato 10 novembre 2012

L'ANALISI DEI RARI ERRORI MEIOTICI COME SOSTEGNO ALLA TEORIA CROMOSOMICA DELL'EREDITARIETA'.


Come abbiamo potuto vedere nel post precedente Morgan suppose che la mutazione per il colore degli occhi della Drosophila risiedesse sul cromosoma X,  per dimostrarlo portò avanti vari incroci, bisogna dire però che Morgan non era comunque assolutissimamente convinto della teoria cromosomica dell'ereditarietà fino a quando Calvin Bridges, un suo studente, tramite vari studi ottenne un ulteriore prova chiave a carico della teoria cromosomica.
Bridges non fece che ripetere in maniera più estesa gli stessi esperimenti effettuati da Morgan, incrociando femmine con occhio bianco e maschi con occhi rossi.
Come ci si aspettava la progenie era costituita da femmine con occhi rossi e maschi con occhi bianchi.
Notò però che 1 su 2000 aveva occhi rossi e con la stessa percentuale, più o meno si avevano femmine con occhi bianchi.
Queste osservazioni incuriosirono Bridges il quale inizio a supporre che queste eccezioni derivassero da rari eventi in cui i cromosomi X non riuscivano a separarsi durante la meiosi femminile.
Questa mancata segregazione venne definita "non disgiunzione".
Come mostrato nell'immagine sotto in conseguenza della non disgiunzione si otterrebbero alcune cellule uovo con due cromosomi X e altre senza cromosomi X.

La fecondazione di queste cellule dal contenuto cromosomico anormale produrrebbe quattro tipi di zigoti:  XXY con due cromosomi X dall'uovo e uno Y dallo spermatozoo; XXX (con due cromosomi X dall'uovo e uno dallo spermatozoo; XO (con l'unico cromosoma sessuale proveniente dallo spermatozoo e nessuno dall'uovo), OY con l'unico cromosoma proveniente dallo spermatozoo e nessuno dall'uovo.
Osservando i cromosomi della femmine con occhi bianchi ottenute da incroci su vasta scala, Bridges trovò che erano individui XXY che avevano ricevuto i due cromosomi X e con essi l'allele w dalle madri con occhio bianco.
I maschi eccezzionali con occhio rosso nati dall'incrocio erano XO, il colore dell'occhio mostrava che avevano ricevuto l'unico cromosoma sessuale dal padre con occhi rossi. Lo studio mise in evidenza che si erano verificati degli errori nella distribuzione dei cromosomi durante la divisione cellulare.
I moscerini OY non sopravvivono in quanto il cromosoma X porta geni necessari per la vitalità che non sono presenti sul cromosoma Y anche le femmine XXX morivano.
Ciò che possiamo notare è che le femmine con occhio bianco possiedono 3 cromosomi sessuali XXY, Bridges ipotizzò che potessero produrre quattro tipi di uova, XY e X oppure XX e Y.
La formazione di queste quattro uova può essere visualizzata se immaginiamo che i 3 cromosomi si appaiano e si dividono durante la meiosi, due cromosomi devono andare ad un polo e un cromosoma all'altro.
Con questo tipo di segregazione i risultati possibili sono due: il cromosoma X e Y vanno insieme al secondo cromosoma X ad un polo, oppure i cromsomi X ad un polo e il cromosoma Y all'altro.
Quest'ultimo caso avviene raramente quando i cromosomi X non riescono ad appaiarsi.
Bridges previde che la fecondazione di queste quattro tipi di uova, da parte di spermatozooi normali  avrebbe generato dei cariotipi per i cromosomi sessuali di un vasto numero di individui per la progenie.
Infatti riuscì a dimostrare citologicamente (vedere immagine a lato e sotto) che le femmine con occhio bianco ottenute dall'incrocio con maschio occhi rossi, avevano due cromosomi X e un cromosoma Y, mentre metà dei maschi con occhio bianco mostrava un unico cromosoma X e due Y.
Ciò fornì le prove dell'ipotesi che i geni specifici sono realmente localizzati su cromosomi specifici.






mercoledì 7 novembre 2012

MITOSI E MEIOSI A CONFRONTO.

La mitosi.
La mitosi è il principale processo che assicura che ogni cellula di un organismo porti gli stessi cromosomi, mantenendo il numero corretto di cromosomi in ogni cellula.
Il tipo di divisione cellulare che ripartisce i cromosomi in maniera equivalente tra le cellule figlie, il meccanismo cellulare che porta alla conservazione del materale genetico attraverso le varie generazioni cellulari. Quando si parla di mitosi ci si riferisce al processo finale di un ciclo cellulare in cui si assiste alla seprarazione di una cellula madre in due cellule figlie, infatti esso rappresenta solo una piccola parte del ciclo cellulare, il periodo che intercorre tra di essa è nota come interfase.
Dunque con il termine mitosi intendiamo il processo di divisione cellulare, solo una piccola parte del ciclo cellulare è utilizzato per la divisione della cellula. Il periodo che intercorre tra le divisioni è noto come interfase.


Interfase.
L'interfase a sua volta è suddivisibile in tre stadi che vengono rispettivamente chiamati G1-S-G2.
La fase G1 parte dalla nascita di una nuova cellula, a sua volta derivata da un precedente processo di mitosi.
Durante la G1 la cellula utilizza l'informazione genetica che ha ereditato per portare avanti tutte le sue funzioni. Questa fase comunemente è nota come di accrescimento, è molto variabile anche a seconda del tipo di cellula, per fare un esempio le cellule embrionali tendono a dividersi molto velocemente, le cellule del cervello invece tendono a sostare in una fase nota come fase G0, una fase di riposo della G1 e permangono in tale stato per tutta la durata della vita.
La mitosi la possiamo suddividere per comodità in vari stadi, ognuno dei quali caratterizzato da uno o più eventi cruciali. Le fasi della mitosi sono: profase, prometafase, metafase, anafase, telofase, citochinesi.
Come possiamo notare dall'immagine sopra, prima dell'inizio della fase G2 la cellula entra in fase S. Durante tale fase il materiale genetico viene duplicato.
 Durante la replicazione, ciascun cromosoma si duplia per produrre cromatidi fratelli identici, che saranno visibili quando i cromosomi si condenseranno all'inizio della mitosi. I due cromatidi fratelli rimanfono uniti al centromero.
L'intervallo G2 è compreso tra la duplicazione dei cromosomi e l'inizio della mitosi. Durante questa fase la cellula subisce un accrescimento, anche se limitato rispetto alla fase G1 e sintetizzano le proteine fondamentali per i ossimi stadi cellulari. All'esterno del nucleo si può osservare l'inizio della formazione dei microtubuli che saranno fondamentali per le prossime fasi cellulari.
I microtubuli si irradiano all'interno del citoplasma a partire da un centro singolo di organizzazione noto con il termine di centrosoma, localizzato vicino alla membrana nucleare.
Nelle cellula animali il centrosoma è costituito nella sua parte centrale da due organelli scuri noti con il termine di centrioli . Durante la fase S e G2 i centrosomi si replicano producendo due centrosomi che rimangono molto vicini.


Profase: condensazione dei cromosomi.
Il DNA è contenuto nel nucleo delle cellule, quando la cellula non è in fase di divisione cellulare (interfase) il nucleo è intatto, I cromosomi durante questa fase appaiono come aggregati indistinguibili di cromatina.
Durante la profase l'inizio della mitosi è rappresentato da un condensamento dei singoli cromosomi, processo appunto noto come condensazione. Ogni cromosoma che si condensa ha già subito il processo della replicazione ed è costituito da due cromatidi fratelli uniti tra di loro da una struttura nota come centromero.
 Il processo di condensazione è straordinario, la macromolecola del DNA come molti  sapranno è molto grande, potrebbe raggiungere una lungezza di svariati centimetri, per essere contenuta nel nucleo deve essere letteralmente impacchettata attraverso complessi e specifici processi.
Con la condensazione i cromosomi si trasformano da uno stat metabolicamente attivo ad una cndizione che li rende pronti per ilsucessivo trasporto nelle cellule figlie.
Durante questa fase i nucleoli iniziano a scomparire. I centrosomi si sono duplicati in interfase, si dividono e sono chiaramente distinguibili come due entità separate visibili al microscopio ottico. Nello stesso tempo una sottile e fitta rete di  microtubuli dell'interfase si disaggrega ed è sostituita da microtubuli che crescono e si contraggono rapidamente verso i propri centri di organizzazione dei centrosomi. I centrosomi continuano a separarsi migrano attorno alla membrana nucleare verso le estremità opposte del nucleo.

Prometafase: La prometafase, inizia con la disgregazione della membrana nucleare, ciò permette ai microtubuli irradiati dai centrosomi di invadere la regione corrispondente al nucleo.
I cromosomi si attaccano ai microtubli mediante il cinetocore.
I cinetocori contengono proteine che agiscono da motori molecolari, permettendo ai cromosomi di scivolare lungo i microtubuli.
Quando il cinetocore di un cromosoma inizialmente si attacca al microtubulo in prometafase, il motore che risiede sul cinetocore muove il cromosoma verso il centrosoma da cui quel microtubulo origina.
I microtubuli che crescono da due centrosomi catturano a caso i cromosomi  attraverso i cinetocori di uno dei due cromatidi fratelli. Il risultato è che qualche volta è possibile osservare cromosomi che si raggruppano in prossimità di ciascun centrosoma.
In questa parte iniziale della prometafse un cromatidio per ogni cromosoma è attaccato a un microtubulo ma il cinetocore del cromatidio fratello rimane libero.
Il fuso mitotico è costituito da tre diversi tipi di fibre microtubulari: tutti questi microtubuli si originano dai centrosomi che funzionano come i due poli dell'apparato del fuso.
I microtubuli che si estendono tra un centrosoma e il cinetocore di un cromatidio sono i microtubuli del cinetocore oppure le fibre centromeriche.
 I microtubuli che da ogni centrosoma sono diretti verso il centro della cellula sono definiti microtubuli polari; i microtubuli polari che si originano dai centrosomi opposti si interdigitano vicino l'equatore della cellula.
Ci sono infine, i corti microtubuli astrali, fibre poco stabili che si estendono dal centrosoma verso la periferia della cellula.
Verso la fine della prometafase i cinetocori dei cromatidi fratelli non ancora attaccati si associano ai microtubuli emanati dai centrosomi opposti.
In questo modo i cromosomi sono orientati in modo tale che un cromatidio fratello si affaccia verso un polo della cellula e l'altro verso il polo opposto.

