lunedì 4 maggio 2020

LE REAZIONI SIEROLOGICHE: reazioni di neutralizzazione


L'insieme degli anticorpi che noi ritroviamo nel siero, nelle secrezioni dell'organismo, rappresentano il prodotto di specifiche reazioni immunitarie. 
Quando un qualcosa di estraneo al nostro organismo, ad esempio un agente eziologico riesce ad oltrepassare le difese innate, l'organismo risponde, producendo gli anticorpi che hanno lo scopo di reagire in maniera specifica, altamente specifica, con alcune componenti strutturali appartenenti al microrganismo e che ne hanno innescato la produzione. 
Ciò a sua volta indurrà determinate azioni, che permetteranno all'organismo di eliminarlo, sempre se tutto va per il verso giusto si intende.

Se cimentiamo il siero di un animale (vertebrato) immune nei confronti di un determinato antigene, la reazione specifica tra l’anticorpo diretto nei confronti dell’antigene che ne ha evocato la formazione ,porterà ad un prodotto, costituito dall'interazione specifica tra l'anticorpo e l'antigene verso il quale è diretto; prodotto macromolecolare che in gergo immunobiologico viene definito immunocomplesso (antigene-anticorpo).
 Noi possiamo sfruttare, nella pratica di laboratorio, questa caratteristica peculiare del sistema immunitario, possiamo sfruttare la sua specificità d’azione. La formazione di un immunocomplesso in vitro può essere accompagnata da fenomeni direttamente apprezzabili ad occhio nudo o può, a seconda dei casi, essere rilevato in maniera indiretta, mediante specifici artifici di laboratorio.

Nell'uno o nell'altro caso la formazione di un immunocomplesso può essere sfruttata a scopi diagnostici mediante specifiche reazioni sierologiche.
 “Una reazione sierologica quindi è una reazione in cui un siero immune, o presunto tale, viene cimentato con un antigene e nella quale la formazione dell’immunocomplesso può essere individuata direttamente o indirettamente.” 
I reagenti fondamentali quindi, se non lo si fosse capito, sono due, il siero immune (contenente anticorpi specifici) e l’antigene (verso il quale l’anticorpo è diretto in maniera specifica).
Nelle reazioni sierologiche uno dei due reagenti deve essere sempre noto. Ciò teoricamente, determina che le reazioni sierologiche siano tutte ambivalenti e cioè:

  • Disponendo di un siero immune noi possiamo dimostrare la presenza di uno specifico antigene in un determinato materiale di nostro interesse. 
  • Disponendo di uno specifico antigene, possiamo dimostrare in un siero di nostro interesse la presenza dell’anticorpo diretto nei suoi confronti. 
Quando si eseguono reazioni sierologiche come vedremo, si è soliti usare delle tecniche semi-quantitative. Il loro scopo è quello di permetterci di titolare una quantità relativa di anticorpi presenti in un siero o di antigene presente in un determinato materiale. Per farlo è buona norma cimentare delle diluizioni progressivamente crescenti del reagente in esame con quantità fisse, costanti, del reagente noto. Un esempio è il titolo anticorpale. Preleviamo il siero del paziente, lo trattiamo adeguatamente a seconda della metodica che andremo ad eseguire, allestiamo varie diluizioni di tale siero (1:100-1:200-1:400 ecc..) e poi andremo a verificare a quale diluizione osserviamo ancora la risposta immunitaria.
 Il titolo anticorpale quindi lo definiremo come l'inverso della più bassa concentrazione (o della più alta diluizione) del siero del paziente che mantiene ancora attività rilevabile nei confronti di un antigene noto. 
Di reazioni sierologiche ne abbiamo di vari tipi, in questo e in altri post vedremo alcune delle più comuni e famose.
Oggi vediamo brevemente un esempio di reazione sierologica di neutralizzazione.

Gli antigeni possono essere dotati di attività biologica, in alcuni contesti, tali attività biologiche si rendono assolute protagoniste della patologia causata dal patogeno; un esempio è ampiamente rappresentato dalle esotossine batteriche (tossina difterica, tossina tetanica, botulinica, colerica ecc…) o ancora proteine presenti sulla superficie dei virus, come l’emoagglutinina (HA) del virus influenzale, fondamentali nell'interazione e nella penetrazione nelle cellule bersaglio.
Una delle funzioni degli anticorpi è quella di neutralizzare l’attività biologica di queste componenti antigeniche. Possiamo sfruttare in laboratorio questa loro caratteristica funzione.
 “In una reazione di neutralizzazione quindi un siero immune o presunto tale viene cimentato con un antigene dotato di un’attività biologica e nella quale la formazione dell’immunocomplesso può essere individuata, dimostrando l’inattivazione dell’attività biologica dell’antigene.”

Reazione di inibizione dell’emoagglutinazione: alcuni virus sono dotati della multivalente capacità di legarsi ai globuli rossi e causarne l’agglutinazione tramite formazione di ponti tra le diverse emazie che vengono agglutinate tramite una modalità del tutto simile a quella che avviene nelle reazioni di agglutinazioni causate tra anticorpi e antigeni corpuscolati (cellule ad esempio).
Mettendo a contatto un siero immune, o presunto tale nei confronti di tali proteine virali, si può inibire la capacità di quest’ultimi di agglutinare le emazie, dimostrando la presenza degli anticorpi nel siero in esame.

La reazione viene in genere condotta in piastre di materiale plastico in cui ritroviamo dei pozzetti a fondo concavo, anche in questo caso nei diversi pozzetti vengono allestite diluizioni scalari del siero a cui vengono aggiunte quantità standard di antigene.
Si incuba il tutto, sempre alla temperatura e per il tempo necessario a favorire la formazione degli eventuali immunocomplessi, in seguito si aggiunge il sistema rivelatore, rappresentato dalle emazie.


L’inibizione dell’emoagglutinazione è facilmente rilevabile in quanto le emazie che subiscono l’agglutinazione, sedimentano ricoprendo tutta la base del pozzetto, mentre i globuli rossi non agglutinati sedimentano formando un piccolo puntino rosso al fondo del pozzetto.
Nell’immagine a lato possiamo vederne un esempio, abbiamo il siero di vari pazienti (dall’1 all’8).

Partendo da sinistra a destra, abbiamo le varie diluizioni, nelle ultime due file abbiamo pozzetti che indicano positività (Pos) e negatività (Neg) alla reazione di neutralizzazione in questione, in questi pozzetti sono stati aggiunti le varie componenti.
Nella fila di pozzetti positivi abbiamo aggiunto solo eritrociti, mentre nei pozzetti negativi abbiamo aggiunto sia eritrociti che antigeni emoagglutinanti.

Quindi ricordandoci la definizione di titolo anticorpale e applichiamola all'esempio mostrato, più alta è la diluizione del siero in cui verifichiamo l’attività di neutralizzazione dell’antigene, maggiore è la loro concentrazione, quindi maggiore la risposta immunitaria nei confronti dell’antigene.

La neutralizzazione (TAS: titolo anti-streptolisinico): un altro esempio di reazione sierologica di neutralizzazione è rappresentata dall’inibizione della tossina streptolisina prodotta dallo streptococco beta emolitico di gruppo A. La streptolisina ha la capacità di lisare gli eritrociti. Si preleva il siero del paziente, si inattiva il complemento. Vengono effettuate sempre diluizioni scalari del siero a cui viene aggiunta una quantità standard di antigene. Si attende sempre il tempo necessario a far avvenire la formazione dell’immunocomplesso per poi aggiungere un sistema rivelatore degli eritrociti. Se vi sono anticorpi nel siero questi interagendo con l’antigene inibiranno la sua funzione, e il sistema rivelatore non sarà lisato, altrimenti al contrario noteremo la lisi, segno che nel siero non vi erano anticorpi diretti contro l'antigene.
Come mostrato nell’immagine a lato, si scomplementa il siero del paziente, in questo modo evitiamo che il complemento interferisca, si eseguono diluizioni partendo da 1/100, si aggiunge la quantità fissa di antigene (1u streptolisina nell’esempio) si attende il tempo necessario affinché avvenga la reazione, si aggiunge la sospensione di eritrociti di coniglio, il nostro sistema rivelatore e si attende anche in questo caso il tempo necessario. In questo caso il titolo anticorpale è a 1/400. Il risultato lo possiamo esprimere in termini di diluizione (1/400) oppure in termini di unità streptolisinica. Se indichiamo come 1 unità streptolisinica la quantità minima di streptolisina ancora in grado di causare lisi, nella diluizione 1/400 abbiamo almeno 1 unità antistreptolisinica, quindi significa che nel siero originale vi erano almeno 400 unità antistreptolisiniche. 

venerdì 1 maggio 2020

COVID-19: futuri aspetti da tenere in considerazione e approfondire ulteriormente



La rapida e improvvisa diffusione del COVID-19 causata dal virus SARS-CoV-2, iniziata a fine Dicembre 2019 ha colto di sorpresa il mondo intero. La sua diffusione è stata rapida causando una pandemia di cui ora molti stati, stanno pagando un caro prezzo sia in vite umane che economiche. Tutto ciò come prevedibile, avrà sicuramente ripercussioni future per tutti i mesi a venire.
Fin da subito il nuovo patogeno è stato oggetto di studi da parte di ricercatori di tutto il mondo, ma molti interrogativi dovranno necessariamente trovare una completa risposta in futuro.
 La patologia si è mostrata fin da subito molto contagiosa, tanto da spingere le autorità cinesi fin dai primi momenti, ad applicare delle rigidissime misure di contenimento che sembrano aver avuto successo nel fermare la catena di trasmissione della patologia. Azioni che sono state prese in considerazione e applicate anche in Italia e non solo; tutti stiamo ancora vivendo su di noi la quarantena. A breve partirà, almeno così sembra la fase 2, volta a riaprire gradualmente le attività econimiche del paese e permettere lentamente alle persone di fare un piccolo passo in avanti verso la normalità, con tutte le limitazioni del caso, dovute al fatto che il virus putroppo ci farà compagnia ancora per un po'.

