lunedì 4 maggio 2020

LE REAZIONI SIEROLOGICHE: reazioni di neutralizzazione


L'insieme degli anticorpi che noi ritroviamo nel siero, nelle secrezioni dell'organismo, rappresentano il prodotto di specifiche reazioni immunitarie. 
Quando un qualcosa di estraneo al nostro organismo, ad esempio un agente eziologico riesce ad oltrepassare le difese innate, l'organismo risponde, producendo gli anticorpi che hanno lo scopo di reagire in maniera specifica, altamente specifica, con alcune componenti strutturali appartenenti al microrganismo e che ne hanno innescato la produzione. 
Ciò a sua volta indurrà determinate azioni, che permetteranno all'organismo di eliminarlo, sempre se tutto va per il verso giusto si intende.

Se cimentiamo il siero di un animale (vertebrato) immune nei confronti di un determinato antigene, la reazione specifica tra l’anticorpo diretto nei confronti dell’antigene che ne ha evocato la formazione ,porterà ad un prodotto, costituito dall'interazione specifica tra l'anticorpo e l'antigene verso il quale è diretto; prodotto macromolecolare che in gergo immunobiologico viene definito immunocomplesso (antigene-anticorpo).
 Noi possiamo sfruttare, nella pratica di laboratorio, questa caratteristica peculiare del sistema immunitario, possiamo sfruttare la sua specificità d’azione. La formazione di un immunocomplesso in vitro può essere accompagnata da fenomeni direttamente apprezzabili ad occhio nudo o può, a seconda dei casi, essere rilevato in maniera indiretta, mediante specifici artifici di laboratorio.

Nell'uno o nell'altro caso la formazione di un immunocomplesso può essere sfruttata a scopi diagnostici mediante specifiche reazioni sierologiche.
 “Una reazione sierologica quindi è una reazione in cui un siero immune, o presunto tale, viene cimentato con un antigene e nella quale la formazione dell’immunocomplesso può essere individuata direttamente o indirettamente.” 
I reagenti fondamentali quindi, se non lo si fosse capito, sono due, il siero immune (contenente anticorpi specifici) e l’antigene (verso il quale l’anticorpo è diretto in maniera specifica).
Nelle reazioni sierologiche uno dei due reagenti deve essere sempre noto. Ciò teoricamente, determina che le reazioni sierologiche siano tutte ambivalenti e cioè:

  • Disponendo di un siero immune noi possiamo dimostrare la presenza di uno specifico antigene in un determinato materiale di nostro interesse. 
  • Disponendo di uno specifico antigene, possiamo dimostrare in un siero di nostro interesse la presenza dell’anticorpo diretto nei suoi confronti. 
Quando si eseguono reazioni sierologiche come vedremo, si è soliti usare delle tecniche semi-quantitative. Il loro scopo è quello di permetterci di titolare una quantità relativa di anticorpi presenti in un siero o di antigene presente in un determinato materiale. Per farlo è buona norma cimentare delle diluizioni progressivamente crescenti del reagente in esame con quantità fisse, costanti, del reagente noto. Un esempio è il titolo anticorpale. Preleviamo il siero del paziente, lo trattiamo adeguatamente a seconda della metodica che andremo ad eseguire, allestiamo varie diluizioni di tale siero (1:100-1:200-1:400 ecc..) e poi andremo a verificare a quale diluizione osserviamo ancora la risposta immunitaria.
 Il titolo anticorpale quindi lo definiremo come l'inverso della più bassa concentrazione (o della più alta diluizione) del siero del paziente che mantiene ancora attività rilevabile nei confronti di un antigene noto. 
Di reazioni sierologiche ne abbiamo di vari tipi, in questo e in altri post vedremo alcune delle più comuni e famose.
Oggi vediamo brevemente un esempio di reazione sierologica di neutralizzazione.

