sabato 13 novembre 2010

NEURAMINIDASI


Il virus dell'influenza è in continua evoluzione, ogni anno sentiamo parlare di nuovi ceppi, in realtà ogni dieci anni circa, un nuovo ceppo pericoloso appare e costituisce una minaccia per la salute pubblica. L'anno scorso, c'è stato un focolaio di un nuovo ceppo di virus influenzale, l'H1N1, più comunemente noto come virus dell'influenza suina. La denominazione H1N1 si riferisce a due tipi di molecole che ricoprono la superficie del virus: emoagglutinina e neuroaminidasi. Insieme, queste due molecole determino l'infettività del virus. L'emoagglutinina svolge un ruolo determinante quando il virus si avvicina alla cellula legandosi alle catene di polisaccaride sulla superficie cellulare e poi iniettando il DNA virale nella cellula.
La neuraminidasi, d'altra parte, entra in gioco quando il virus abbandona la cellula infettata. Assicura che il virus non resti legato ai polisaccaridi della superficie tagliando le loro catene.

Tagliare gli zuccheri
La neuraminidasi, mostrata qui in alto dal file PDB 1nn2, è formata da quattro subunità identiche disposte a quadrato. Normalmente è legata alla superficie del virus con un lungo braccio proteico, non mostrato. I siti attivi si trovano in profondi avvallamenti della superficie in alto, si legano alle catene di polisaccaridi cellulari e ne tagliano gli zuccheri terminali. La superficie della neuraminidasi ha legate alcune catene di polisaccaridi che, nella struttura in alto, si vedono estendersi verso l'alto e verso il basso e sono simili alle catene di polisaccaridi presenti sulle proteine di superficie delle nostre cellule.

Maiali e persone
Come l'emoagglutinina, anche nel caso della neuraminidasi esistono vari sittotipi noti come N1-N9. Questi sottotipi vengono definiti in base alla loro interazione con gli anticorpi: tutte le varianti di uno stesso sottotipo vengono neutralizzati dallo stesso tipo di anticorpi. Questi sottotipi sono una delle cause della continua aggressività dell'influenza. Alcuni sottotipi possono infettare le persone, altri infettano gli uccelli ed altri ancora possono attaccano i maiali o altri tipi di mammiferi. Quando virus diversi infettano uno stesso organismo, i vari sottotipi si possono mescolare e combinare tra loro in modo diverso dando luogo a nuove combinazioni casuali che occasionalmente si possono rivelare particolarmente pericolose o addirittura mortali; portando quindi alla formazione di nuovi ceppi.

Combattere l'influenza
Due sono i farmaci più efficaci attualmente in uso per combattere l'influenza: zanamivir (Relenza) e oseltamivir (Tamiflu). Questi farmaci sono stati scoperti usando strutture cristalline prese dagli archivi PDB. Studiando il legame di varie molecole con il sito attivo della neuraminidasi, i ricercatori sono riusciti a progettare nuovi farmaci che imitano i substrati naturali dell'enzima. Queste molecole si legano fortemente nel sito attivo e ne bloccano l'azione che è indispensabile per il rilascio del virus dalla membrana cellulare.
Qui sono mostrate due strutture di questi farmaci.
Al centro, file PDB 3b7e, è mostrato zanamivir (blu) legato alla neuraminidasi del virus dell'influenza spagnola che ha causato una pandemia nel 1918.
In basso, file PDB 2hu4, è mostrato oseltamivir (blu) legato alla neuraminidasi del virus dell'influenza aviaria.

Anticorpi e vaccini
Quando ci ammaliamo d'influenza, il nostro sistema immunitario produce anticorpi per combattere il virus.
Un vaccino antiinfluenzale può preparare il sistema immunitario per questa azione protettiva mettendolo a contatto con virus indeboliti o con frammenti innocui del virus. In questo modo il vaccino permette al sistema immunitario di produrre i giusti anticorpi prima che si verifichi l'infezione vera e propria.
Gli anticorpi riconoscono le proteine sulla superficie del virus.
Gli anticorpi più efficaci sono quelli che attaccano l'emoagglutinina e così bloccano l'infezione di nuove cellule.
Gli anticorpi contro la neuraminidasi, come quelli mostrati qui in blu, l'immagine proviene dal file PDB 1nca, possono rendere l'influenza più leggera e così anche loro aiutano a combattere il virus.

Esplorando la Struttura
Per progettare un farmaco in grado di curare le persone bisogna prestare grande attenzione.
I farmaci devono essere diversi dal substrato naturale dell'enzima così che l'enzima non possa catalizzare la reazione per distruggerli.
Nello stesso tempo i farmaci devono essere molto simili al naturale substrato dell'enzima in modo da legarsi fortemente al sito attivo per bloccarlo. E' anche molto importante che i farmaci siano simili ai substrati naturali per evitare la resistenza ai farmaci.
Un esempio di questo problema è illustrato nelle tre figure qui sotto
La prima figura mostra la neuraminidasi legata all'acido sialico nel suo sito attivo, file PDB 2bat. Questa figura mostra la normale interazione dell'enzima con un polisaccaride, il suo substrato naturale.
La seconda figura mostra il legame con oseltamivir, uno dei farmaci usati per combattere l'influenza, file PDB 2hu4. Notate che questo è simile, ma non identico all'acido sialico. E' leggermente più grande e costringe un acido glutammico (rosa) a piegarsi un po' verso l'istidina sopra di lui (anche questa rosa).
La terza figura mostra una variante dell'enzima che ha sviluppato farmacoresistenza, file PDB 3cl0. In questo enzima mutante, l'istidina è stata sostituita da una tirosina (Tyr274 rosa) che, essendo più grande, spinge l'acido glutammico in basso verso il farmaco. Oseltamivir può ancora legarsi, ma in modo meno forte a causa dell'interferenza con l'acido glutammico (rosa) e quindi può essere scalzato via dal polisaccaride, il substrato naturale. Il farmaco risulta quindi inefficace per combattere il virus mutante. In ogni caso vi è ancora spazio sufficiente per legare l'acido sialico e quindi l'enzima mutante funziona ancora per svolgere la sua normale azione di rilascio del virus.

Fonti: PDB

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