Il patogeno, diciamocela tutta, lo conosciamo da pochi mesi, ci sono domande che lentamente troveranno risposta nei mesi a venire.

1) Sappiamo che tra gli infetti ci sono persone asintomatiche che possono trasmettere il patogeno agli individui suscettibili, ma sarà fondamentale comprendere e quantificare quanto siano importanti nella trasmissione della patologia rispetto agli infetti sintomatici e se l'aumento del numero degli infetti, come si è continuato a verificare in Cina in un primo periodo anche dopo la messa in atto degli obblighi di quarantena, sia stato dovuto principalmente ad un gran numero di individui infetti prima del blocco e/o al fallimento nella prevenzione della diffusa trasmissione intra-familiare, nosocomiale o comunitaria. Comprendere se il numero reale di persone asintomatiche è sottovalutato oppure no.
Comprendere quanto grande sia l'impatto nella diffusione del virus da parte degli individui asintomatici e presintomatici, riuscire a quantificare tale impatto sarà di fondamentale importanza nel controllo delle infezioni e nei piani di prevenzione da mettere in atto in futuro. Infatti una delle principali avversità incontrate durante questa pandemia è la difficoltà con cui individuare persone con sintomatologie lievi e non specifiche, le quali di conseguenza non possono essere messe in quarantena, con tutte le conseguenze del caso. Infatti sembra che l'assenza di sintomatologia febbrile in individui ammalati di COVID-19 sia più frequente (12,1%) di quanto riscontrato in individui affetti da SARS (1%) e da MERS (2%).

2)Oltre al rilevamento dell'RNA virale, la misurazione degli anticorpi IgM e IgG e degli antigeni sarà molto utile in futuro. Ma per individuare gli individui che sono entrati in contatto con il patogeno senza mostrarne i sintomi e tutti coloro che l'hanno subito in maniera blanda e sono passati inosservati, richiederà degli sforzi notevoli per campionarli e avere attraverso dalle analisi un quadro esaustivo e generale. Gli studi epidemiologici, i campionamenti rappresentativi delle popolazioni colpite saranno fondamentali per permettere l'avvio di adeguati piani di prevenzione in questo periodo e di quella che viene chiamata prevenzione secondaria (screening di massa ecc...) volti ad individuare precocemente i casi di patologia per curarli e isolarli, evitando che la patologia si diffonda ulteriormente nella popolazione. 

3) Le poche e immediate modalità di azione per cercare di minimizzare la diffusione e intercettare persone probabilmente infette hanno visto la misurazione della temperatura alle persone, ma l'efficacia di questa metodica di rilevamento come metodo di sorveglianza non può essere considerato assoluto e dovrà essere rivisto e/o affiancato da altre metodiche. In base ai precedenti studi sul virus dell'influenza e i coronavirus umani, sembra che le cariche virali nei portatori asintomatici siano relativamente basse e anche questo dovrà essere accertato con assoluta chiarezza. Bisogna cercare di quantificare quindi il rischio di trasmissione dagli asintomatici nel caso del SARS-CoV-2. 
Ecco quindi l'importanza anche nel comprendere tutta la storia naturale dell'infezione da SARS-Cov-2, da dove è partita e come si è diffusa, cercare di individuare gli asintomatici, quantificare le cariche virali, i titoli anticorpali, quanti individui hanno sintomatologia nei giorni successivi all'entrata in contatto con il patogeno, con che frequenza possono effettivamente trasmettere ad altri individui la patologia.  Identificare ad esempio una coorte di portatori asintomatici e riuscire a carpire in che misura trasmettano l'agente patogeno, le loro cariche virali, osservare quanti di queste persone possano poi presentare eventualmente sintomatologie anche lievi. Quantificare attraverso adeguate metodiche sierologiche i loro titoli anticorpali nel corso del tempo, fornirà indizi su quanti soggetti hanno sintomi in una fase successiva, se lo spargimento del virus da tali soggetti è effettivamente meno robusto e con quale frequenza potrebbero trasmettere SARS-CoV-2 ad individui suscettibili. 

4) Altro interrogativo a cui dare risposta è la trasmissione mediante circuitazione oro-fecale o altre modalità di trasmissione. Oltre alla trasmissione attraverso le goccioline di Pflugge e contatto indiretto con superfici contaminate e/o secrezioni degli individui infetti, in alcune circostanze è stato rilevato il patogeno anche nelle feci.  Si è rivelato che la trasmissione oro-fecale nel virus della SARS ha invece un certo rilievo. Bisogna comprendere quanto sia rilevante e se lo sia anche nel caso del SARS-CoV-2. Nei campioni fecali di individui affetti da COVID-19 è stata rilevata la presenza di SARS-CoV-2, anche se per ora sembra che la trasmissione per tale via sia relativamente bassa. Nonostante ciò dovrà essere approfondita tale questione e di conseguenza la possibilità di trasmissione del virus tramite fognature, acqua contaminata, trasmissione per via aerea. Anche se bisogna sottolineare che molti studi per ora sembrano, fortunatamente bisogna aggiungere, escludere quest'ultima modalità di trasmissione del patogeno. Ricordiamoci di fare attenzione ai termini, trasmissione aerea con areosoli (droplet nuclei) inferiori a 5 micrometri, è diversa da quanto rilevato con trasmissione tramite goccioline di saliva. Nel primo caso il patogeno potrebbe permanere nell'aria a lungo ed essere trasmesso a distanze considerevoli, cosa che non si verifica con le goccioline del pflugge di dimensioni  maggiori. Più studi verranno fatti, maggiori saranno le certezze che avremo a riguardo. 

5) Altro quesito riguarda la diagnosi. Il rilevamento dell'RNA del virus basato sulla metodica di laboratorio nota come RT-PCR da campioni oro-faringei fornisce l'unico test diagnostico specifico nella fase iniziale dell'epidemia. Però è una tecnica che presenta degli svantaggi, può essere utilizzata solo da personale altamente specializzato, richiede del tempo per dare una diagnosi attendibile e questo può influire molto per la gestione dei contagiati e di conseguenza nel fornire in tempo reale informazioni precise sull'andamento della patologia. 
Recentemente sono stati elaborati kit ELISA, metodica sierologia immunoenzimatica per la rivelazione di anticorpi IgM e IgG diretti contro le compoenti antigeniche del virus. Ciò ha reso possibile la diagnosi specifica di infezione in corso e passata. In particolar modo rilevare la sieroconversione di anticorpi IgM che si verifica normalmente pochi giorni dopo l'infezione prima della presenza di IgG. L'utilizzo di questa tecnica o di altre reazioni sierologiche, fornirebbe un altro test altamente complementare al rilevamento dell'RNA virale. 

6) Le modalità di trattamento di COVID-19 e le opzioni di trattamento da rendere disponibili. 
La mortalità estremamente elevata a Wuhan potrebbe essere spiegata dal collasso degli ospedali, dovuto ad un grande numero di pazienti non diagnosticati, alla mancanza di un trattamento non ottimale o da una combinazione di tutti questi fattori. Sono in corso alcune sperimentazioni a carico di alcuni farmaci ma tecnicamente non abbiamo ancora a disposizione farmaci contro il SARS-CoV-2. Non dobbiamo dimenticare che al momento non esiste nessun farmaco che abbia come indicazione terapeutica la capacità di prevenire o trattare il COVID-19.
Tuttavia, in considerazione della situazione di emergenza, i medici possono valutare l’utilizzo di alcuni medicinali utilizzati per il trattamento di altre malattie. Inoltre, al fine di favorire lo sviluppo di nuovi farmaci l’AIFA sta semplificando e accelerando le procedure di sperimentazione clinica, e ad oggi sono stati autorizzati alcuni studi con l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza di diverse molecole. Tra i farmaci in sperimentazione contro il COVID-19 abbiamo il redmesivir per citarne uno. Come analogo nucleotidico, il remdesivir ha dimostrato di essere efficace nel prevenire la replicazione di MERS-CoV nelle scimmie. La gravità della malattia, la replicazione virale e il danno polmonare erano ridotti quando il farmaco veniva somministrato prima o dopo l'infezione con MERS-CoV.