Metafase: Il collegamento dei cromatidi fratelli innesca una serie di reazioni che permettono ai cromosomi di muoversi verso l'equatore immaginario, la cosidetta piastra metafasica.
Quando i cromosomi si allineano su di essa le forze che tirano i cromatidi verso i poli e le forze che lo mantengono in una posizione equidistante dai poli si equivalgono.

Anafase: durante l'anafase avviene la separazione dei cromosomi fratelli, ciò fa in modo che ogni cromatidio venga tirato verso il polo a cui è collegato tramite i microtubuli del cinetocore non appena il cromosoma si muove verso il polo, i microtubuli del cinetocore si accorciano.
Dato che le braccia dei cromatidi metacentrici seguono passivamente i cinetocori, assumono una configurazione caratteristica a forma di V durante l'anafase.
La connessione dei cromatidi fratelli ai microtubuli emanati dai poli opposti del fuso sta a significare che l'informazione genetica che migra verso un polo è esattamente uguale a quella che muove verso il polo opposto.

Telofase: la trasformazione finale del nucleo durante la mitosi avviene in telofase. La telofase è come la profase al contrario, le fibre del fuso iniziano a disperdersi e a livello di ciascun polo si riforma una membrana nucleare intorno al gruppo di cromatidi e ricompaiono i nucleoli. I cromatidi ora si comportano come cromosomi indipendenti che si decondensano e si despiralizzano fino a costituire un massa affrovigliata di cromatina. La mitosi finisce qui.



La meiosi e la produzione di cellule germinali aploidi, i gameti.
Durante i vari cicli di divisioni embrionali, la maggior parte delle cellule possono crescere e dividersi attraverso la mitosi o arrestarsi in G0.
Le cellule che vanno in divisione mitotica e quelle arrestate nella fase G0 sono chiamate cellule somatiche, e le cellule che derivano da esse andranno a costituire gran parte dei tessuti di un organismo durante il suo ciclo vitale. Altre cellule avranno un destino del tutto diverso; sono le cellule germinali; il loro destino  sarà quello di specializzarsi nella produzione dei gameti. Le cellule germinali faranno in seguito parte degli organi riproduttivi (testicoli, ovaie negli animali, fiori e antere nelle piante) dove infine andranno incontro alla meiosi, la divisione a due fasi che produce i gameti (cellule uova e spermatozoi o polline).
Tali cellule conterranno metà numero di cromosomi rispetto alle altre cellule dell'organismo.
Le cellule somatiche possiedono vita limitata; tendono ad andare incontro ad un certo numero di divisioni cellulari mitotiche e poi muoiono. Al contrario quelle germinali tendono ad acquistare una sorta di immortalità in quanto, generando gameti, trasmettono i geni di un indviduo alla generazione successiva.


 La meiosi è un processo cellulare mediante il quale il materiale cromosomico si replica una volta mentre la cellula si divide due volte, questo meccanismo ha l'importante funzione di diminuire il numero di cromosomi all'interno delle cellule figlie. Nelle cellule pre-meiotiche ogni cromosoma è appaiato con un omologo, e per ogni coppia di omologhi un cromosoma è dato dallo spermatozoo (contributo paterno) e un cromosoma è dato dall'uovo (contributo materno). Alla conclusione della meiosi ogni cellula sarà aploide, cioè mostrerà solo un membro della coppia di cromosomi omologhi sia esso materno o paterno. La meiosi nei primi stadi dello sviluppo di un organismo è di fondamentale importanza in quanto assicura una costanza nel numero cromosomico attraverso le generazioni di una particolare specie. Infatti se ciò non avvenisse la fusione di due cellule dipolidi produrrebbe uno zigote con il doppio dei cromosomi presenti nella generazione parentale, ad esempio nell'uomo il numero dei cromosomi in una cellula diploide è 46, la fusione di due cellule diploidi produrrebbe in seguito uno zigote con 92 cromosomi, nelle generazione successiva il doppio!
Inoltre errori nella segregazione dei cromosomi durante le fasi meiotiche possono portare a delle anomalie a livello genetico, come il processo definito di non disgiunzione nel quale i cromosomi non segregano correttamente portando alla formazione di gameti che presentano un numero maggiore di cromosomi in un gamete rispetto al normale e in un altro gamete essere assenti, oppure essere presenti in un numero deficitario rispetto al normale. La stragrande maggioranza di queste anomalie sono letali sia che coinvolgano cromosomi autosomici o sessuali, in alcuni casi come la trisomia 21 che causa la sindrome di down non è mortale ma porta modificazioni fenotipiche che possono essere molto debilitanti per l'individuo che ne è affetto.
In altri casi ancora a differenza dei casi in cui si verificano errori nella segregazione dei cromosomi, alcuni animali ibridi portano cromosomi non omologhi che non possono segregare correttamente. Un esempio è l'unione tra il cavallo e l'asino che produce il mulo che come molti sanno è sterile. Ciò è dovuto al fatto che il padre asino porta 30 cromosomi il cavallo 32 e molti di questi cromosomi sono troppo differenti per potersi appaiare, cio provoca formazione di gameti non vitali nel mulo con conseguente sterilità.
Abbiamo accennato al fatto che la meiosi svolge un ruolo di fondamentale importanza nell'assicurare la costanza del numero cromosomico nelle generazioni successive, ma allo stesso tempo svolge un ruolo primario nell'assicurare la variabilità genetica nelle generazioni. Infatti la meiosi presenta due aspetti di fondamentale importanza nell'assicurare la variabilità genetica. Primo è del tutto casuale quale dei cromosomi migri verso un determinato polo della cellula, 2) gameti diversi portano combinazioni genetiche differenti. Inoltre dobbiamo tenere conto anche del fatto che più aumenta l'assortimento di combinazioni geniche in una popolazione maggiori saranno le possibilità che alcuni individui possiedano combinazioni di alleli che possono permettere la sopravvivenza di un individuo in un particolare ambiente, e inoltra maggiore sarà il numero di cromosomi maggiore la variabilità genetica. Ad esempio negli esseri umani il numero di cromosomi in un gamete è 23 l'assortimento casuale di gameti con i rispettivi cromosomi potrebbe produrre 2 elevato alla 23 tipi di gameti differenti...(quindi 2 elevata alla 23 combinazioni genotipiche differenti).
Una seconda caratteristica poi è il mescolamento dei cromosomi che avviene durante il processo del crossing over in cui i cromosomi scambiano tra di loro segmenti di materiale genetico, contribuendo alla variabilità genetica, senza contare che la riproduzione sessuale amplifica questa variabilità, durante la riproduzione di uno qualsiasi dei tanti spermatozooi geneticamente diversi può fecondare uno dei tanti ovuli con la propria distinta identità genetica.

La meiosi è costituita da due cicli di divisione cellulare.
Caratteristica principale della meiosi è che a differenza della mitosi avengono due divisioni nucleari anzichè una sola.
Nella meiosi I l'evento principale è costituito dall'appaiamento dei cromosomi omologhi, dallo scambio di materiale genetico tra i cromosomi e infine dalla loro separazione.

Profase I: è la fase più lunga del processo meiotico, è il momento in cui avviene il crossing over.

La profase può essere suddivisa in vari sottostadi, il primo è noto come leptotene; all'avvio della meiosi I il dna è stato già duplicato, è la fsi in cui i cromosomi iniziano ad ispessirsi. Tutti i cromosomi sono già stati duplicati all'inizio della meiosi I ed ognuno è costituito da un cromatidio fratello attaccati d una struttura nota come centromero. In questo stadio i cromatidi sono strettamente associati tra di loro da apparire come un unica identità. Il successivo stadio è noto come zigotene, inizia questo stadio quando tutti i cromosomi omologhi sono appaiati tra di loro e inizian ad unirsi come una iusura lampo, a formare la sinapsi. QUesto processo avviene grazie all'azione e alla formazione di una elaborata e complessa struttura proteica nota come complesso sinaptinemale, è importante la formazione di tale complesso affinchè l'appaiamento dei cromosomi avvenga con estrema precisione, giustapponendo le stesse regioni genetiche dei due cromosomi.
Il pachitene; è lo stadio in cui avviene il crossing over, i cromosomi sono ora appaiati per tutta la loro lunghezza, i cromosomi X e Y sono differenti; l'appaiamento nel loro caso avviene solo in prossimità di particolari zone omolghe che permettono un appaiamento limitato. Durante il pachitene iniziano a formarsi delle particolari strutture denominate noduli di ricombinazione. A livello dei noduli di ricombinazione avviene uno scambio di materiale genomico tra i cromatidi non fratelli (materni e paterni). Lo scambio noto come crossing over, ha come risultato la ricombinazione di materiale genetico. Come risultato ogni cromosoma della coppia potrebbe non essere più di derivazione paterna e materna, ognuno comunque ha ancora un entità genomica completa dal momento che non vi è interruzione nell'informazione genetica.