Gli antigeni possono essere dotati di attività biologica, in alcuni contesti, tali attività biologiche si rendono assolute protagoniste della patologia causata dal patogeno; un esempio è ampiamente rappresentato dalle esotossine batteriche (tossina difterica, tossina tetanica, botulinica, colerica ecc…) o ancora proteine presenti sulla superficie dei virus, come l’emoagglutinina (HA) del virus influenzale, fondamentali nell'interazione e nella penetrazione nelle cellule bersaglio.
Una delle funzioni degli anticorpi è quella di neutralizzare l’attività biologica di queste componenti antigeniche. Possiamo sfruttare in laboratorio questa loro caratteristica funzione.
 “In una reazione di neutralizzazione quindi un siero immune o presunto tale viene cimentato con un antigene dotato di un’attività biologica e nella quale la formazione dell’immunocomplesso può essere individuata, dimostrando l’inattivazione dell’attività biologica dell’antigene.”

Reazione di inibizione dell’emoagglutinazione: alcuni virus sono dotati della multivalente capacità di legarsi ai globuli rossi e causarne l’agglutinazione tramite formazione di ponti tra le diverse emazie che vengono agglutinate tramite una modalità del tutto simile a quella che avviene nelle reazioni di agglutinazioni causate tra anticorpi e antigeni corpuscolati (cellule ad esempio).
Mettendo a contatto un siero immune, o presunto tale nei confronti di tali proteine virali, si può inibire la capacità di quest’ultimi di agglutinare le emazie, dimostrando la presenza degli anticorpi nel siero in esame.

La reazione viene in genere condotta in piastre di materiale plastico in cui ritroviamo dei pozzetti a fondo concavo, anche in questo caso nei diversi pozzetti vengono allestite diluizioni scalari del siero a cui vengono aggiunte quantità standard di antigene.
Si incuba il tutto, sempre alla temperatura e per il tempo necessario a favorire la formazione degli eventuali immunocomplessi, in seguito si aggiunge il sistema rivelatore, rappresentato dalle emazie.


L’inibizione dell’emoagglutinazione è facilmente rilevabile in quanto le emazie che subiscono l’agglutinazione, sedimentano ricoprendo tutta la base del pozzetto, mentre i globuli rossi non agglutinati sedimentano formando un piccolo puntino rosso al fondo del pozzetto.
Nell’immagine a lato possiamo vederne un esempio, abbiamo il siero di vari pazienti (dall’1 all’8).

Partendo da sinistra a destra, abbiamo le varie diluizioni, nelle ultime due file abbiamo pozzetti che indicano positività (Pos) e negatività (Neg) alla reazione di neutralizzazione in questione, in questi pozzetti sono stati aggiunti le varie componenti.
Nella fila di pozzetti positivi abbiamo aggiunto solo eritrociti, mentre nei pozzetti negativi abbiamo aggiunto sia eritrociti che antigeni emoagglutinanti.

Quindi ricordandoci la definizione di titolo anticorpale e applichiamola all'esempio mostrato, più alta è la diluizione del siero in cui verifichiamo l’attività di neutralizzazione dell’antigene, maggiore è la loro concentrazione, quindi maggiore la risposta immunitaria nei confronti dell’antigene.

La neutralizzazione (TAS: titolo anti-streptolisinico): un altro esempio di reazione sierologica di neutralizzazione è rappresentata dall’inibizione della tossina streptolisina prodotta dallo streptococco beta emolitico di gruppo A. La streptolisina ha la capacità di lisare gli eritrociti. Si preleva il siero del paziente, si inattiva il complemento. Vengono effettuate sempre diluizioni scalari del siero a cui viene aggiunta una quantità standard di antigene. Si attende sempre il tempo necessario a far avvenire la formazione dell’immunocomplesso per poi aggiungere un sistema rivelatore degli eritrociti. Se vi sono anticorpi nel siero questi interagendo con l’antigene inibiranno la sua funzione, e il sistema rivelatore non sarà lisato, altrimenti al contrario noteremo la lisi, segno che nel siero non vi erano anticorpi diretti contro l'antigene.
Come mostrato nell’immagine a lato, si scomplementa il siero del paziente, in questo modo evitiamo che il complemento interferisca, si eseguono diluizioni partendo da 1/100, si aggiunge la quantità fissa di antigene (1u streptolisina nell’esempio) si attende il tempo necessario affinché avvenga la reazione, si aggiunge la sospensione di eritrociti di coniglio, il nostro sistema rivelatore e si attende anche in questo caso il tempo necessario. In questo caso il titolo anticorpale è a 1/400. Il risultato lo possiamo esprimere in termini di diluizione (1/400) oppure in termini di unità streptolisinica. Se indichiamo come 1 unità streptolisinica la quantità minima di streptolisina ancora in grado di causare lisi, nella diluizione 1/400 abbiamo almeno 1 unità antistreptolisinica, quindi significa che nel siero originale vi erano almeno 400 unità antistreptolisiniche. 