 Altri agenti antivirali degni di ulteriori indagini cliniche includono ribavirina, inibitori della proteasi lopinavir e ritonavir, interferone α2b, interferone β, clorochina fosfato e Arbidol. Tuttavia, dovremmo anche tenere presente gli effetti collaterali di questi agenti antivirali e solo gli studi, i test, potranno dirci la verità sulla loro efficacia nei confronti della nuova patologia. 

7) Ancora è se riusciremo ad ottenere entro un breve lasso di tempo vaccini adeguati a contrastare la patologia. I vaccini inattivati ​​sono un'opzione praticabile per il SARS-CoV-2. La probabilità che COVID-19 diventi endemica in alcune aree deve essere presa fortemente in considerazione, tra l'altro una pandemia mondiale può durare molto a lungo, la possibilità di avere uno o più vaccini efficaci sarà di fondamentale importanza per potersi liberare del patogeno. Come abbiamo potuto osservare la possibilità di scatenare una pandemia è diventata sempre più reale proprio a causa della sua elevata trasmissibilità, della diffusione del virus da parte degli asintomatici, dei presintomatici, dall'elevato numero di pazienti presentanti sintomi lievi.
Pertanto, lo sviluppo del vaccino diventa necessario per la prevenzione e l'eradicazione definitiva del SARS-CoV-2. I vaccini inattivati ​​ potrebbero essere facilmente prodotti e sviluppati rapidamente se si individuano gli antigeni fondamentali. In questo approccio, i virioni del SARS-CoV-2 possono essere inattivati ​​chimicamente e / o fisicamente per provocare l'organismo a produrre quel parco di anticorpi neutralizzanti il patogeno. Ma anche in questo caso, come per i farmaci ci vorrà il tempo giusto per effettuare i test. 

8) Le origini di SARS-CoV-2 e la relativa malattia COVID-19. Per farla breve, sono stati identificati due virus parentali di SARS-CoV-2. Un virus è un coronavirus dei pipistrelli RaTG13 trovato nella specie Rhinolophus affinis, presente nella provincia di Yunnan e sembra mostrare a livello di sequenza genomica complessiva un 96,2% di identità con il SARS-CoV-2.
Tuttavia, dobbiamo considerare che l'RaTG13 potrebbe non essere l'immediato antenato del SARS-CoV-2 perché non si prevede che utilizzi lo stesso recettore ACE-2 utilizzato dal SARS-CoV-2, infatti è stata osservata una divergenza nella sequenza amminoacidica e quindi di struttura e funzionalità nel dominio proteico di legame con il recettore,  condivide un'identità dell'89% nella sequenza amminoacidica con quella del SARS-CoV-2. Il secondo è un gruppo di betacoronavirus trovati nei pangolini, piccoli mammiferi in via dì estinzione, le loro carni sono spesso consumate in alcune regioni del sud della Cina. Questi virus mostrano un'identità con il genoma del SARS-CoV-2 del 90% circa nella sequenza nucleotidica complessiva. Nonostante nei domini proteici coinvolti nel legame con il recettore ACE-2, sembrano mostrare un'identità del 97,4% nella sequenza aminoacidica con quella di SARS-CoV-2.
Nonostante quindi siano strettamente correlati sia al SARS-CoV-2 che al RaTG13, non sembra scontato il fatto che siano "immediati antenati" del SARS-CoV-2. Bisognerà chiarire con certezza anche qual è il ruolo di alcune specie animali nell'essere serbatoio ambientale del patogeno e quali siano stati ospiti intermedi del patogeno.

9) I tamponi, bisogna campionare adeguatamente la popolazione, se non si riesce a comprendere in che modo il patogeno sia penetrato adeguatamente nella popolazione, non si riuscirà mai ad imbastire un adeguato piano di prevenzione da mettere in atto per permettere alle persone di tornare ad una parvenza di vita normale in attesa di un vaccino.

Fonti:

1) Wu JT, Leung K, Leung GM. Nowcasting and forecasting the potential domestic and international spread of the 2019-nCoV outbreak originating in Wuhan, China: a modelling study. Lancet. 2020;395(10225):689–697. doi: 10.1016/S0140-6736(20)30260-9

2) Chan JFW, Yuan S, Kok KH, To KKW, Chu H, Yang J, Xing F, Liu J, Yip CCY, Poon RWS, Tsoi HW, Lo SKF, Chan KH, Poon VKM, Chan WM, Ip JD, Cai JP, Cheng VCC, Chen H, Hui CKM, Yuen KY. A familial cluster of pneumonia associated with the 2019 novel coronavirus indicating person-to-person transmission: a study of a family cluster. Lancet. 2020;395(10223):514–523. doi: 10.1016/S0140-6736(20)30154-9.

3) Bai Y, Yao L, Wei T, Tian F, Jin DY, Chen L, Wang M. Presumed asymptomatic carrier transmission of COVID-19. JAMA. 2020 doi: 10.1001/jama.2020.1585

4)  The Novel Coronavirus Pneumonia Emergency Response Epidemiology Team Vital surveillances: the epidemiological characteristics of an outbreak of 2019 novel coronavirus diseases (COVID-19)—China. China CDC Weekly. 2020;2(8):113–122

4)Human Coronavirus in Hospitalized Children With Respiratory Tract Infections: A 9-Year Population-Based Study From Norway.
Heimdal I, Moe N, Krokstad S, Christensen A, Skanke LH, Nordbø SA, Døllner H
J Infect Dis. 2019 Apr 8; 219(8):1198-1206

5) Clinical Characteristics of 138 Hospitalized Patients With 2019 Novel Coronavirus-Infected Pneumonia in Wuhan, China.
Wang D, Hu B, Hu C, Zhu F, Liu X, Zhang J, Wang B, Xiang H, Cheng Z, Xiong Y, Zhao Y, Li Y, Wang X, Peng Z
JAMA. 2020 Feb 7; ():..

6) 10. de Wit E, Feldmann F, Cronin J, Jordan R, Okumura A, Thomas T, Scott D, Cihlar T, Feldmann H. Prophylactic and therapeutic remdesivir (GS-5734) treatment in the rhesus macaque model of MERS-CoV infection. PNAS. 2020 doi: 10.1073/pnas.1922083117. 

7) A pneumonia outbreak associated with a new coronavirus of probable bat origin.
Zhou P, Yang XL, Wang XG, Hu B, Zhang L, Zhang W, Si HR, Zhu Y, Li B, Huang CL, Chen HD, Chen J, Luo Y, Guo H, Jiang RD, Liu MQ, Chen Y, Shen XR, Wang X, Zheng XS, Zhao K, Chen QJ, Deng F, Liu LL, Yan B, Zhan FX, Wang YY, Xiao GF, Shi ZL
Nature. 2020 Mar; 579(7798):270-273.

8)  Lam TTY, Shum MHH, Zhu HC, Tong YG, Ni XB, Liao YS, Wei W, Cheung WYM, Li WJ, Li LF, Leung GM, Holmes EC, Hu YL, Guan Y. Identification of 2019-nCoV related coronaviruses in Malayan pangolins in southern China. BioRxiv. 2020 doi: 10.1101/2020.02.13.945485

giovedì 16 aprile 2020

LE REAZIONI SIEROLOGICHE: la reazione di fissazione del complemento


L'insieme degli anticorpi che noi ritroviamo nel siero, nelle secrezioni dell'organismo, rappresentano il prodotto di specifiche reazioni immunitarie. Quando un qualcosa di estraneo al nostro organismo, ad esempio un agente eziologico riesce ad oltrepassare le difese innate, l'organismo risponde, producendo gli anticorpi che hanno lo scopo di reagire in maniera specifica, altamente specifica, con alcune componenti strutturali appartenenti al microrganismo e che ne hanno innescato la produzione. Ciò a sua volta indurrà determinate azioni, che permetteranno all'organismo di eliminarlo, sempre se tutto va per il verso giusto si intende.