Il diplotene ha inizio ha inizio con il dissolvimento del complesso sinaptinemale e con una leggera separazione dei cromosomi omologhi. I cromosomi omologhi allinearti di ciascun cromosoma rimangono legati ancora attraverso particolari strutture note come chiasmi, che sembrano essere i luoghi dove è avvenuto il crossing over. La diacinesi è accompagnata da una condensazione ulteriore dei cromatidi. A causa di questo ispessimento e accorciamento dei cromosomi può notare che ogni tetrade è costituita da quattro cromatidi fratelli tenuti insieme da un centromero. I cromatidi fratelli che sono andati incontro al crossing-over restano associati strettamente all'altezza dei chiamsi. Il completamento della diacinesi è analogo a quello della prometafase mitotica: la membrana nucleare si disaggrega e iniziano a comparire le prime fibre del fuso.

Metafase I: la differenza tra il fuso che si viene a formare durante questo processo e quello che si forma nella metafase mitotica è che durante la meiosi ogni cromatidio fratello possiede un cinetocore in grado di poter interaginre con i microtubuli che originano dai poli della opposti al fuso.
Inoltre in meiosi I i cinetocori dei cromatidi fratelli vanno incontro a fusione, ciò farà si che ogni cromosoma contenga un solo cinetocore.
La presenza di un solo cinetocore ha una conseguenza, durante l'anafase non vi sono forze opposte in grado di tirare i cromatidi fratelli da un lato e dall'atro. Nella metafase I al contrario le strutture dei microtubulu provenienti da poli opposti si attaccano ai cinetocori dei cromosomi omologhi.
I cromosomi in questo modo sono allineati nella piastra metafasica, i cinetocori dei cromosoi materni e paterni si affaceranno ai poli opposti del fuso, posizionando i cromosomi omologhi in modo tale che durante l'anafase possano venire tirati in direzioni opposte.
Dal momento che l'allineamento e l'aggancio di ciascun bivalente alle fibre del fuso sono indipendenti da quelli di qualsiasi altro bivalente, i cromosomi che si affacceranno ad un polo saranno un miscuglio casuale di cromosomi di origine materna e paterna.

Anafase I: al momento dell'anafase I i chiasmi che uniscono i cromosomi omologhi si dissolvono, permettendo agli omologhi materni e paterni di muoversi verso i poli del fuso.
Nella prima divisione meiotica i centromeri non si dividono come in meiosi; così per ogni bivalente migregà verso ciascun polo solo un cromosoma, costituito da due cromatidi fratelli uniti al centromero.
Durante questa fase avviene la ricombinazione tramite il processo definito del crossing over, il quale riveste un ruolo di fondamentale importanza nella segregzione dei cromosomi omologhi durante la prima divisione meiotica.
Questo perchè i chiasmi, mantenendo uniti i cromosomi omologhi, assicurano anche che i centromeri rimangano attaccati ai poli opposti del fuso per tutta la durata della metafase.
Quando in un bivalente la ricombinazione non avviene si possono verificare dei grvi errori nell'aggncio, e nel trasporto dei cromosomi, che possono portare ad un movimento dei cromosomi omologhi verso lo stesso polo invece che tra i poli opposti.

Telofase I: Durante il processo della telofase iniziano a formarsi le membrane nucleari che si formano attorno ai cromosomi che sono migrati ai poli.
I nuclei figli che si stanno per formare contengono ciascuno metà dei cromosomi del nucleo parentale, ma ciascun cromosoma è costituito da cromatidi fratelli uniti al centromero, durante la meiosi il numero di cromosomi si riduce alla metà del normale numero diploide (quindi si ha in questo momento un corredo aploide).

Durante la meiosi II, i cromatidi fratelli si separano e si ha la produzione dei gameti aploidi.
Le fasi che caraterizzano la meiosi II sono più o meno identiche alla meiosi I:

Profase II: Nell'interfase precedente alla meiosi I i cromosomi si sono decondensati, ora si ricondensano al termine della profase II la membrana nucleare si dissolve nuovamente e si riforma il fuso.

Metafase II: durante tale fase i cinetocori dei cromatidi fratelli si attaccano al fibre del fuso, come nella metafase mitotica.
Tale fase però possiede una caratteristica fondamentale che la distingue da quella mitotica. Il numero dei cromosomi è la metà di quello presente nella metafase mitotica e nella maggior parte dei cromosomi i due cromatidi fratelli non sono più perfettamente identici a causa della ricombinazione avvenuta durante la meiosi I, i cromatidi possiedono ancora gli stessi geni ma possono portare combinazioni differenti di alleli.

Anafase II: come accade nella mitosi anche in questa fase i centromeri si separano e ciò permette ai cromatidi di migrare verso i poli opposti.

Telofase II: si sono formate quatttro cellule figlie si riformano le membrane e la citochinesi colloca i nuclei in cellula distinte. Il risultato è la formazione di quattro gameti aploidi .Alla fine di questa fase ognuno dei gameti ha lo stesso numero di cromosomi della cellula da cui si origina. La meiosi due per tale motivo viene definito divisione equazionale.

domenica 4 novembre 2012

PROSSIMAMENTE: Meiosi e la non disgiunzione come prova della teoria cromosomica dell'ereditarietà.

Cosa è la meiosi, confronto tra meiosi e mitosi e come l'analisi dei rari errori della meiosi ha fornito un ulteriore sostegno alla teoria cromosomica...

LA TEORIA CROMOSOMICA DELL'EREDITARIETA'

All'inizio del 1900 molti biologi iniziarono a chiedersi e a sospettare che i geni fossero situati sui cromosomi, ma nessuno era in grado di darne una risposta definitiva, non si riusciva a trovare un gene che potesse essere senza nessuna ombra di dubbio collegabile ad un cromosoma.
Nessuna teoria sfugge a questa regola, il suo destino è quello di dipendere in parte dalla possibilità che ciò che essa prevede possa essere confermato.
Per individuare tale gene bisognava che esso fosse costituito da un allele mutante e che il cromosoma sul quale si trovava fosse distinguibile morfologicamente e quindi facilmente individuabile e cosa non meno importante che la modalità di trasmissione del gene fosse compabile con il comportamento del cromosoma durante la riproduzione.
A risolvere la questione ci pensò Thomas Hunt Morgan e la Drosophila melanogaster ovvero il moscerino della frutta.
Quest'ultimo si è dimostrato un valido organismo modello: è estremamente prolifico, periodo di generazione estremamente breve; ci vogliono infatti solo 12 giorni affinchè un uovo fecondato si sviluppi in un individuo adulto maturo che a suavolta è in grado di produrre centinaia di individui.
Altra caratteristica è che il moscerino della frutta possedeva solo 4 paia di cromosomi, quindi facili da "seguire", di cui un paio sessuali, XX nelle femmine e XY nei maschi, facilmente distinguibili tra di loro e rispetto ai cromosomi atosomi.

La mutazione nel colore degli occhi e la dimostrazione che permise di collegare l'ereditarietà ai cromosomi.
Tra il vastissimo numero di moscerini della frutta che Morgan possedeva, tutti caratterizzati dall'avere gli occhi color rosso mattone, ne comparve uno mutante, presentante occhi color bianco.
Una mutazione aveva alterato il colore degli occhi, determinando un cambiamento del colore selvatico con un nuovo tipo di colore bianco.
Morgan incrociò il maschio di Drosophila presentante il colore degli occhi bianchi con una femmina con fenotipo degli occhi selvatico e quindi rosso.

Morgan osservò un particolare schema di segregazione, possiamo osservarlo nel disegno sopra.
Come possiamo osservare dall'incrocio della linea parentale otteniamo una generazione F1 costituita da individui femmine e maschi con occhi rossi. Metà della progenie è costituita da femmine e l'altra metà da maschi, le femmine presentano fenotipo occhi rossi e metà dei maschi presenta fenotipo selvatico occhi rossi. Tale risultato fu la prova che l'allele selvatico per il colore rosso era dominante sul mutante per il colore bianco.
I geni sono nominati rispettivamente come w* (colore rosso); w (colore bianco).
Morgan incrociò la progenie F1, ottenendo una generazione F2 con il rapporto atteso di occhi rossi: occhi bianchi di 3:1.
Nell'immagine sopra però vi è da notare un particolare; tra gli indivdui con occhi rossi vi sono due femmine e un solo maschio e la progenia costituita da occhi bianchi è rappresentata da un solo maschio. A partire da questi risultati Morgan iniziò a supporre che l'allele per il colore rosso e il mutante per il colore bianco fossero presenti sul cromosoma X.
Quindi si assunse che le femmine selvatiche nel primo incrocio fossero eterozigote per l'allele w* e che i maschi avessero sul cromosoma X il gene mutato w, non presente sullo Y.
In seguito incrociando le femmine. Dall'incrocio la progenie eredita un cromosoma X dalla madre e uno dal padre, dal momento che il cromosoma X ereditato per via materna porta l'allele selvatico w*, i figli maschi avranno gli occhi rossi, le figlie ereditano un cromosoma X da ognuno dei genitori, e saranno quindi eterozigoti. L'allele w* è dominante sull'allele w.
Dall'incrocio dei maschi F1 con le femmine F1 abbiamo una seconda generazione (F2) con femmine omozigote per l'allele dominante e femmine eterozigote entrambe con fenotipo occhi rossi. I moscerini maschi che hanno genotipo XY avranno o occhi rossi o occhi bianchi a seconda di quale cromosoma X contenente l'allele mutato ereditano. Il motivo è dovuto alla segregazione degli alleli che avviene in tali femmine.
Gli esperimenti non finirono qua e Morgan effettuò altri incroci tra gli individui della progenie F2.