venerdì 1 maggio 2020

COVID-19: futuri aspetti da tenere in considerazione e approfondire ulteriormente



La rapida e improvvisa diffusione del COVID-19 causata dal virus SARS-CoV-2, iniziata a fine Dicembre 2019 ha colto di sorpresa il mondo intero. La sua diffusione è stata rapida causando una pandemia di cui ora molti stati, stanno pagando un caro prezzo sia in vite umane che economiche. Tutto ciò come prevedibile, avrà sicuramente ripercussioni future per tutti i mesi a venire.
Fin da subito il nuovo patogeno è stato oggetto di studi da parte di ricercatori di tutto il mondo, ma molti interrogativi dovranno necessariamente trovare una completa risposta in futuro.
 La patologia si è mostrata fin da subito molto contagiosa, tanto da spingere le autorità cinesi fin dai primi momenti, ad applicare delle rigidissime misure di contenimento che sembrano aver avuto successo nel fermare la catena di trasmissione della patologia. Azioni che sono state prese in considerazione e applicate anche in Italia e non solo; tutti stiamo ancora vivendo su di noi la quarantena. A breve partirà, almeno così sembra la fase 2, volta a riaprire gradualmente le attività econimiche del paese e permettere lentamente alle persone di fare un piccolo passo in avanti verso la normalità, con tutte le limitazioni del caso, dovute al fatto che il virus putroppo ci farà compagnia ancora per un po'.

Il patogeno, diciamocela tutta, lo conosciamo da pochi mesi, ci sono domande che lentamente troveranno risposta nei mesi a venire.

1) Sappiamo che tra gli infetti ci sono persone asintomatiche che possono trasmettere il patogeno agli individui suscettibili, ma sarà fondamentale comprendere e quantificare quanto siano importanti nella trasmissione della patologia rispetto agli infetti sintomatici e se l'aumento del numero degli infetti, come si è continuato a verificare in Cina in un primo periodo anche dopo la messa in atto degli obblighi di quarantena, sia stato dovuto principalmente ad un gran numero di individui infetti prima del blocco e/o al fallimento nella prevenzione della diffusa trasmissione intra-familiare, nosocomiale o comunitaria. Comprendere se il numero reale di persone asintomatiche è sottovalutato oppure no.
Comprendere quanto grande sia l'impatto nella diffusione del virus da parte degli individui asintomatici e presintomatici, riuscire a quantificare tale impatto sarà di fondamentale importanza nel controllo delle infezioni e nei piani di prevenzione da mettere in atto in futuro. Infatti una delle principali avversità incontrate durante questa pandemia è la difficoltà con cui individuare persone con sintomatologie lievi e non specifiche, le quali di conseguenza non possono essere messe in quarantena, con tutte le conseguenze del caso. Infatti sembra che l'assenza di sintomatologia febbrile in individui ammalati di COVID-19 sia più frequente (12,1%) di quanto riscontrato in individui affetti da SARS (1%) e da MERS (2%).

2)Oltre al rilevamento dell'RNA virale, la misurazione degli anticorpi IgM e IgG e degli antigeni sarà molto utile in futuro. Ma per individuare gli individui che sono entrati in contatto con il patogeno senza mostrarne i sintomi e tutti coloro che l'hanno subito in maniera blanda e sono passati inosservati, richiederà degli sforzi notevoli per campionarli e avere attraverso dalle analisi un quadro esaustivo e generale. Gli studi epidemiologici, i campionamenti rappresentativi delle popolazioni colpite saranno fondamentali per permettere l'avvio di adeguati piani di prevenzione in questo periodo e di quella che viene chiamata prevenzione secondaria (screening di massa ecc...) volti ad individuare precocemente i casi di patologia per curarli e isolarli, evitando che la patologia si diffonda ulteriormente nella popolazione. 