Se cimentiamo il siero di un animale (vertebrato) immune nei confronti di un determinato antigene, la reazione specifica tra l’anticorpo diretto nei confronti dell’antigene che ne ha evocato la formazione porterà ad un prodotto, costituito dall'interazione specifica tra l'anticorpo e l'antigene verso il quale è diretto; prodotto macromolecolare che in gergo immunobiologico viene definito immunocomplesso (antigene-anticorpo).
Noi possiamo sfruttare, nella pratica di laboratorio, questa caratteristica peculiare del sistema immunitario, possiamo sfruttare la sua specificità d’azione. La formazione di un immunocomplesso in vitro può essere accompagnata da fenomeni direttamente apprezzabili ad occhio nudo o può, a seconda dei casi, essere rilevato in maniera indiretta, mediante specifici artifici di laboratorio. 

Nell’uno o nell’altro caso la formazione di un immunocomplesso può essere sfruttato a scopi diagnostici mediante specifiche reazioni sierologiche.
“Una reazione sierologica quindi è una reazione in cui un siero immune, o presunto tale, viene cimentato con un antigene e nella quale la formazione dell’immunocomplesso può essere individuata direttamente o indirettamente.”
I reagenti fondamentali quindi, se non lo si fosse capito, sono due, il siero immune (contenente anticorpi specifici) e l’antigene (verso il quale l’anticorpo è diretto in maniera specifica).
Nelle reazioni sierologiche uno dei due reagenti deve essere sempre noto. Ciò teoricamente, determina che le reazioni sierologiche siano tutte ambivalenti e cioè:
  • Disponendo di un siero immune noi possiamo dimostrare la presenza di uno specifico antigene in un determinato materiale di nostro interesse. 
  • Disponendo di uno specifico antigene, possiamo dimostrare in un siero di nostro interesse la presenza dell’anticorpo diretto nei suoi confronti. 
Quando si eseguono reazioni sierologiche come vedremo, si è soliti usare delle tecniche semiquantitative. Il loro scopo è quello di permetterci di titolare una quantità relativa di anticorpi presenti in un siero o di antigene presente in un determinato materiale. Per farlo è buona norma cimentare delle diluizioni progressivamente crescenti del reagente in esame con quantità fisse, costanti, del reagente noto. Un esempio è il titolo anticorpale. Preleviamo il siero del paziente, lo trattiamo adeguatamente a seconda della metodica che andremo ad eseguire, allestiamo varie diluizioni di tale siero (1:100-1:200-1:400 ecc..) e poi andremo a verificare a quale diluizione osserviamo ancora la risposta immunitaria.
Il titolo anticorpale quindi lo definiremo come l'inverso della più bassa concentrazione (o della più alta diluizione) del siero del paziente che mantiene ancora attività rilevabile nei confronti di un antigene noto. 
Di reazioni sierologiche ne abbiamo di vari tipi, in questo e in altri post vedremo alcune delle più comuni e famose: 

Reazione di fissazione del complemento. 
Ricordiamoci sempre che le reazioni sierologiche sfruttano la specificità d'interazione tra un anticorpo e l'antigene verso il quale tale anticorpo è diretto in maniera altamente specifica; poco prima abbiamo detto che la formazione dell'immunocomplesso (anticorpo+ antigene) può essere evidenziabile direttamente attraverso reazioni o fenomeni visibili ad occhio nudo o essere individuata e quindi dimostrata indirettamente, attraverso alcuni artifici di laboratorio.
Infatti in alcuni contesti non è possibile evidenziare direttamente l’avvenuta formazione dell’immunocomplesso, quindi si deve ricorrere ad altri stratagemmi, uno di questi è la reazione di fissazione del complemento, grazie alla quale si può dimostrare indirettamente l’avvenuta formazione dell’immunocomplesso.
Il complemento, molto brevemente, è un complesso sistema di molecole, fattori e componenti proteiche presenti nel siero dei vertebrati, che viene attivato letteralmente a cascata quando gli anticorpi si legano ad un antigene. Qualora tale antigene, sia rappresentato da un elemento cellulare, le componenti del complemento sono in grado di indurre sulla superficie della cellula estranea, qualora l'antigene sia costituito da un elemento corpuscolato, quindi una cellula, legata dall’anticorpo, la formazione di veri e propri pori che determineranno la morte della cellula estranea per lisi cellulare. Sia chiaro, il complemento non si attiva solo ed esclusivamente in presenza di anticorpi ma è un qualcosa che vedremo nei prossimi post. Ritornando al nostro discorso, noi possiamo in laboratorio sfruttare la capacità del complemento di fissarsi e quindi di consumarsi attraverso il legame ad un immunocomplesso.
Questa reazione sierologica ci permetterà di andare alla ricerca di immunocomplessi, anticorpi diretti contro specifici antigeni macromolecolari solubili, che per vari motivi non è possibile evidenziare in altri tipi di reazioni sierologiche, come le reazioni di agglutinazione, emoagglutinazione passiva ecc…e in cui l’avvenuta formazione dell’immunocomplesso non può essere rilevata direttamente.
Reagenti fondamentali in una reazione di fissazione del complemento sono quindi:
  • L'antigene.
  • L’anticorpo diretto in maniera specifica nei suoi confronti.
  • Il complemento che dovrà legarsi all’immunocomplesso (antigene-anticorpo) di nostro interesse.
  • Il sistema rivelatore, costituito da cellule di cui sia facile apprezzare la lisi cellulare (es.globuli rossi) e anticorpi diretti in maniera specifica contro di essi.
La presenza del sistema rivelatore è fondamentale, ci aiuta a capire se l’immunocomplesso si è formato e se quindi nel siero in esame erano presenti oppure no l’anticorpo o l’antigene di nostro interesse. Infatti se tale immunocomplesso si sarà formato, il complemento aggiunto a tale siero si fisserà completamente ad esso e non sarà disponibile a legarsi con il secondo immunocomplesso (rivelatore). La mancata lisi del sistema rivelatore darà esito positivo, se osserveremo la lisi del sistema rivelatore l’esito sarà negativo. Significa che nel siero non vi erano presenti anticorpi diretti contro l’antigene e il complemento non si era fissato ad alcun immunocomplesso.
Una reazione di fissazione del complemento è quindi una reazione sierologica in cui: un siero immune o presunto tale, viene cimentato con un antigene in presenza di concentrazioni note e piccole di complemento e in cui la formazione dell’immunocomplesso può essere evidenziata dimostrando l’avvenuta fissazione del complemento all’immunocomplesso.”

La reazione è più facile da eseguire che da spiegare. Possiamo suddividerla in vari stadi.

Come primo passo bisogna eliminare il complemento dal siero di nostro interesse, è presente in quantità a noi ignota, potrebbe reagire non solo con l’immunocomplesso che a noi interessa rilevare ma anche con l’immunocomplesso rivelatore lisandolo, ciò non potrebbe che inficiare il responso dell’indagine. Per eliminare il complemento bisogna denaturare le sue componenti proteiche, il trattamento termico del siero in esame rappresenta il trattamento elitario da questo punto di vista. In genere il siero viene sottoposto a temperature di circa 56°C per 30 minuti. Gli anticorpi a questa temperatura non vengono denaturati e la loro struttura e di conseguenza la loro funzionalità non viene compromessa.

Si eseguono delle diluizioni scalari del siero a cui viene aggiunta una quantità fissa di antigene e a ciascuna miscela viene aggiunta una quantità di siero fresco di cavia di cui si era titolata l’attività complementare. 
Il complemento aggiunto sarà presente in un quantitativo limitato. Le miscele vengono incubate per un tempo sufficiente a permettere che le componenti presenti reagiscano adeguatamente, portando alla formazione dell’immunocomplesso di nostro interesse e di conseguenza, se questo si è formato, alla fissazione del complemento.
Trascorso questo periodo di tempo dobbiamo accertarci che si sia formato l’immunocomplesso e la fissazione del complemento; per farlo utilizziamo il sistema rivelatore costituito da emazie (di cui è facile apprezzare la lisi) e gli anticorpi diretti contro tali emazie. Si aggiunge ad ogni miscela una quantità standard di emazie di pecora trattate con il rispettivo antisiero (la cosiddetta miscela emolitica) si incuba a temperatura e tempo adeguate (37°C per 20-30 minuti).
 Se il primo immunocomplesso si è formato il complemento avrà reagito tutto legandosi ad esso e non sarà disponibile a reagire con il sistema rivelatore, altrimenti in caso contrario sarà ancora libero e liserà le emazie dando esito negativo.
 La reazione di fissazione del complemento può mostrare una minore sensibilità rispetto ad altre reazioni di tipo sierologico, come ad esempio le reazioni di emoagglutinazione passiva. Non dimentichiamoci inoltre che gli anticorpi, in particolar modo anche gli anticorpi di classe IgM sono particolarmente efficaci nello stimolare l’attivazione del complemento. Dal momento che tali classi anticorpali sono prodotte proprio nelle prime fasi di un’infezione, spesso i titoli anticorpali più elevati, dimostrabili con la fissazione del complemento, sono quelli che si osservano nei campioni di siero prelevati durante le prime fasi di un’infezione dove le IgM sono presenti in concentrazioni maggiori.

giovedì 9 aprile 2020

COVID-19: trasmesso attraverso l'aria? Facciamo chiarezza su questo punto.