Morgan incrociò femmine, dal colore degli occhi rosso, che si supponeva fossero eterozigote, con maschi presentanti fenotipo occhi bianchi, metà progenie, vedi immagine sopra, presentò occhi bianchi, l'altra metà occhi rossi. Per la precisione dall'incrocio si ottennerò alcune femmine con occhi bianchi e alcune con occhi rossi. Metà progenie maschile presentava occhi bianchi, l'altra metà occhi rossi.
In seguito furono incrociate femmine con occhi bianchi della generazione F1 con maschi occhi rossi della stessa generazione.

L'incrocio diede una generazione F1 presentante femmine con occhi rossi e maschi con occhi bianchi. I maschi hanno ereditato il colore bianco dalla linea materna, mentre le figlie ereditano il colore rosso dalla linea paterna. Possiamo notare, se andiamo a riosservare la prima immagine, che l'incrocio femmine rosse con maschi bianchi e femmina bianche incrociate con maschi rossi non danno lo stesso risultato, di nuovo in contrasto con i risultati di Mendel.
Dall'incrocio di questi individui si ottenne una seconda generazione F2, dve metà delle femmine presentavano occhi bianchi e l'altra metà occhi rossi; stesso discorso per i maschi.
Dall'incrocio della progenie F1 si ottenne la segregazione attesa: la metà della progenie di ciascun sesso aveva occhi rossi e l'altra occhi bianchi, fu confermata l'ipotesi che il gene era presente sul cromosoma X.

Altri geni furono in seguito trovati e identificati velocemente da Morgan e collaboratori, con il passare del tempo fu scoperto che molti geni erano localizzati sul cromosoma X, ciò fu dimostrato mediante semplici esperimenti da incrocio i quali dimostrarono che le mutazioni recessive di questi geni erano trasmessi con il cromosoma X; ovviamente non furono individuati solo geni sul cromosoma X, in ogni caso questi geni seguivano le leggi della segregazione mendeliana ma non segregavano con il tipo sessuale come faceva il gene per il colore dell'occhio.
Tali geni infatti erano presenti sui cromosomi autosomi, Morgan giunse alla conclusione che ogni cromosoma dovesse contenere diversi tipi di geni.
Inoltre Morgan cercò eventuali relazioni spaziali tra i geni presenti sui cromosomi, per la suppose che fossero posti in modo lineare, tale supposizione derivò dagli studi citologici, che permisero di osservare il cromosoma metafasico, il quale ha l'aspetto di un filamento.
In seguito si scoprirà e si dimostrerà che i geni sono situati in loci (ne parleremo meglio nei prossimi post).
Tutti gli studi portati avanti da Morgan rafforzarono di molto la convinzione che tutti i geni fossero localizzati sui cromosomi e che i principi di Mendel potessero essere spiegati con le loro proprietà di trasmissione durante la riproduzione.
Idea che fu indicata con il termine di teoria cromosomica dell'ereditarietà, è stata una delle più importanti dimostrazioni e conquiste della biologia.
Infatti la scoperta che i geni risiedono sui cromosomi, la scoperta che le componenti che Mendel aveva postulato erano localizzate, presenti su strutture visibili, individuabili all'interno delle cellule fece si che i genetisti poterono spiegare finalmente i principi dla segregazione e di assortimento indipendente in termini di comportamento di cromosomi alla meiosi.





venerdì 2 novembre 2012

PROSSIMAMENTE: LA TEORIA CROMOSOMICA DELL'EREDITARIETA'

Entro stasera, la teoria cromosomica dell'ereditarietà...

lunedì 8 ottobre 2012

ALLELI MULTIPLI.


Mendel analizzò i caratteri controllati da geni con due alleli alternativi, tuttavia per molti caratteri ci sono più di due forme alternative. Un classico esempio è rappresentato dai gruppi sanguigni umani.
Esempio: se un individuo con gruppo sanguigno B si incrocia con un individuo dal gruppo sanguigno A è possibile in alcuni casi che la coppia abia un figlio che non è ne A ne B, ma di un terzo gruppo sanguigno che viene chiamato 0.
Perché avviene ciò?
Il gene che determina il gruppo sanguigno AB0 ha tre alleli: Ia; Ib e I0 L’allele Ia da origine al gruppo sanguigno di tipo A specificando particolari enzimi che aggiungeranno alla superficie dei globuli rossi zuccheri che per comodità chiameremo appunto A. Stesso discorso lo facciamo per Ib, mentre I0 non produce nessun enzima funzionale. Ia e Ib sono dominanti su I0, di conseguenza il gruppo sanguigno 0 è determinato da una omozigosi per tale allele. Di conseguenza il gruppo sanguigno A può derivare da IaIa e da IaI0, stesso discorso per il gruppo B che deriva da IbIb e da IbI0.
La combinazione di IaIb determina il gruppo sanguigno AB i quali sono codominanti. Ecco un esempio di allelia multipla. In ogni caso sebbene il gene del gruppo sanguigno sia costituito da tre alleli AB0 ogni individuo porterà solo due delle forme alternative: IaIa, IaIb, IaI0, IbIb, IbI0, I0I0. per un totale di sei genotipi.
 Perché sottolineamo il fatto che un individuo porta solo due delle varie forme alternative?
Perché ciascun individuo porta al massimo due alleli per ciascun gene, ne consegue che possono esserci quindi innumerevoli alleli di un gene ma la legge della segregazione di Mendel rimane invariata, in ogni organismo che si riproduce sessualmente i due alleli di geni si separano durante la formazione dei gameti. Inoltre possiamo osservare anche come un allele non è intrinsecamente dominante o recessivo. Dominanza o recessività sono sempre secondarie al secondo allele. In parole povere le relazioni di dominanza e recessività dobbiamo stabilirle a seconda delle coppie di alleli Abbiamo detto che Ia e Ib sono dominante su I0 ma Ia e Ib sono codominanti. Dai possibili genotipi a seconda delle relazioni di dominanza che si instaurano abbiamo quattro fenotipi diversi A,B,AB,0. Ecco il perché da genitori con gruppi sanguigni A e B possono derivare figli con fenotipo 0. In questo caso i genitori erano eterozigoti.

mercoledì 26 settembre 2012

SINTESI DELL'RNA

Vari enzimi sono coinvolti nella sintesi dell'RNA dal DNA, è un processo noto come trascrizione, gli enzimi coinvolti sono noti come RNA polimerasi DNA dipendenti.
Il nome dato a questi enzimi rende l'idea della loro funzione; i nucleotidi del DNA fungono da stampo e la sequenza viene"copiata" utilizzando i ribonucleotidi e tramite la loro polimerizzazione si costruisce l'RNA.
 I ribonucleotidi vengono aggiunti l'uno dopo  l'altro in sequenza all'estremità 3' crescente del trascritto di RNA. Anche in questo caso ovviamente le regole dell'appaiamento dettano legge: l'adenina si appaia con la timina, l'uracile e la guanina con la citosina.
Durante la reazione i fosfati in posizione beta e gamma sono rimossi dal nucleotide che deve essere inserito in sequenza con un processo del tutto analogo a quello che avviene per l'aggiunta dei nucleotidi nella sintesi del DNA.
Vi è un enzima, noto come RNA polimerasi che rappresenta il componente principale del complesso di inizio della trascrizione. Ogni volta che vi è bisogno di ricopiare una informazione di un gene codificante per una proteina, tale sequenza viene copiata sottoforma di mRNA. Il processo della trascrizione farà in modo che tale copia inizi a monte del gene.

Negli eucarioti gli RNA vanno incontro ad una serie di modifiche che vengono annoverate sotto il nome di maturazione. Infatti vengono sintetizzati come precursori (pre-RNA) e devono subire modificazioni di vario tipo prima che possa svolgere le sue funzioni.
L'RNA subisce modifche di vario tipo tra cui:
modificazioni delle estremità: negli eucarioti  è un processo comune soprattutto a carico degli mRNA, al termine del processo di modificazione una estremità del messaggero possiederà un nucleotide insolito noto come cap presente alla estremità 5'; mentre al 3' troveremo una coda di poli A (dove la A sta per adenina). Ci torneremo su quando vedremo l'affascinante processo della trascrizione, queste modifiche e tali aggiunte saranno  fondamentali nel processo di traduzione del messaggio in proteina.
modificazioni chimiche: sono processi di modifica che riguardano un pò tutte le classi di RNA (ribosomiali, transfer, messageri.
La modificazione chimica dei messaggeri viene definita editing dell'RNA.
Lo splicing: consiste nella rimozine degli introni da un RNA recursore. Molti geni eucariotici che codificano proteine contengono introni che vengon trascritti insieme al gene. Tali introni saranno eliminati durante la maturazione dell'RNA mediante un taglia e cuci.
I pre-RNA non maturati formeranno la frazione nota come hnRNA detto anche RNA eterogeneo.
A tali modificazioni vanno aggiunte anche vari tipi di "eventi di taglio" le quali avvengono a carico dei rRNA e tRNA. I pre-rRNA e pre-tRNA subiscono tagli di differenti tipi che li porteranno alla maturazione.
L'editing dell'RNA può cambiare la sequenza e quindi l'informazione portata dal messaggero e di conseguenza permettere la sintesi di una diversa proteina.
splicing alternativo: in cui un pre-mRNA viene convertito in due o più mRNA combinando in maniera differente gli esoni.

martedì 25 settembre 2012

CARNEVALE DELLA CHIMICA: cercando tracce di vita nell'universo


L'edizione speciale del carnevale della chimica unificato nel tema al carnevale della fisica: CERCANDO TRACCE DI VITA NELL'UNIVERSO è online!
Per leggere i contributi dei vari blogger a questa edizione speciale dei due carnevali, che vedrà gli articoli dei blogger esposti al congresso dell' international academy of astronautics (date un occhiata qui: uno sguardo sull'IAA) che si tiene in data dal 25 al 28 settembre a San Marino, potete recarvi ai seguenti siti.
Su CHIMICARE i contributi dei blogger al carnevale della chimica.
Su SCIENTIFICANDO i contributi dei blogger al carnevale della fisica.
Anche Biosproject ha partecipato all'evento con un post che potete trovare al seguente link :
(Quali caratteristiche dovrebbe avere una nuova forma di vita per definirla aliena?)
Non mi resta che augurarvi buona lettura!!!

lunedì 24 settembre 2012

ESTENSIONI DELLE LEGGI DI MENDEL: dominanza incompleta, codominanza.