3) Le poche e immediate modalità di azione per cercare di minimizzare la diffusione e intercettare persone probabilmente infette hanno visto la misurazione della temperatura alle persone, ma l'efficacia di questa metodica di rilevamento come metodo di sorveglianza non può essere considerato assoluto e dovrà essere rivisto e/o affiancato da altre metodiche. In base ai precedenti studi sul virus dell'influenza e i coronavirus umani, sembra che le cariche virali nei portatori asintomatici siano relativamente basse e anche questo dovrà essere accertato con assoluta chiarezza. Bisogna cercare di quantificare quindi il rischio di trasmissione dagli asintomatici nel caso del SARS-CoV-2. 
Ecco quindi l'importanza anche nel comprendere tutta la storia naturale dell'infezione da SARS-Cov-2, da dove è partita e come si è diffusa, cercare di individuare gli asintomatici, quantificare le cariche virali, i titoli anticorpali, quanti individui hanno sintomatologia nei giorni successivi all'entrata in contatto con il patogeno, con che frequenza possono effettivamente trasmettere ad altri individui la patologia.  Identificare ad esempio una coorte di portatori asintomatici e riuscire a carpire in che misura trasmettano l'agente patogeno, le loro cariche virali, osservare quanti di queste persone possano poi presentare eventualmente sintomatologie anche lievi. Quantificare attraverso adeguate metodiche sierologiche i loro titoli anticorpali nel corso del tempo, fornirà indizi su quanti soggetti hanno sintomi in una fase successiva, se lo spargimento del virus da tali soggetti è effettivamente meno robusto e con quale frequenza potrebbero trasmettere SARS-CoV-2 ad individui suscettibili. 

4) Altro interrogativo a cui dare risposta è la trasmissione mediante circuitazione oro-fecale o altre modalità di trasmissione. Oltre alla trasmissione attraverso le goccioline di Pflugge e contatto indiretto con superfici contaminate e/o secrezioni degli individui infetti, in alcune circostanze è stato rilevato il patogeno anche nelle feci.  Si è rivelato che la trasmissione oro-fecale nel virus della SARS ha invece un certo rilievo. Bisogna comprendere quanto sia rilevante e se lo sia anche nel caso del SARS-CoV-2. Nei campioni fecali di individui affetti da COVID-19 è stata rilevata la presenza di SARS-CoV-2, anche se per ora sembra che la trasmissione per tale via sia relativamente bassa. Nonostante ciò dovrà essere approfondita tale questione e di conseguenza la possibilità di trasmissione del virus tramite fognature, acqua contaminata, trasmissione per via aerea. Anche se bisogna sottolineare che molti studi per ora sembrano, fortunatamente bisogna aggiungere, escludere quest'ultima modalità di trasmissione del patogeno. Ricordiamoci di fare attenzione ai termini, trasmissione aerea con areosoli (droplet nuclei) inferiori a 5 micrometri, è diversa da quanto rilevato con trasmissione tramite goccioline di saliva. Nel primo caso il patogeno potrebbe permanere nell'aria a lungo ed essere trasmesso a distanze considerevoli, cosa che non si verifica con le goccioline del pflugge di dimensioni  maggiori. Più studi verranno fatti, maggiori saranno le certezze che avremo a riguardo. 