Molte infezioni respiratorie possono essere trasmesse attraverso goccioline di saliva di dimensioni diverse: quando queste gioccioline hanno un diametro maggiore di 5-10 μm, vengono chiamate goccioline respiratorie o di Pflugge, mentre quando hanno un diametro inferiore a 5μm, vengono chiamate droplet nuclei. [1] 
Secondo quanto sappiamo il virus che casua il COVID-19 viene trasmesso principalmente tra le persone attraverso le goccioline respiratorie e contaminazione tramite fomiti. [2-7] In un'analisi di 75.465 casi di COVID-19 in Cina, la trasmissione aerea non è stata segnalata.[8]
Le goccioline del Pflugge vengono trasmesse in modo efficace tra persone a distanza ravvicinata (entro 1 m) attraverso colpi di tosse e starnuti, ciò fa si che gli individui suscettibili ad essere contagiati, perchè non immuni, abbiano buone probabilità che le loro mucose (bocca e naso) o congiuntiva (occhi) esposte, possano essere potenzialmente contaminate, contagiando l'individuo.
Come accennato qualche rigo sopra la trasmissione può anche avvenire attraverso fomiti nell'ambiente circostante intorno alla persona infetta quindi contaminazione di superfici. Una caratteristica tipica di vari virus con questo tipo di trasmissione [8]. Pertanto, la trasmissione del COVID-19 può avvenire per contatto diretto con persone infette e contatto indiretto con superfici o con oggetti usati sulla persona infetta.

La trasmissione aerea, tramite goccioline di diametro inferiore ai 5 micrometri è diversa dalla trasmissione delle goccioline di Pflugge, poiché si riferisce alla presenza di microbi all'interno di tali goccioline, che possono rimanere nell'aria per lunghi periodi di tempo ed essere trasmessi ad altre persone attraverso distanze maggiori di 1m.

Perchè potrebbe preoccupare questo tipo di trasmissione?
Gli aerosol possono essere prodotti anche parlando e respirando, il che potrebbe persino costituire un rischio maggiore nella trasmissione della patologia rispetto allo starnuto e alla tosse. E' più facile stare alla larga da chi tossisce, lo sentiamo e vediamo, ma se la trasmissione avenisse anche attraverso gli aerosoli le cose si complicherebbero notevolmente perchè non basterebbe mantenere la distanza di sicurezza indicata per minimizzare il rischio di contagio.
Ci sono studi che hanno verificato che persone ammalate di influenza (un buon 39% come rivelato dallo studio)  espiravano aerosoli veicolanti il patogeno [22]. Finché condividiamo uno spazio aereo con qualcun altro, abbiamo stretti contatti, respirando l'aria che essi espirano, è possibile la trasmissione del patogeno nel caso dell'influenza, proprio tali aereosoli tendono a diffondersi a distanze più considerevoli e a penetrare con molta più facilità in profondità nelle nostre vie aeree.

Cosa sappiamo a riguardo della trasmissione aerea del COVID-19?
Il patogeno come accennato prima lo conosciamo da pochi mesi, qualche studio sembra sottolineare questa eventualità della trasmissione aerea o comunque sottolineare la necessità di effettuare ulteriori studi a riguardo, altri ancora sembrano escluderla. 
Gli studi sono ancora pochi per poter determinare se un tale tipo di trasmissione possa in effetti giocare un ruolo ulteriore nella propagazione del patogeno oltre all'appurata trasmissione attraverso le goccioline di saliva.
Al culmine dell'epidemia di coronavirus a Wuhan, in Cina, il virologo Ke Lan dell'Università di Wuhan ha raccolto campioni di aerosol negli ospedali e negli ambienti ad essi confinanti dove venivano curate persone affette COVID-19, così come negli affollati ingressi di due grandi magazzini.[20], Lan e collaboratori riferiscono di aver trovato RNA virale da SARS-CoV-2 in tali ambienti.
Attenzione però, lo studio non verifica se gli aerosol raccolti fossero in grado di infettare le cellule.  
L'autore con lo studio ha comunque verificato che durante la respirazione o il parlare, la trasmissione di aerosol contenenti il virus SARS-CoV-2 può verificarsi e quindi potrebbe avere un impatto sulle persone vicine e lontane dalla sorgente di infezione. 

Uno studio simile condotto da ricercatori ha rilevato presenza di RNA virale in quasi due terzi dei campioni di aria raccolti in stanze di isolamento provenienti da un'ospedale per il trattamento di persone affette da sintomatologie gravi da COVID-19 e in una struttura di quarantena che ospita individui con infezioni lievi [21]. Anche in questo contesto le superfici nelle griglie di ventilazione sono risultate positive ma nessuno dei campioni di aria raccolti però è risultato contagioso nelle colture cellulari, inoltre i dati dello studio suggeriscono che le particelle di aerosol contenenti il virus sono prodotte da individui che hanno la malattia COVID-19, anche in assenza di tosse.
Nel contesto del COVID-19, la trasmissione aerea potrebbe essere possibile in circostanze e contesti specifici quindi, in cui vengono eseguite procedure o trattamenti di supporto che generano aerosoli di tali dimensoni; ovvero intubazione endotracheale, broncoscopia, aspirazione aperta, ventilazione manuale prima dell'intubazione, rotazione del paziente in posizione prona, disconnessione del paziente dal ventilatore, ventilazione a pressione positiva non invasiva, tracheostomia e rianimazione cardiopolmonare ecc..

Inoltre vi sono prove che l'infezione da COVID-19 può portare a infezione intestinale e di conseguenza il patogeno può essere rilevato anche nelle feci. Ma ad oggi non ci sono dati che possano far pensare anche ad una trasmissione del patogeno per circuitazione oro-fecale.

Quindi ad oggi, alcune pubblicazioni scientifiche forniscono delle prove che il virus Sars-CoV-2 possa essere rilevato nell'aria, ovviamente molte testate giornalistiche subito hanno lasciato intendere che la trasmissione possa avvenire probabilmente per via aerea.

Ma attenzione! Questi risultati iniziali devono essere interpretati attentamente.

Tra gli studi più famosi citati a riguardo abbiamo una recente pubblicazione sul New England Journal of Medicine  che ha valutato la persistenza del virus del virus  negli aereosoli.[10]
In questo studio sperimentale, gli aerosol sono stati generati utilizzando un nebulizzatore Collison a tre getti e immessi in un tamburo Goldberg in condizioni di laboratorio controllate. Descrizioni tecniche a parte, in soldoni si tratta di macchinari ad alta potenza che non riflettono le normali condizioni di tosse umana. Inoltre, la scoperta del virus in particelle di aerosol fino a 3 ore non riflette un'impostazione clinica in cui vengono eseguite le procedure di generazione di aerosol, ovvero questa era una procedura di generazione di aerosol indotta sperimentalmente.

Ci sono anche studi in cui si è osservato che in campioni d'aria prelevati da aree dove erano presenti  pazienti sintomatici da COVID-19 non mostravano rilevante presenza di RNA virale da Sars-CoV-2. [11-12]

Insomma, sia chiaro, nessuno esclude, ma per ora prove notevoli a riguardo ancora non ci sono, stiamo pur sempre parlando di un patogeno che conosciamo si e no da quattro mesi, ci sarà ancora molto da studiare a riguardo e quindi non bisogna arrivare a conclusioni affrettate, ne tantomento sminuire. Man mano che emergeranno nuove prove, sarà importante sapere se viene trovato il virus vitale negli areosoli, in quali condizioni e concentrazioni; comprendere se il ruolo che la carica virale presente avrà nella trasmissione della patologia. Se sarà rilevante o meno.  

Sulla base delle prove disponibili, comprese le più recenti pubblicazioni, l'OMS continua a raccomandare quindi il distanziamento sociale e le protezioni individuali per prevenire sicuramente l'entrata in contatto con le goccioline di Pflugge che veicolano il patogeno. In quanto è assolutamente certo che attraverso questa modalità il virus si trasmetta e laddove possibile applicare a prescindere procedure volte a minimizzare la generazione di aerosol nei trattamenti di supporto in coerenza con quanto stabilito dalle linee guida nazionali e internazionali, comprese quelle sviluppate dalla Società Europea di Medicina Intensiva Society of Critical Care Medicine [13-14] e quelli attualmente utilizzati in Australia, Canada e Regno Unito.[15-1]

Anche se dobbiamo sottolineare come la distinzione tra goccioline e aerosol è un po'inutile perché le particelle che escono con il virus possono avere una vasta gamma di dimensioni. Da molto grandi fino agli aerosol, quindi non abbiamo una distinzione nettissima o un momento particolare in cui vengono prodotte particelle di dimensioni nettamente diverse. Per ora fatto sta che gli studi e le conclusioni a riguardo sono ancora deboli.
Quindi sarà da valutare se il SARS-CoV-2 si stia trasmettendo con gli aerosol, o se sia possibile che le particelle di virus possano accumularsi nel tempo in spazi chiusi e essere trasmesse su distanze maggiori.
L'Organizzazione mondiale della sanità ha quindi dichiarato che per il momento non ci sono prove sufficienti per suggerire che il virus SARS-CoV-2 sia sospeso nell'aria.