Mi riallaccio ai post su Mendel (il link GENETICA vi porta all'elenco dei post) penso che li aggiornerò a breve con vari esempi, inserendo anche alcuni esercizi, in ogni caso lo saprete con un bel post!
Riallacciandoci a quanto detto nei post precedenti, gli innovativi studi portati avanti da Mendel permisero di capire che i geni possono esistere in forme alternative.
Per ognuno dei sette caratteri delle piante che il monaco studiò, li voglio ricordare, li avevo esposti negli altri post: colore dei semi, forma dei semi, altezza delle piante, colore dei fiori, posizione dei fiori, forma del baccello, colore del baccello, Mendel identificò due alleli che abbiamo definito come dominante e recessivo.
Dobbiamo sottolineare però che non possiamo ridurre il tutto al solo concetto di dominanza e recessività; è troppo semplicistico, non esiste solo un gene che fa tutto e ad un altro che non fa niente.
Infatti studi successivi dimostrarono che possono esistere più di due stati allelici; ed ogni allele può avere un diverso effetto sul fenotipo di un individuo.

Dominanza incompleta e codominanza.
Nei vari esempi precedenti si sono considerati sempre due alleli, il dominante aveva sempre lo stesso effetto sul fenotipo di un individuo sia che fosse omozigote per l'allele dominante ad esempio AA o eterozigote Aa.
Però come accennato non possiamo ridurre il tutto solo a questo, delle volte l'eterozigote presenta un fenotipo diverso da quello dell'omozigote. In parole povere l'allele dominante delle volte in condizioni di eterozigosità non presenta lo stesso effetto sul fenotipo dell'omozigote corrispondente.
Partiamo con qualche esempio per chiarire il concetto.
Avete mai sentito parlare o avuto dei fiori noti comunemente come bocca di leone? Il nome scientifico è Antirrihinum majus come possiamo vedere nell'immagine abbiamo varietà bianche, rosse, rosa.
Per il fenotipo rosso il genotipo è (RR) per quello rosa il genotipo è (Rr) per il bianco invece abbiamo (rr).
Ecco a voi un esempio di dominanza incompleta!

Mendel si basò sulla dominanza completa dei caratteri per formulare le sue teorie e leggi, ma è ovvio che osservò delle deviazioni dai risultati da lui attesi.
Casi di dominanza incompleta sono gli incroci dai quali la progenie non assomiglia ad alcun genitore della linea F1.
Esempio: come mostrato nell'immagine a lato, gli ibridi F1 avuti dall'incrocio con linee pure bianche e rosse hanno un colore che non assomiglia a nessuno dei fiori della linea parentale.
Il colore del fiore nella generazione F2 appare nel rapporto 1 rosso 2 rosa 1 bianco. In molte specie di piante, il colore del fiore viene considerato come prova calzante di dominanza incompleta.
L'allele per il colore rosso (R) viene definito parzialmente dominante rispetto a quello del colore bianco.
Come si spiega questo? Si ritiene che probabilmente l'intensità della pigmentazione in queste specie dipenda dalla quantità di un prodotto sintetizzato dal gene del colore rosso, che specifichi per una forma alternativa di una molecola proteica che ha un ruolo enzimatico nella produzione del pigmento. Ne consegue che se l'allele R porta informazione per la sintesi di tale molecola e r (bianco) non lo porta gli omozigoti RR avranno una quantità doppia di prodotto rispetto agli eterozigoti.
Ciò si ripercuote sul fenotipo con un colore più marcato.

Codominanza.
Prendiamo in considerazione un incrocio tra linee pure, l'individuo 1 presenta colore bianco con macchie nere, mentre l'individuo 2 presenta colore bianco e punteggiature nere.
Scusate il disegno ma non ho trovato di meglio, spero che sia esauriente!
Producono progenie eterozigote che presentano entrambi i caratteri chiazzato e punteggiato. Questo è un altro esempio di scostamento dalla dominanza completa. Il fatto che nella progenie siano presenti entrambi i caratteri mostra che nessuno degli alleli è dominante o recessivo sull'altro. Dal momento che entrambi i caratteri compaiono equamente si parla di codominanza. Immaginiamo che questo nostro modello sia capace di autoimpollinazione.
Dall'autoimpollinazione della generazione F1 chiazzato/punteggiato, si genera progenie F2 nel rapporto di 1 chiazzato: 2 punteggiato/chiazzato: 1 punteggiato.
1:2:1 rapporto che stabilisce che i caratteri chiazzato e punteggiato sono determinati da alleli alternativi di un singolo gene.
In ogni caso le relazioni di codominanza, dominanza incompleta o completa non hanno nessuna influenza negativa sulla trasmissione dei geni alla progenie.

Tutto ciò ha implizioni sulla legge della segregazione proposta da Mendel?
No , la dominanza incompleta o la codominanza non confutano la suddetta legge, il motivo è semplice: la dominanza completa o incompleta e la codominanza non hanno alcun effetto sui meccanismi della segregazione durante la formazione dei gameti. Come ci fanno notare gli studi di Mendel, prendendo come punto di riferimento il tipico esempio costituito da due geni, le coppie di geni che siano uguali o diffenti segregano comunque. La fecondazione in seguito ricostituisce due alleli per ciascuna cellula senza tenere conto se gli alleli sono gli stessi o differenti. Al massimo possono rendere più difficile valutare i risultati visibili della trasmissione genica e di dedurre il genotipo dal fenotipo.

mercoledì 19 settembre 2012

UN ACCENNO AL TRASCRITTOMA...


Più volte ho accennato qua e la in qualche post al concetto di genoma, e più volte mi sono soffermato sul dire che è il depositario, dell'informazione genetica.
Vi è da dire però che questa informazione deve essere utilizzata, e per farlo non basta da solo il genoma. L'utilizzazione delle informazioni contenute al suo interno sono possibili grazie all'attività che viene portata avanti da innumerevoli proteine che partecipano a complesse reazioni che possiamo accomunare sotto il nome di espressione genica.
Quello che vi voglio proporre oggi è uno schema di tale espressione, quindi non una vera spiegazione dei meccanismi, una visione generale per poter comprendere meglio ciò di cui parleremo nei prossimi post.

Il trascrittoma.
Il primo prodotto del genoma è il trascrittoma, l'insieme delle molecole di RNA tali molecole derivano da quei geni la cui informazione biologica è richiesta dalla cellula in un particolare momento.
Le molecole di RNA sono fondamentali perchè permettono di dirigere la sintesi delle proteine.
Il trascrittoma si forma in seguito ad un processo chiamato trascrizione, in cui i singoli geni vengono copiati in molecole di RNA, il proteoma deriva dalla traduzione dell'informazione genetica copiata sottoforma di RNA. Trascrizione e traduzione sono eventi di fondamentale importanza, ma non bisogna fare l'errore di schematizzare il concetto di espressione genica a il DNA--->RNA---> (proteine nonostante ciò sia il dogma sostanzialmente) ma per passare dal DNA alle proteine vi sono una moltitudine di complessi processi.
L'espressione genica consta di vari momenti importanti:
1)Accesso all'informazione genetica.
2)Assemblasggio del complesso d'inizio della trascrizione.
3)Sintesi dell'RNA
4)Processamento dell'RNA
5)degradazione RNA
6)Assemblaggio complesso inizio della traduzione.
7)sintesi proteica
8)Ripiegamento delle proteine e loro maturazione
9)degradazione proteine.
Ne abbiamo elencati nove, ma dobbiamo comunque ricordarci, anche di tutti i processi che sono coinvolti nella regolazione dei processi che portano alla sintesi delle proteine.

Quali sono gli RNA contenuti in una cellula?
Bisogna subit sottolineare che quando parliamo di trascrittoma non ci riferiamo a tutto l'RNA presente all'interno di una cellula, ma solo ad una parte, cioè a quell'RNA definito codificante e quindi recante copia dell'informazione genetica.

RNA codificante e non codificante.
Una volta chiarito che non tutto l'RNA è codificante andiamo a suddividere per comodità le varie categorie di RNA.
L'RNA codificante è costituito da:
mRNA (RNA messagero): rappresenta la copia dell'informazione che risiede nei geni nel DNA e che permetterà la costruzione delle proteine durante il processo della traduzione. Tra le caratteristiche di tali acidi nucleici vi è l'essere degradati subito dopo la sintesi delle proteine.
L'RNA non codificante è costituito da :
rRNA (RNA ribosomiale)= è il tipo di RNA più abbondante presente nelle cellule, rappresenta circa l'80% del totale a differenza dell'RNA messagero che in genere non supera il 4%, Grazie a queste molecole avviene la costruzione delle proteine.
tRNA (RNA tranfer): sono piccole molecole coinvolte nel trasporto degli amminoacidi che costituiranno le proteine. Gli amminoacidi saranno trasportati ai ribosomi dove saranno assemblati nella usta sequenza secondo l'ordine specificato dall'informazione genetica.