5) Altro quesito riguarda la diagnosi. Il rilevamento dell'RNA del virus basato sulla metodica di laboratorio nota come RT-PCR da campioni oro-faringei fornisce l'unico test diagnostico specifico nella fase iniziale dell'epidemia. Però è una tecnica che presenta degli svantaggi, può essere utilizzata solo da personale altamente specializzato, richiede del tempo per dare una diagnosi attendibile e questo può influire molto per la gestione dei contagiati e di conseguenza nel fornire in tempo reale informazioni precise sull'andamento della patologia. 
Recentemente sono stati elaborati kit ELISA, metodica sierologia immunoenzimatica per la rivelazione di anticorpi IgM e IgG diretti contro le compoenti antigeniche del virus. Ciò ha reso possibile la diagnosi specifica di infezione in corso e passata. In particolar modo rilevare la sieroconversione di anticorpi IgM che si verifica normalmente pochi giorni dopo l'infezione prima della presenza di IgG. L'utilizzo di questa tecnica o di altre reazioni sierologiche, fornirebbe un altro test altamente complementare al rilevamento dell'RNA virale. 

6) Le modalità di trattamento di COVID-19 e le opzioni di trattamento da rendere disponibili. 
La mortalità estremamente elevata a Wuhan potrebbe essere spiegata dal collasso degli ospedali, dovuto ad un grande numero di pazienti non diagnosticati, alla mancanza di un trattamento non ottimale o da una combinazione di tutti questi fattori. Sono in corso alcune sperimentazioni a carico di alcuni farmaci ma tecnicamente non abbiamo ancora a disposizione farmaci contro il SARS-CoV-2. Non dobbiamo dimenticare che al momento non esiste nessun farmaco che abbia come indicazione terapeutica la capacità di prevenire o trattare il COVID-19.
Tuttavia, in considerazione della situazione di emergenza, i medici possono valutare l’utilizzo di alcuni medicinali utilizzati per il trattamento di altre malattie. Inoltre, al fine di favorire lo sviluppo di nuovi farmaci l’AIFA sta semplificando e accelerando le procedure di sperimentazione clinica, e ad oggi sono stati autorizzati alcuni studi con l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza di diverse molecole. Tra i farmaci in sperimentazione contro il COVID-19 abbiamo il redmesivir per citarne uno. Come analogo nucleotidico, il remdesivir ha dimostrato di essere efficace nel prevenire la replicazione di MERS-CoV nelle scimmie. La gravità della malattia, la replicazione virale e il danno polmonare erano ridotti quando il farmaco veniva somministrato prima o dopo l'infezione con MERS-CoV.

 Altri agenti antivirali degni di ulteriori indagini cliniche includono ribavirina, inibitori della proteasi lopinavir e ritonavir, interferone α2b, interferone β, clorochina fosfato e Arbidol. Tuttavia, dovremmo anche tenere presente gli effetti collaterali di questi agenti antivirali e solo gli studi, i test, potranno dirci la verità sulla loro efficacia nei confronti della nuova patologia. 

7) Ancora è se riusciremo ad ottenere entro un breve lasso di tempo vaccini adeguati a contrastare la patologia. I vaccini inattivati ​​sono un'opzione praticabile per il SARS-CoV-2. La probabilità che COVID-19 diventi endemica in alcune aree deve essere presa fortemente in considerazione, tra l'altro una pandemia mondiale può durare molto a lungo, la possibilità di avere uno o più vaccini efficaci sarà di fondamentale importanza per potersi liberare del patogeno. Come abbiamo potuto osservare la possibilità di scatenare una pandemia è diventata sempre più reale proprio a causa della sua elevata trasmissibilità, della diffusione del virus da parte degli asintomatici, dei presintomatici, dall'elevato numero di pazienti presentanti sintomi lievi.
Pertanto, lo sviluppo del vaccino diventa necessario per la prevenzione e l'eradicazione definitiva del SARS-CoV-2. I vaccini inattivati ​​ potrebbero essere facilmente prodotti e sviluppati rapidamente se si individuano gli antigeni fondamentali. In questo approccio, i virioni del SARS-CoV-2 possono essere inattivati ​​chimicamente e / o fisicamente per provocare l'organismo a produrre quel parco di anticorpi neutralizzanti il patogeno. Ma anche in questo caso, come per i farmaci ci vorrà il tempo giusto per effettuare i test. 