In conclusione: Quando si afferma che non ci sono prove sufficienti per affermare che il Sars-CoV-2 sia disperso nell'aria, significa in modo specifico che per ora non ci sono prove sufficienti a dire che il virus sia trasportato efficacemente dagli areosoli con diametro inferiore ai 5 micrometri i quali possono permanere nell'aria più tempo e viaggiare più a lungo rispetto alle goccioline di saliva, che sono più pesanti e che al massimo possono percorrere brevissime distanze  per poi cadere e adagiarsi sulle superfici.


Fonti: 

1)World Health Organization. Infection prevention and control of epidemic- and pandemic-prone acute respiratory infections in health care. Geneva: World Health Organization; 2014 Available from: https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/112656/9789241507134_eng.pdf?sequence=1

2)Liu J, Liao X, Qian S et al. Community transmission of severe acute respiratory syndrome coronavirus 2, Shenzhen, China, 2020. Emerg Infect Dis 2020 doi.org/10.3201/eid2606.200239

3)Chan J, Yuan S, Kok K et al. A familial cluster of pneumonia associated with the 2019 novel coronavirus indicating person-to-person transmission: a study of a family cluster. Lancet 2020 doi: 10.1016/S0140-6736(20)30154-9

4)Li Q, Guan X, Wu P, et al. Early transmission dynamics in Wuhan, China, of novel coronavirus-infected pneumonia. N Engl J Med 2020; doi:10.1056/NEJMoa2001316.

5) Huang C, Wang Y, Li X, et al. Clinical features of patients infected with 2019 novel coronavirus in Wuhan, China. Lancet 2020; 395: 497–506. 

6)Burke RM, Midgley CM, Dratch A, Fenstersheib M, Haupt T, Holshue M,et al. Active monitoring of persons exposed to patients with confirmed COVID-19 — United States, January–February 2020. MMWR Morb Mortal Wkly Rep. 2020 doi : 10.15585/mmwr.mm6909e1external icon

7)World Health Organization. Report of the WHO-China Joint Mission on Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) 16-24 February 2020 [Internet]. Geneva: World Health Organization; 2020 Available from: https://www.who.int/docs/default- source/coronaviruse/who-china-joint-mission-on-covid-19-final-report.pdf

8)Ong SW, Tan YK, Chia PY, Lee TH, Ng OT, Wong MS, et al. Air, surface environmental, and personal protective equipment contamination by severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2) from a symptomatic patient. JAMA. 2020 Mar 4 [Epub ahead of print].

9)Zhang Y, Chen C, Zhu S et al. [Isolation of 2019-nCoV from a stool specimen of a laboratory-confirmed case of the coronavirus disease 2019 (COVID-19)]. China CDC Weekly. 2020;2(8):123–4. (In Chinese)

10)van Doremalen N, Morris D, Bushmaker T et al. Aerosol and Surface Stability of SARS-CoV-2 as compared with SARS-CoV-1. New Engl J Med 2020 doi: 10.1056/NEJMc2004973

11)Cheng V, Wong S-C, Chen J, Yip C, Chuang V, Tsang O, et al. Escalating infection control response to the rapidly evolving epidemiology of the Coronavirus disease 2019 (COVID-19) due to SARS-CoV-2 in Hong Kong. Infect Control Hosp Epidemiol. 2020 Mar 5 [Epub ahead of print]. 

12)Ong SW, Tan YK, Chia PY, Lee TH, Ng OT, Wong MS, et al. Air, surface environmental, and personal protective equipment contamination by severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2) from a symptomatic patient. JAMA. 2020

13)WHO Infection Prevention and Control Guidance for COVID-19 available at https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/technical-guidance/infection-prevention-and-control

14)Surviving Sepsis Campaign: Guidelines on the Management of Critically Ill Adults with Coronavirus Disease 2019 (COVID-19). Intensive Care Medicine DOI: 10.1007/s00134-020-06022-5 https://www.sccm.org/SurvivingSepsisCampaign/Guidelines/COVID-19 

15)Interim guidelines for the clinical management of COVID-19 in adults Australasian Society for Infectious Diseases Limited (ASID)  https://www.asid.net.au/documents/item/1873

16)Coronavirus disease (COVID-19): For health professionals. https://www.canada.ca/en/public-health/services/diseases/2019-novel-coronavirus-infection/health-professionals.html

17)Guidance on infection prevention and control for COVID-19 https://www.gov.uk/government/publications/wuhan-novel-coronavirus-infection-prevention-and-control

18)Interim Infection Prevention and Control Recommendations for Patients with Suspected or Confirmed Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) in Healthcare Settings. https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/infection-control/control-recommendations.html 

19)Infection prevention and control for COVID-19 in healthcare settings https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/infection-prevention-and-control-covid-19-healthcare-settings 

20) Santarpia, J. L. et al. Preprint at medRxiv http://doi.org/dqtw (2020).

21) Liu, Y. et al. Preprint at bioRxiv http://doi.org/dqts (2020).

22)Yan, J. et al. Proc. Natl Acad. Sci. USA 115, 1081–1086 (2018).

martedì 24 marzo 2020

CORONAVIRUS COVID-19: un piccolo paragone tra SARS-CoV-2 e l'influenza


Come noto ormai a tutti, una nuova epidemia si è fatta largo nel mondo. Il 31 dicembre 2019, la Cina ha avvisato l'OMS (organizzazione mondiale della sanità) di diversi casi di polmonite associati a un virus sconosciuto. I casi si sono concentrati inizialmente nella città di Wuhan (11 milioni di persone circa), nella provincia di Hubei, nella Cina centrale.

Entro il 7 gennaio 2020, è arrivata la conferma che era emerso un nuovo tipo di coronavirus, la sindrome determinata dal nuovo virus è stata temporaneamente chiamata 2019-nCoV e successivamente ribattezzata come COVID-19 (CO= corona, VI= virus, D=disease, 19= anno della scoperta). Il nome del nuovo coronavirus è stato ufficializzato poi in Sars-CoV-2. Ovviamente non parliamo della stesso virus che causa la SARS, ricordiamo che appartengono alla stessa famiglia, causano patologia respiratoria ma non sono lo stesso virus.
Nel nostro paese il contagio è presente molto probabilmente dalla fine Gennaio o poco prima, il primo caso registrato è risalente al 21 Febbraio 2020 e il numero di individui positivi al virus è salito di giorno in giorno.
Il governo Conte ha messo in atto una serie di provvedimenti e di protocolli che hanno lo scopo di contenere quanto più possibile la diffusione del patogeno, senso civico delle persone permettendo aggiungerei ma questo è un'altro paio di maniche.
E 'il settimo coronavirus identificato che può causare malattie del tratto respiratorio nell'uomo. Il 9 gennaio 2020 c'è stata la prima morte segnalata dal virus, un uomo di 61 anni che aveva visitato l'ormai chiuso mercato all'ingrosso di frutti di mare dell'Huanan, dove si ritiene che sia partita la diffusione del patogeno.
 Come riportato dall'OMS, dai primi studi ed altri ancora in corso, sembra che vi sia una relazione tra il patogeno causante la patologia COVID-19 e altri coronavirus (CoV) simili che circolano nei pipistrelli e più specificamente quelli della sottospecie Rhinolophus. Queste sottospecie sono particolarmente abbondanti e ampiamente presenti nella Cina meridionale e in Asia ma anche Medio-Oriende, Africa ed Europa. Studi recenti indicano che sono stati identificati più di 500 diversi Coronavirus nei pipistrelli in Cina. Da notare inoltre che gli studi sierologici condotti nella popolazione rurale che vive vicino agli habitat naturali dei pipistrelli delle caverne hanno rilevato una siero-prevalenza di bat-CoV (coronavirus dei pipistrelli) del 2,9%, dimostrando che l'esposizioone dell'uomo ai CoV potrebbe essere cosa comune. [1]
Ma come è avvenuta questa trasmissione all'essere umano? Non è chiaro o per meglio dire, il virus in questione avrà subito sicuramente una mutazione che ne ha permesso il passaggio all'uomo ma il quando e come sia stato trasmesso dall'organismo animale all'essere umano non è molto chiaro; viene fatto notare che i pipistrelli in realtà non sono molto presenti nei mercati cinesi, non come si possa pensare almeno; ma in alcuni contesti sembrano essere cacciati e venduti direttamente ad alcuni ristoranti, laddove vengano eventualmente consumati. [2]

Sia chiaro, ciò non significa assolutamente che è in tal modo che sia avvenuta la trasmissione. Anzi, le prime ipotesi prevedono che molto probababilmente a giocare un ruolo importante possa essere stata stata la presenza di un organismo intermedio che ha svolto un ruolo primario nella trasmissione del nuovo patogeno.
Si sta cercando di individuare quale sia l’organismo animale dal quale è partito il tutto. 
Scoprirlo potrebbe aiutare molto nel comprendere come ha iniziato a diffondersi il nuovo virus, comprendere qualche tassello in più sulla sua origine e come abbia iniziato a diffondersi anche all’uomo.