Questo tipo di RNA sia codificanti che non sono presenti in tutte le specie di organismi. Discorso differente lo facciamo per altri tipi di RNA non codificanti. Parliamo di RNA i cui nomi vengono sudivisi a seconda della localizzaizone all'interno della cellula.
(snRNA: piccoli RNA nucleari): sono definiti anche U-RNA perchè ricchi di uridina e sono coinvolti nella maturazione dell'mRNA
(snoRNA: piccoli RNA nucleolari): svolgon un ruolo cruciale nella maturazione delle molecole di rRNA.
(scRNA: piccoli RNA citoplasmatici):, sono un gruppo eterogeneo che comprende funzioni diverse alcune delle quali non ancora conosciute.
Anche nei batteri possiamo ritrovare RNA non codificanti, diversi dai ribosomiali e dai transfer, sembrano però svolgere dei ruoli particolari e interessanti che viene definito transfer-messagero una molecola costituita da un tRNA associato ad un messagero la cui funzionalità sembra essere coinvolta nell'etichettatura molecolare di proteine sintetizzate in maniera non corretta. La funzionalità del tRNA sta nell'aggiungere un peptide segnale alla sequenza amminoacidica errata marcandola per una immediata distruzione.

Fonti: (Muto A, Ushida C and Himeo H (1998) A bacterial RNA that functions as a both a tRNA and a mRNA)


giovedì 13 settembre 2012

ISTONI E DNA


Il genoma contenuto nel nucleo delle cellule eucariote è ripartito in molecole lineari di DNA, molecole che in determinati stadi del ciclo cellulare si condensano fino ad essere impacchettate in modo tale da formare i cosidetti cromosomi.
In tutti gli eucarioti studiati i cromosomi sono come minimo presenti in numero di due, e la presenza di DNA lineare sembra essere una caratteristica comune a tutti gli eucarioti. Unica differenza è costituita dal diverso numero di cromosomi a seconda delle specie che prendiamo in considerazione, che non sembra assolutamente essere correlato alla complessità dell'organismo che prendiamo in considerazione, ne alle sue dimensioni.
Per fare un esempio:  il lievito (Saccharomyces cerevisiae) un fungo, possiede un numero di cromosomi quattro volte più grande del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) e le dimensioni di questi organismi sono nettamente differenti.

Il numero e la forma dei cromosomi varia da specie a specie.
Un ricercatore o un laborista analizza il contenuto cromosomico di una cellula nel momento in cui i cromosomi sono più visibili. Ciò avviene nello stadio cellulare noto come metafase, dove i singoli cromosomi si sono duplicati e condensati perdendo la loro iniziale struttura filamentosa e assumendo l'aspetto di strutture a bastoncello.
Ciasuna struttura a bastoncello è costituita da due metà identiche definite cromatidi fratelli, uniti tra di loro a livello del centromero.
I cromosomi sono molto più piccoli delle molecole delle DNA che contengono, infatti per permettere alla molecola di DNA di entare all'interno della regione del nucleo è fondamentale che esista un sistema di impacchettamento altamente organizzato che permetta a tale molecola di poter essere inserita in tale regione. L'impacchettamento del DNA e il suo grado di avvolgimento, svolgono un ruolo di primaria importanza anche nell'espressione genica, ma di questo parleremo in seguito.
All'inizio degli anni 70 furono fatte le prime scoperte riguardanti i meccanismi che portavano il DNA ad essere impacchettato.
Era già noto attraverso vari studi e osservazioni che il DNA era avvolto attorno da un particolare gruppo di proteine note come istoni ma poco si sapeva a riguardo dell'associazione tra DNA e tali proteine.

Esperimenti con le nucleasi.
Attorno agli anni 70 furono eseguiti esperimenti di protezione da nucleasi sulla cromatina (approfondiremo meglio, ma la possiamo definire come complesso DNA-istoni) estratta dalle cellule. Il complesso DNA-proteine venne trattato con enzima noto come nucleasi il quale ha la capacità di tagliare il DNA in posizioni che non sono protette dal legame con una proteina.  I frammenti risultanti dalla digestione con nucleasi  permisero di definire il posizionamento dei complessi proteici sulla molecola di DNA.
Tali scoperte in seguito sono state supplementate da micrografie elettroniche di cromatina purificata che hanno permesso di visualizzare la spaziatura regolare che era stata dedotta dagli esperimenti di protezione sotto forma di perle proteiche su un filo di DNA. Un ulteriore analisi biochimica ha indicato che ciascuna perla, definita nucleosoma, contiene otto molecole proteiche istoniche, due per ogni istone (H2A, H2B, H3, H4). Studi più approfonditi che hanno in seguito permesso di comprendere come tale complesso di proteine era strutturalmente organizzato ha mostrato che queste otto proteine costituiscono il nucleo, detto anche ottamero, di forma che ricorda vagamente quella di un barile con il DNA che è avvolto intorno a tale struttura proteica due volte.

Come è costituito questo complesso sistema di impacchettamento del DNA?
Bisogna comprenderlo prima di poter comprendere cosa è un genoma, prima di pensare come funziona un genoma, perchè il grado di impacchettamento del DNA, influisce notevolmente sulla lettura delle informazioni contenute nelle sequenze nucleotidiche da parte della cellula, sull'espressione dei geni!
Le proteine istoniche svolgono un ruolo importante nell'avvolgere il DNA, l'insieme di proteine istoniche e di DNA forma il nucleosoma.
Ogni nucleosoma è costituto da otto proteine istoniche, due per istone, quindi abbiamo due H2A, H2B, H3, H4.
Molti studi hanno dimostrato che questo gruppo di otto proteine, definito all'occorrenza ottamero, deve essere pensato come una specie di barile che avvolge due volte la molecola di DNA.
Alla particella nucleosomica sono associate dalle 140 alle 150 bp circa di DNA e ciascun nucleosoma risulta separato da un altro da circa 50-70 bp di DNA definito "linker".
VI sono anche altri istoni definiti linker; nei vertebrati comprendono gli istoni H1a-e, H1, H1t e H5.
A ciascun nucleosoma si trova attaccato un istone linker e porta alla formazione del cosidetto cromatosoma, ma il suo posizionamento non è chiarissimo.
Sembra che l'istone linker svolga un ruolo importante nel tenere ben legato il DNA al nucleosoma impedendogli di staccarsi da esso. Sembra inoltre che l'istone linker non sia associato, almeno non in tutti gli organismi, direttamente al complesso del nucleosoma, ma che sia interposto tra l'ottamero e il DNA.
Prima avevamo accennato alla formazione di una specie di filo di perle causato dall'associazione degli istoni e del DNA; non si deve fare l'errore di pensare che tale struttura rappresenti il DNA impacchettato, infatti la struttura a filo di perla sembra trovarsi solo di rado nei nuclei viventi.
...Vari sono stati i modelli utilizzati per spiere l'avvolgimento della fibra cromatinica a 30 nm, il modello che trova più consenso a riguardo è la struttura a solenoide. A permettere tale organizzazione potrebbero essere le interazioni tra il DNA linker oppure i punti di legame potrebbero coivolgere i nuclei dell'ottamero, gli istoni del core" le cui code proteiche si estendono al di fuori del nucleosoma Ipotesi quest'ultima molto interessante in quanto modicazioni chimiche di tali code causavano l'apertura della fibra di 30 nm, permettendo l'attivizone dei geni in essa contenuti.

Gli istoni sono proteie basiche.

Gli istoni sono le proteine più abbondanti associate ai cromosomi; il loro ruolo dunque è quello di legarsi al DNA cromosomico carico negativamente, sono proteine basiche contenenti molto ricche di amminoacidi basici arginina e lisina i quali nell'insieme rappresentano circa il 25% degli amminoacidi che compongono le proteine istoniche (una percentuale più alta di quella che si osserva nelle altre proteine).
Tramite numerosi studi si è riscontrato un alto grado di somiglianza tra le sequenze amminacidiche deli istoni H2A, H2B, H3, H4, ciò indica che gli istoni svolgono lo stesso ruolo di base nell'organizzazione del DNA in tutti gli eucarioti.
Tutti gli istoni sono modificat iattraverso il legame covalente di alcune unità ai gruppi liberi di alcuni amminoacidi. Le modificazioni più comuni sono le acetilazioni, metilazioni, fosforilazione, ubiquitazione, ADP-ribosilazione.
Tutte le modificazioni interessano sempre residui interni delle proteine istoniche e sono transitorie, si verificano solo in determinati momenti del ciclo cellulare. Tali modificazioni nel cambiare la conformazione delle proteine istoniche permetteranno o impediranno a seconda dei casi la lettura dell'informazione genetica e il suo utilizzo da parte della cellula quindi giocando un ruolo di fondamentale importanza nel processo della trascrizione.

I nucleosomi, complessi proteici importanti nell'organizzazione della cromatina.
Precedentemente abbiamo accennato al fatto che il DNA viene avvolto e compattato all'interno della regione del nucleo, questo ripiegamento richiede diversi livelli di ripiegamento altamente organizzato.
Il DNA viene legato attorno agli istoni, assumendo una conformazione che ricorda da vicino quella di una "collana di perle". I granuli che compongono questa collana sono complessi di istoni e DNA. Il granulo e il tratto di DNA di conessione con il granulo vicino formano il nucleosoma, l'unità fondamentale dell'organizzazione su cui si basa la complessità struttural di ordine superiore della cromatina. Il granulo costituito da ogni nucleosoma contiene otto molecole istoniche, due copie ciascuna degli istoni H2A, H2B, H3, H4. I nucleosomi costituiscono una unità ripetitiva formata da circa 200 coppie di basi di cui 146 circa sono legate strettamente al nucleo istonico; il restante costituisce il linker, il DNA di collegamento.
Il ripiegamento del DNA che porta alla formazione della struttura a solenoide, è una conformazione che viene assunta dal DNA parzialmente disavvolto (superavvolgimento negativo). Il DNA si deve associarsi in maniera molto stretta ai nuclei istonici, questo avvolgimento richiede la rimozione di un giro dell'elica per permettere rotazioni molto strette.
E'stato osservato in vitro che quando il nucleo proteico di un nucleosoma viene legato da un DNA chiuso in forma rilassata il legame induce un superavvolgimento negativo.
Il legame del DNA a questo complesso, con tale modalità di avvolgimento non causa danni alla struttura della doppia elica. La formazione di una superelica a solenoide negativa deve essere accompagnata da un superavvolgimento positivo compensativo in un altro punto del DNA non legato (vedi immagine sotto).