8) Le origini di SARS-CoV-2 e la relativa malattia COVID-19. Per farla breve, sono stati identificati due virus parentali di SARS-CoV-2. Un virus è un coronavirus dei pipistrelli RaTG13 trovato nella specie Rhinolophus affinis, presente nella provincia di Yunnan e sembra mostrare a livello di sequenza genomica complessiva un 96,2% di identità con il SARS-CoV-2.
Tuttavia, dobbiamo considerare che l'RaTG13 potrebbe non essere l'immediato antenato del SARS-CoV-2 perché non si prevede che utilizzi lo stesso recettore ACE-2 utilizzato dal SARS-CoV-2, infatti è stata osservata una divergenza nella sequenza amminoacidica e quindi di struttura e funzionalità nel dominio proteico di legame con il recettore,  condivide un'identità dell'89% nella sequenza amminoacidica con quella del SARS-CoV-2. Il secondo è un gruppo di betacoronavirus trovati nei pangolini, piccoli mammiferi in via dì estinzione, le loro carni sono spesso consumate in alcune regioni del sud della Cina. Questi virus mostrano un'identità con il genoma del SARS-CoV-2 del 90% circa nella sequenza nucleotidica complessiva. Nonostante nei domini proteici coinvolti nel legame con il recettore ACE-2, sembrano mostrare un'identità del 97,4% nella sequenza aminoacidica con quella di SARS-CoV-2.
Nonostante quindi siano strettamente correlati sia al SARS-CoV-2 che al RaTG13, non sembra scontato il fatto che siano "immediati antenati" del SARS-CoV-2. Bisognerà chiarire con certezza anche qual è il ruolo di alcune specie animali nell'essere serbatoio ambientale del patogeno e quali siano stati ospiti intermedi del patogeno.

9) I tamponi, bisogna campionare adeguatamente la popolazione, se non si riesce a comprendere in che modo il patogeno sia penetrato adeguatamente nella popolazione, non si riuscirà mai ad imbastire un adeguato piano di prevenzione da mettere in atto per permettere alle persone di tornare ad una parvenza di vita normale in attesa di un vaccino.

Fonti:

1) Wu JT, Leung K, Leung GM. Nowcasting and forecasting the potential domestic and international spread of the 2019-nCoV outbreak originating in Wuhan, China: a modelling study. Lancet. 2020;395(10225):689–697. doi: 10.1016/S0140-6736(20)30260-9

2) Chan JFW, Yuan S, Kok KH, To KKW, Chu H, Yang J, Xing F, Liu J, Yip CCY, Poon RWS, Tsoi HW, Lo SKF, Chan KH, Poon VKM, Chan WM, Ip JD, Cai JP, Cheng VCC, Chen H, Hui CKM, Yuen KY. A familial cluster of pneumonia associated with the 2019 novel coronavirus indicating person-to-person transmission: a study of a family cluster. Lancet. 2020;395(10223):514–523. doi: 10.1016/S0140-6736(20)30154-9.

3) Bai Y, Yao L, Wei T, Tian F, Jin DY, Chen L, Wang M. Presumed asymptomatic carrier transmission of COVID-19. JAMA. 2020 doi: 10.1001/jama.2020.1585

4)  The Novel Coronavirus Pneumonia Emergency Response Epidemiology Team Vital surveillances: the epidemiological characteristics of an outbreak of 2019 novel coronavirus diseases (COVID-19)—China. China CDC Weekly. 2020;2(8):113–122

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5) Clinical Characteristics of 138 Hospitalized Patients With 2019 Novel Coronavirus-Infected Pneumonia in Wuhan, China.
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6) 10. de Wit E, Feldmann F, Cronin J, Jordan R, Okumura A, Thomas T, Scott D, Cihlar T, Feldmann H. Prophylactic and therapeutic remdesivir (GS-5734) treatment in the rhesus macaque model of MERS-CoV infection. PNAS. 2020 doi: 10.1073/pnas.1922083117. 

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8)  Lam TTY, Shum MHH, Zhu HC, Tong YG, Ni XB, Liao YS, Wei W, Cheung WYM, Li WJ, Li LF, Leung GM, Holmes EC, Hu YL, Guan Y. Identification of 2019-nCoV related coronaviruses in Malayan pangolins in southern China. BioRxiv. 2020 doi: 10.1101/2020.02.13.945485