Spesso è stato dichiarato nei primi periodi durante il quale il patogeno si è diffuso, che tale patologia è fondamentalmente un'influenza, minimizzando anche tale patologia contro la quale è sempre bene vedersi, che solo chi è anziano deve temere qualcosa, è solo un banale raffreddore, un "virus qualsiasi". Parliamoci chiaro, c'è stata una bassa percezione del rischio e tali affermazioni sono state un errore comunicativo. Al termine di tutto ciò si dovrà anche fare i conti con ciò che non ha funzionato a livello di prevenzione mondiale non solo riguardante il nostro territorio e dovrà essere da lezione per il futuro.

Sia COVID-19 che l'influenza sono malattie respiratorie, eppure ci sono importanti differenze tra i due virus e sul come si diffondono nella popolazione.
E' importante conoscere le modalità con cui una patologia si diffonde all’interno di una popolazione, perché ciò può avere enormi ripercussioni sulle misure da mettere in atto, di prevenzione primaria e non, necessarie per contrastare la patologia, per comprendere come queste misure possano essere anche rafforzate per rispondere adeguatamente al virus circolante.
L'OMS è stata abbastanza chiara fin dall'inizio. 

1) Quanto sono simili il virus influenzale e il Sars-CoV-2?
In primo luogo, il virus del COVID-19 e il virus influenzale hanno una presentazione simile della malattia. Cioè, entrambi causano malattie respiratorie, in entrambi i casi possiamo avere individui asintomatici, individui che mostrano sintomi lievi/modesti, in altri invece, purtroppo, si possono presentare complicanze che nei casi più gravi possono condurre alla morte. 
In secondo luogo, entrambi i virus vengono trasmessi per via aerea e fomiti (materiale contaminato di recente), una caratteristica che sicuramente accomuna molti patogeni a trasmissione aerea. 
Da qui il rispetto di quelle norme individuali di protezione, lavarsi spesso e adeguatamente le mani, evitare di tossire a bocca aperta; azioni importanti che tutti possono adottare per minimizzare la trasmissione della patologia. 
La trasmissione avviene per via aerea dunque, in questo caso i virus possono essere trasmessi attraverso le famose goccioline del Pflugge, microgocce di saliva contenenti l’agente eziologico, che vengono emesse con il semplice parlare, starnutire, respirare e che possono veicolare efficacemente l’agente eziologico dall’individuo infetto a quello suscettibile a subire la patologia. In casi rari il contagio sembra poter può avvenire anche attraverso contaminazione fecale.
Normalmente le malattie respiratorie non si tramettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.

In cosa differiscono il patogeno Sars-CoV-2 e il virus influenzale?
Il virus influenzale ha un periodo di incubazione medio decisamente più breve ( il periodo di incubazione è il tempo che intercorre tra l’entrata in contatto con il patogeno e la comparsa dei primi sintomi della patologia). L'influenza mostra anche un intervallo seriale più breve (il tempo tra i casi successivi) rispetto al virus SARS-CoV-2 che sembra essere compreso tra 1-14 giorni. Molto brevemente senza approfondire, vedremo di farlo in un secondo momento, quando si verifica un'epidemia in una popolazione di individui o in una comunità chiusa, il primo caso di patologia viene definito caso indice o caso primario, mentre tutti gli altri individui che da questo sono contagiati vengono definiti secondari; l'intervallo di tempo che intercorre è detto seriale cioè il periodo di tempo che intercorre fra la comparsa dei sintomi in un infetto e la comparsa dei sintomi in un individuo infettato dal primo.
Per il virus SARS-CoV-2 l'intervallo seriale è stimato in 5-6 giorni, mentre per il virus dell'influenza, l'intervallo seriale è di 3 giorni. Ciò significa che l'influenza può diffondersi più velocemente del COVID-19.
I bambini sono importanti motori della trasmissione del virus dell'influenza nella comunità. Per il virus SARS-CoV-2, i dati iniziali indicano che i bambini sono meno colpiti rispetto agli adulti e che i tassi di attacco clinico nella fascia di età 0-19 anni sono bassi. Ulteriori dati preliminari dagli studi sulla trasmissione delle famiglie in Cina suggeriscono che i bambini sono infettati dagli adulti, piuttosto che viceversa.
Come accennato sopra, in entrambi i casi possiamo avere una percentuale di individui che può andare incontro a gravi complicazioni. Questo è vero ma attenzione, nel caso del coronavirus a differenza dell'influenza una delle principali complicanze è un'infezione virale primaria a carico dei polmoni, in grado di causare una grave forma di polmonite. Per quanto riguarda le percentuali, numeri sempre da rivedere alla fine di tutto quando avremo un quadro finalmente completo e non in continuo mutamento i casi sono per l’80% di bassa gravità o sono asintomatici, un buon 15% circa presenta gravi complicazioni, e un buon 5% che richiedono ventilazione ed interventi più intensi a carico dell’individuo. Percentuali che per ora sarebbero superiori a quanto osservato per la sindrome influenzale. In Italia a causa anche di una fascia di popolazione con età superiore ai 60 anni maggiore rispetto a quanto osservato altrove la percentuale di casi severi è purtroppo maggiore, con un tasso di letalità particolarmente alto; a confronto, l’influenza presenta invece una percentuale di casi critici più bassa.
I dati a disposizione oggi, indicano che la percentuale di mortalità (intesa come il rapporto tra il numero dei decessi e quello dei casi) oscilla tra il 3 e il 4%; la percentuale di mortalità da infezione (inteso come il rapporto dei casi di decessi riportati e il numero delle infezioni riportate) è tendenzialmente più bassa.

Il numero riproduttivo di base - il numero di infezioni secondarie generate da un individuo infetto - è compreso tra 2 e 2,5 per il virus SARS-CoV-2 ed è superiore a quello per l'influenza (circa 1,3).
Qui dobbiamo aprire una piccola parentesi, cosa si intende per numero di infezioni secondarie generate da un individuo infetto?
Risultato immagini per R0 E’ abbastanza intuibile ovviamente. In epidemiologia viene indicato con il termine di R0 detto anche “numero di riproduzione di base”, sta ad indicare il numero medio di infezioni secondarie che un individuo infetto è in grado di provocare in una popolazione di individui che è suscettibile a subire la patologia. Insomma può aiutare a capire quanto la patologia sia in potenzialmente trasmissibile.
Quindi rifacendoci a quanto detto poche righe sopra, avere un R0 compreso tra 2 e 2,5 significa che un individuo infetto può potenzialmente infettare tra le 2 e le 2,5 persone.
Questo è importante, perché altri due infettati ne infetteranno quattro, quattro altri otto e cosi via in modo esponenziale o quasi.
Anzi come anche riportato sempre dall’OMS e anche dall’ISS (istituto superiore di sanità) da quando ha iniziato a diffondersi il nuovo virus, le stime dell’R0 sono state calcolate tra l’1,4 e il 3,8. Non è un valore proprio assoluto, fisso ed immutabile, come ogni misurazione che viene effettuata in corso può subire delle modifiche, ma è molto importante e sembra abbastanza affidabile, perché quantifica la probabilità di trasmissione già da un solo contatto che può avvenire tra un infetto e una persona suscettibile a subire la patologia.
Ci permette di comprendere anche l’eventuale numero di contatti che la persona infetta può aver contagiato e quindi la durata dell’infettività.
In questa fase ci sono tre parametri importanti che dobbiamo considerare,