Enzimi come le topoisomerasi eucariotiche possono determinare il rilassamento della superelica positiva; il rilassamento lascia intatto l'avvolgimento supernegativo rappresentato dal DNA associato al nucleo istonico determinando una riduzione nel numero di legame.
Altro fattore importante che permette il legame del DNA agli istoni  è la sequenza di DNA coinvolta nel legame. Il DNA non si lega a caso sul nucleo istonico, i nucleosomi sono localizzati in particolari posizioni.
Il motivo di uno specifico posizionamento sembra risiedeere nel fatto che i nucleosomi si formano dove i sono abbondanti appaiamenti di A=T. SI è inoltre osservato che lo stretto avvolgimento del DNA attorno al nucleo istonico richiede anche una compressione della scalanatura minore dell'elica in questi punti, le regioni ricchi di A=T sembrano facilitare questa compressione.

L'avvolgimento del DNA e le strutture di ordine superiore.

L'avvolgimento è fondamentale per compattare il DNA dunque; l'avvolgimento attorno al nucleosoma rende il DNA più compatto di circa sette volte. Nei cromosomi isolati gli stessi nucleosomi appaiono ulteriormente organizzati in modo da formare ciò che si pò per semplicità deginire una fibra di 30 nm.
La fibra da 30 nm è lo stadio in cui si trova la cromatina attiva in interfase (periodo compreso fra due divisioni cellulari), cioè la cromatina che viene trascritta.


L'organizzazione della fibra a 30 nm non si estende per tutta la lunghezza del cromosoma, ma è inframezzata da regioni che interagiscono con proteine non istoniche anch'esse legate al DNA in modo sequenza specifico. Poche righe sopra è stato accennato che la fibra a 30 nm è lo stadio in cui si trova la cromatina in interfase periodo durante il quale avviene un intensa trascrizione delle informazioni contenute nei geni; è stato osservato che le regioni particolarmente ricche di geni e sottoposte a trascrizione presentano uno stato molto meno ordinato con una scarsa presenza di istone linker H1. La fibra a 30 nm fornisce al DNA una compattazione di circa 100 volte. Il livello superiore di compattezza alla fibra da 30 nm non è conosciuto del tutto ma volendo potremmo seguire il seguente elenco e parlare di:
1)fibra da 300 nm di diametro o fibra ad ansa, la cromatina si ripiega ulteriormente su se stessa grazie anche all'aiuto di altre proteine.
2) fibra da 700 nm di diametro, la cromatina si superavvolge, è il diametro dei singoli cromatidi.
3) fibra da 1400 nm di diametro, è il livello di condensazione massimo, quello dei cromosomi mitotici
Da varie osservazioni sembra inoltre che alcune regioni del DNA si associno con una impalcatura nucleare, tali regioni sono separate da anse di DNA che contengono migliaia di coppie di basi.
Nell'immagine sotto si può osservare un croosoma umano parzialmente srotolato che mette in evidenza le numerose anse di DNA attaccate ad una struttura simile ad una impalcatura.





lunedì 10 settembre 2012

CARNEVALE DELLA CHIMICA: Cercando tracce di vita nell'universo...Quali caratteristiche dovrebbe avere una nuova forma di vita per definirla aliena?


Questo post partecipa all'edizione speciale del carnevale della chimica il quale nel mese si settembre si unifica nell'argomento trattato con il carnevale della fisica. Il tema è "CERCANDO TRACCE DI VITA NELL'UNIVERSO".
Invito tutti i lettori che approderanno a questa pagina di fare una capatina sul sito dell'associazione CHIMICARE e sul sito del carnevale della chimica per maggiori informazioni.



L'idea di scoprire una nuova forma di vita extraterrestre per decenni ha entusiasmato e continua ad entusiasmare non solo astronomi e astrobiologi, ma anche il grande pubblico e perchè no solleticato anche la fantasia di molti bambini, soprattutto la mia quando ero piccolo, quante ore perse a giocare e a fantasticare, dopo aver visto i vari alien, predator e star wars, su quali pianeti sconosciuti arrivassero i personaggi, interpretati magistralmente dai miei giocattoli con la mia voce narrante, e sulle peripezie da dover affrontare per un salvo ritorno a casa!
L'idea di non essere soli nell'universo, di essere l'unico esempio di forma di vita nella galassia è per molti un qualcosa di statisticamente improbabile, soprattutto se pensiamo alle varie forme di vita esistenti sul nostro pianeta, in grado di esplicare magistralmente svariate funzioni metaboliche e replicative e alle strategie che permettono ad alcuni microrganismi di sopravvivere in ambienti che sarebbero inospitali per la maggior parte delle specie viventi!
Ma può una forma di vita qualora la trovassimo su altri pianeti essere definita veramente aliena? Cosa intendiamo con forme di vita nell'universo e quante sono le probabilità di scoprire nuove forme di vita? Ovviamente nessuno lo sa, ma c'è chi prova ad esaminare il problema ponendosi quesiti di vario tipo, tra questi vi è Gerald Joyce dello Scrips Research institute di La Jolla; California.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Plos One biology delinea  le caratteristiche che dovrebbe avere una forma di vita aliena per definirla tale.
In particolar modo dobbiamo chiederci se il tipo di vita che eventualmente potremmo trovare in qualche remoto pianeta rispecchiasse le regole biologiche a cui gli organismi sul nostro pianeta sono soggetti e come la vita su altri pianeti, cosi come lo è stato milioni e milioni di anni addietro sul nostro, abbia potuto svilupparsi.

Il professor Gerald Joyce, cerca di discutere i requisiti fondamentali per l'esistenza di nuove forme di vita.  "La vita si auto-riproduce, trasmette le informazioni ereditarie alla sua progenie, e subisce l'evoluzione darwiniana basata sulla selezione naturale."
Nel saggio, che potete leggere al link presente a fine post, fa riferimento a queste informazioni ereditabili come "bit" (per la vita come noi la conosciamo, questo include le quattro basi del DNA), e ci spiega come, anche se l'evoluzione darwiniana rimescola e crea nuove combinazioni di tali informazioni, ciò non definisce una nuova forma di vita o la creazione di una specie "aliena".
Infatti, ad oggi nessuna forma di vita veramente nuova è stata scoperta - sia in ambienti estremi sulla Terra o su altri pianeti - che contenga nuove caratteristiche, differenti da quelle a cui sono soggetti gli organismi sul nostro pianeta.
Siamo abituati a studiare e a pensare la vita sostanzialmente come una cellula al cui interno vi è un genoma contenente informazioni genetiche sottoforma di nucleotidi, informazione che viene tradotta, concretizzata dalla cellula tramite la costruzione delle proteine.
Ne consegue che se vogliamo uscire fuori dallo schema nel quale ci inglobano le leggi della chimica e della biologia come noi le conosciamo, occorre, secondo joyce, ragionare in maniera diversa, chiedendoci soprattutto come e quali possano essere le condizioni che permettano il verificarsi di eventi che portino alla creazione di componenti molecolari in grado di creare una informazione che possa essere trasferita di generazione in generazione, che muti dando vita a diverse combinazioni e a nuova vita.

Un sistema chimico ed un sistema biologico.
Secondo l'autore la vita potrebbe nascere tramite due possibilità: 1) potrebbe derivare, direttamente o attraverso la chimica, o da un sistema biologico preesistente.
Nel primo caso una forma di vita dovrebbe essere in grado di auto-organizzarsi in un sistema in grado di generare informazione.
Sostanzialmente si ritiene che in questo modo la vita ebbe origine sulla Terra, da un brodo primordiale di sostanze chimiche in un ambiente acquoso che ha permesso la generazione di  molecole autoreplicanti, che poi sono andate incontro a mutazioni per poi evolvere.
Quindi difronte ad una ipotetica o reale vita alternativa, utile sarebbe porci una serie di domande e cercare risposte che inquadrino la questione in termni di informazione domandandoci:
Le informazioni ereditarie da dove vengono e quante ne sono coinvolte? Un sistema biologico è distinguibile da un sistema chimico perchè possiedono componenti che possono dare origine a molte potenziali combinazioni; a ciò dobbiamo aggiungere che i sistemi biologici possiedono una memoria molecolare (genotipo) che viene modificata nel corso di mutazioni e selezioni, cambiamenti che se permettono all'organismo di sopravvivere possono  essere trasferiti alle generazioni successive.

Nel valutare la presenza di potenziali forme di vita alternativa si dovrebbe quindi porre particolare attenzione al materiale genetico, e qui sovviene un altro quesito:
Qual'è il numero minimo di informazioni genetiche necessarie per dare origine a tutti quei meccanimsmi che possano favorire l'ereditabilità di queste informazioni e che possano permettere l'instaurarsi di modificazioni a loro carico che possano aumentare le combinazioni (pool di informazioni genetiche) disponibili?
Ovviamente dipende dal tipo di sistema che andiamo a prendere in considerazione e al tipo di modifiche che subisce nel tempo.
L'obiettivo posto dall'autore è quello di determinare il numero di informazioni ereditabili che possono essere coinvolte, escludendo quelle che non nascono all'interno del sistema.
Ponendo varie domande tra cui:
Riporto l'esempio dell'autore:
Conteggio delle informazioni ereditabili.
Quanti tipi diversi di subunità (x) dovrebbe contenere il materiale genetico? Per un polimero binario x= 2 per uno quaternario come nel caso di un acido nucleico x= A,T /U,G,C.