  • La probabilità di trasmissione dall’infetto ai contatti.
  • Il numero dei contatti che la persona infetta ha incontrato. 
  • La durata dell’infettività. 
Se si riduce almeno uno dei tre parametri si può ridurre il valore di R0 e quindi si può intervenire in modo da provare a ridurre la diffusione della malattia nella popolazione. Ci sono cose su cui ovviamente non possiamo intervenire in maniera immediata, perché ci mancano gli strumenti in questo momento, quali sono?
Tali parametri sono la probabilità della trasmissione e la durata dell’infettività, perché?
Senza un vaccino, con il quale vaccinare una buona fetta di popolazione inducendo un'immunità di gregge, o un trattamento di tipo farmacologico da applicare alla massa dei malati, che può influenzare positivamente il decorso della patologia, attenuando le sintomatologie da questa provocata; questi parametri non sono in questa fase modificabili di molto.
Però intervenire si può, attraverso altre metodiche, come l’immediata diagnosi e identificazione dei casi (prevenzione secondaria) o degli individui entrati in contatto con la sorgente di infezione (individui potenzialmente infettati, i famosi contatti) e la messa in atto di misure volte a diminuire drasticamente la possibilità che possano a loro volta entrare in contatto con altre persone, ciò può permettere una riduzione del valore di R0.
In particolare, come è avvenuto e sta ancora avvenendo in Cina, o come si sta attuando nel nostro paese. Misure empiriche quindi (isolamento, quarantena ecc..), misure di modifica dei comportamenti sociali e di comportamenti anche culturalmente scorretti, tossire in faccia alla gente, non restare a casa se si hanno sintomi o se si è stati in zone a rischio o a contatto con chi è stato in zone a rischio ecc…minimizzare assembramenti di persone in luoghi chiusi dove il patogeno può trasmettersi con successo, lavarsi spesso le mani, uscire di meno, possono determinare una riduzione del numero di produzione di base del patogeno e del numero di contagiati.

Inoltre per l’ifluenza abbiamo un vaccino, abbiamo la possibilità di usare antivirali, abbiamo varie modalità di intervento anche in caso di infezioni secondarie batteriche. Nel caso del covid ci ritroviamo di fronte ad un nuovo patogeno per il quale non vi è alcuna copertura anticorpale nella popolazione, ciò favorisce il suo propagarsi con facilità, assenza di un vaccino, assenza di farmaci antivirali specifici, probabilità di polmonite primaria virale come accennato prima.
La mortalità per COVID-19 sembra superiore a quella dell'influenza, in particolare dell'influenza stagionale. Anche in questo caso il vero tasso di mortalità lo sapremo solo al termine di tutto, sono parametri che ad epidemia in corso ci danno si una certa visione, ma non completa. 
Fin da subito l’OMS ha cercato di stimare i parametri che permettono di comprendere l’epidemia in corso; il periodo di incubazione (l’intervallo di tempo che intercorre tra l’entrata in contatto con il patogeno e l’insorgenza dei sintomi) ; il tasso di letalità e l’intervallo seriale che corrisponde al tempo medio che intercorre tra l'insorgere dei sintomi nell'individuo che è sorgente dell’infezione e l'insorgere dei sintomi nell'individuo che è stato contagiato.
Qui abbiamo un primo rapporto [3] dell'OMS che riassume le prove che fin da subito sono state elaborate. 
Il periodo di incubazione si aggira in un arco di tempo che varia tra i 0 e 14 giorni (con una mediana di 5,6 giorni) e un l’intervallo seriale dai 4,4 ai 7,5 giorni.

Il tasso di letalità (numero di decessi/numero totale di casi confermati) in Cina, secondo quanto riportato dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, è del 2,3% e si basa sui 1.023 decessi tra 44.415 casi confermati in laboratorio all'11 febbraio. Tale dato non include il numero di infezioni più lievi che potrebbero sfuggire all'attuale sorveglianza, ampiamente focalizzata su pazienti con polmonite che necessitano di ricovero; né considera che i casi recentemente confermati che potrebbero sviluppare una malattia grave e, in alcuni casi, fatale. Anche queste cifre, nel corso dell’epidemia, potranno variare e saranno aggiornate. In Italia al momento il tasso di letalità si aggira attorno all'8,7% [4]

Un'ultima cosa, il presidente del consiglio ha approvato decreti e restrizioni che tutti conosciamo. Lo scopo in soldoni è di raccomandare e creare un distanziamento sociale. Ricordiamo quanto abbiamo accennato prima sul fattore R0 (numero di riproduzione di base) ogni infetto ne contagia in questo caso un numero compreso tra 2 e 2,5 individui. Le misure di salute pubblica introdotte in questi giorni hanno lo scopo di evitare una grande ondata epidemica, evitare che si crei un picco di casi in un lasso di tempo molto breve. Avere una miriade di malati tutti in un momento è estremamente difficoltoso da gestire. Bisogna impegnarsi quindi a seguire rigorosamente le norme consigliate.  l'immagine sottostante è presa da uno studio dell'ECDC centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive [5]


Lo studio riporta una guida sulle misure da attuare in caso di pandemia influenzale, il cui scopo è quello di ridurre l'impatto che la patologia può avere a carico delle popolazioni colpite. E'un ragionamento applicabile anche ad altre patologie come nel caso del COVID-19.

L'applicazione delle misure delle misure di sanità pubblica che ormai tutta Italia stiamo osservando in questi giorni hanno l'importante scopo di ridurre, in una certa misura:

  • Il numero delle persone infettate.
  • Il numero di persone che necessitano di cure mediche.
  • Il numero di individui che muoiono durante una pandemia.
Abbassare e ritardare il picco di una curva pandemica è quindi importante. Le misure potrebbero anche mitigare le conseguenze secondarie delle pandemie che si verificano quando molte persone si ammalano contemporaneamente, vale a dire l'impatto che un numero elevato di persone può avere sulla sanità (vedasi le continue e ripetute preoccupazioni su un eventuale collasso del sistema sanitario di fronte ad un'emergenza così imponente), il mantenimento delle scorte alimentari, la distribuzione di carburante, dei servizi pubblici, ecc. Le misure di sanità pubblica possono anche ritardare il picco della curva epidemica di una pandemia fino al momento in cui un vaccino contro la patologia inizia a diventare disponibile, intervenendo positivamente sul suo decorso. Inoltre, teoricamente ritardare il picco, spalmarlo può permettere una maggiore possibilità da parte delle strutture sanitarie di accogliere e curare chi ne ha bisogno.
L'obiettivo di queste norme dunque è quello di ridurre la capacità di riproduzione del patogeno, dobbiamo abbassare questo valore, far rallentare il patogeno, in modo che possiamo "raggiungerlo"e far si che la sua velocità di propagazione sia compatibile con le nostre capacità di mettere in atto azioni di prevenzione primaria e secondaria (identificazione precoce dei casi e isolamento), sta accadendo ancora in Cina oggi dove tutto questo ora si può fare, proprio perchè si è riusciti a forzare un drastico calo dei contagi.

Sempre per quanto riguarda un ulteriore paragone con l'influenza, abbiamo sottolineato come sia sbagliato minimizzare anche quest'ultima patologia, non solo per le complicanze dirette o indirette che può comunque dare. Ricordate la pandemia da H1N1 a cui lo studio sopra dell'ECDC si riferisce anche in quel contesto la preoccupazione fu tanta e l'OMS lanciò molti allarmi. Quando si ha a che fare con un nuovo agente patogeno, nei suoi confronti non vi è alcuna risposta specifica immunitaria nella popolazione. Il sistema immunitario risponde con estrema efficacia agli agenti eziologici estranei che entrano in contatto con l'organismo, sviluppando i famosi anticorpi, proteine prodotte ad hoc dal nostro organismo per indiviuare e reagire in maniera altamente specifica contro le sue componenti strutturali e ciò mette in atto una serie di effetti che culmineranno nella sua disfatta. Però per produre questa risposta, si deve per l'appunto entrare in contatto con l'agente patogeno e questo significa contrarre la patologia con tutte le conseguenze che ne derivano. Inoltre dal momento che non vi è copertura anticorpale nella popolazione, il patogeno avrà un'autostrada libera davanti a se e se parliamo di agenti eziologici in grado di diffondersi con estrema rapidità, trasmissioni tra l'altro facilitata da innumerevoli fattori comporamentali, climatici ecc...il risultato non può essere che uno: diffusione del patogeno su ampia scala e tutti noi stiamo osservando cosa sta comporando a livello mondiale, migliaia di morti, danni economici notevoli, un impatto notevole sull'esistenza delle comunità e dei singoli individui che le compongono.

Fonti:
1) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6178078/
2) Li, H., Mendelsohn,E., Zong, C., Zhang, W., Hagan, E., Wang, N., Li, S., Yan, H., Huang, H., Zhu,G. and Ross, N., 2019. Human-animal interactions and bat coronavirus spilloverpotential among rural residents in Southern China. BiosafetyandHealth,1(2), pp.84-90.
3) https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200219-sitrep-30-covid-19.pdf?sfvrsn=6e50645_2
4) https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Infografica_23marzo%20ITA.pdf
5) https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/guide-public-health-measures-reduce-impact-influenza-pandemics-europe-ecdc-menu
6) https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200306-sitrep-46-covid-19.pdf?sfvrsn=96b04adf_2
7)  https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/tmi.13383