Quale dovrebbe essere la lunghezza del materiale genetico?
Quali sono le possibili combinazioni che ne potrebbero derivare dalla modificazione di tali informazioni e quali si potrebbero presentare con maggiore probabilità?
Le modificazioni a cui vanno incontro tali componenti genetiche non hanno tutte la stessa probabilità di subire modificazioni e di dare origine alle varie combinazioni che ne possano derivare, ciò è dovuto al fatto che alcune subunità possono non essere presenti nelle giuste quantità o che venga a trovarsi meno frequentemente nel materiale genetico per far si che ciò si verifichi. Alcune reazioni ad esempio possono in ambito chimico e biochimico essere totalmente sfavorevoli, basti citare le lunghe sequenze di G nel DNA. Il numero di possibili combinazioni, seguendo lo schema proposto dall'autore, è x^n.
Se tutte queste combinazioni fossero possibili ognuna avrebbe una probabilita a priori di verificarsi di x^-n e il contenuto informativo, il numero di informazioni associato a particolari combinazioni sarebbe log2 (x^n). Ciò può essere espresso anche come 2#bits = x^n. per un polimero binario, #bits = n; for a nucleic acid polymer, #bits = 2n.
Se le varie combinazioni non hanno la stessa probabilità di verificarsi, allora il contenuto di informazioni associate ad una particolare combinazione realizzata deve essere calcolata sulla base della sua probabilità a priori di verificarsi (PK), che varia da 0 a 1. Il contenuto informativo (numero di bit) associato ad una particolare combinazione è realizzata -log2 (PK).


In linea di principio, quindi, l'autore prende in considerazione due vie attraverso le quali una nuova forma di vita può sorgere: direttamente dalla chimica o dalla scissione di una forma biologica esistente.
Se la vita nasce dalla chimica, per fare un esempio in un modo simile agli eventi che si pensa si siano verificati sulla primitiva Terra,  il sistema inizierebbe da zero informazioni ereditabili, eventuali cambiamenti a seguito di un periodo di chimica prebiotica, attraverso fattori che ne favoriscano una adeguata trasformazione in un eventuale sistema indirizzato ad una probabile creazione della vita, forse raggiungerebbe un elevato livello di complessità chimica, da cui potrebbe derivare una memoria molecolare, la quale potrebbe iniziare un processo di replicazione, mutazione ed eventuale evoluzione.
 Se, invece, la vita nasce da un'altra forma di vita, allora può avere un inizio "privilegiato", beneficiando di un ambiente chimico che è stato plasmato da una forma di vita preesistente, basata su un insieme di informazioni preesistenti.
SI pensa che questo sia stato il tipo di transizione che si è verificato sulla Terra quando la vita basata sull'RNA ha dato il via alla vita basata sul DNA e sui complessi proteici.
Questo passaggio probabilmente ha comportato un sostanziale trasferimento di informazioni che erano maturate in molecole di RNA e che sono state riportate sul DNA attraverso processi di trascrizione inversa. Molti biologi "vedono" echi di quelle informazioni ancestrali nelle sequenze di RNA ribosomiale, tRNA, e RNA contemporanei.
È stato suggerito che la vita basata sull'RNA come depositario dell'informazione sia stata preceduta da un'altra forma di vita, forse basata da un molecola depositaria dell'informazione simile ad un acido nucleico, come la molecola TNA (threose nucleic acid) o molecole come GNA (glicole nucleic acid).
Nella biologia moderna comunque non sembrano esserci tracce di una qualche forma di vita pre-RNA.
E'anche possibile che vi fosse vita sulla terra anche prima della formazione di una molecola di RNA e che non vi fosse alcuna somiglianza nelle componenti che permettessero il trasferimento di informazione, con l'RNA. Informazioni genetiche provenienti da una molecola di pre-RNA potrebbero essere state tradotte in RNA attraverso un meccanismo analogo a quello operato dal ribosoma, ma con l'RNA come output anziché imput.
In alternativa, una vita basata su una molecola di pre-RNA  può aver facilitato l'emergere della vita basata sull'RNA, ma senza il trasferimento delle informazioni.
Una forma di vita Pre-RNA può aver generato molecole di RNA come un prodotto metabolico, e, infine, le molecole di RNA sono andate incontro a cambiamenti di vario tipo.
 La discussione di cui sopra, sottolinea che ci sono quindi molti percorsi possibili attraverso cui una forma di vita può dar luogo ad un altra, ma non affronta la questione di come si possa creare una nuova forma di vita iniziale.
 Quando gli astronomi parlano di zone abitabili si riferiscono ad un'orbita planetaria che è ad una distanza adeguata da una stella per mantenere acqua liquida sulla superficie dei pianeti. Questa potrebbe essere una definizione troppo restrittiva o troppo generosa, a seconda dei punti di vista.
Forse la vita può esistere in un ambiente non acquoso, anche se ci sono pochi dati a sostegno di questa congettura.
Al contrario, anche un laghetto temperato povero di sostanze organiche diluite può essere insufficiente per permettere la formazione della vita. Lo stagno avrebbe bisogno di accumulare eteropolimeri di composizione variabile, alcuni dei quali dovrebero essere in grado di raggiungere una complessita tale da iniziare processi di replicazione e fornire la base per la memoria molecolare. La possibilità che ciò si verifichi non è ancora quantificabile e non è chiara se si tratti di un evento comune o estremamente raro.

L'autore inoltre espone un recente studio portato avanti dal suo team cercando, riproducendolo a tavolino, di descrivere un esempio di sistema chimico, che può subire evoluzione darwiniana in un modo autosufficiente . "Auto-sostenuta" in questo contesto significa che tutte le informazioni necessarie al sistema per essere sottoposto ai processi di evoluzione sono parte del sistema che si evolve, non provengono dall'esterno da un altra forma di vita per intenderci. Il sistema chimico coinvolge coppie di ribozimi che catalizzano reciproca sintesi unendo insieme due blocchi oligonucleotidici (Figura a lato sotto).
Nell'immagine sottostante in A è possibile osservare lo schema che mostra un ciclo di replicazione accoppiato di ribozimi (E in blu ed E' in arancione) che catalizzano una reciproca sintesi unendo due substrati oligonucleotidici corrispondenti, con A' e B' per formare E' e A con B per formare E. Ogni substrato contiene sei nucleotidi di sequenza variabile che sono riconosciuti dall'enzima. La struttura terziaria è basata sul modello omologo alla struttura cristallina dell'enzima RNA ligasi I.
IN B è mostrata la sequenza e la struttura secondaria del complesso E-A'-B' con le regioni genetiche racchiuse da un rettangolo e le regioni corrispondenti al dominio funzionale dell'enzima indicati in colore e con i nucleotidi immutabili che sono fondamentali per la replicazione (sono mostrati in nero). Inoltre nell'immagine in B potete notare una freccia ricurva, sta ad indicare il sito di legame di A' e B' per formare E.
Ciascuno dei due blocchi può adottare migliaia di composizioni alternative possibili e quindi formare in teoria milioni di combinazioni diverse. Ognuna delle tante combinazioni possibili potrebbe essere in grado di auto-replicarsi e trasmettere informazioni sulla composizione della sua progenie. Varianti che si replicano in maniera più efficiente possono crescere fino ad arrivare  a dominare la popolazione, fino all'adozione di nuove varianti più vantaggiose che soppiantano i loro predecessori in una battaglia senza fine  per la sopravvivenza

La popolazione di ribozimi costituisce un sistema di sintesi genetica, ma non è una nuova forma di vita, infatti come fa notare l'autore presenta due grandi limitazioni.
 Primo, le molecole contengono solo 24 bit (12 coppie di basi) di informazioni ereditabili per codificare una specifica funzione. Secondo, la replica dipende da 60 bit (30 nucleotidi definiti) che però sono stati forniti all'inizio e non sono soggetti a mutazione e selezione (Figura 3B). Così degli 84 bit totali necessari al sistema per iniziare a replicare ed evolvere, solo un quarto può essere considerato come parte della memoria molecolare del sistema che può essere soggetto a cambiamenti. In questo caso il sistema di sintesi genetica non è una nuova forma di vita perché opera per lo più su informazioni (bit) presi in prestito. Insomma non contiene abbastanza bit (informazioni) ereditabili rispetto a quelle per avviare il funzionamento di tutto il sistema per proseguire il suo percorso.
Conclude Joyce"Forse la prima vera forma di vita alternativa alla biologia terrestre si troverà su un pianeta extrasolare, in una roccia proveniente da Marte, o all'interno di un ambiente estremo sulla Terra.
Più probabilmente, sarà l'opera di una specie intelligente che ha scoperto i principi dell'evoluzione darwiniana e ha imparato a concepire sistemi chimici che hanno la capacità di generare informazioni genetiche per conto proprio come l'uomo. "

Fonti:
http://www.plosbiology.org/article/info:doi/10.1371/journal.pbio.1001323

Nota: Ero davvero indeciso se parlare di questo saggio pubblicato da Joyce su Plos biology, mi rendo conto che forse l'argomento trattato possa risultare pesante e non di immediata comprensione, che spero non aver reso ancora più difficile a causa del mio modo di esporverla; vi assicuro che mi sono impegnato al massimo per rendervela semplice...ma non troppo :)... ovviamente sperando di non aver travisato nulla nella traduzione e nella comprensione del testo...
In tal caso dateci sotto! Alla prossima.