giovedì 11 novembre 2010

EMOAGGLUTININA


L'influenza è causata da un virus fornito di un rivestimento membranoso, con un genoma costituito da RNA stampo a singolo filamento. Di viru dell'influenza ne esistono tre tipi principali, denominati A,B,C. La differenza principale risiede nelle proteine del nucleocapside.Le caratteistiche principali del capside sono conferit da due proteine che si trovano nei prolungamenti proteici noti come spike. Una è denominata emoagglutinina, l'altro neuraminidasi. La prima rappresenta anche la proteina rincpale presente sulla superficie del virus, è anche il principale sito di aacco da parte degli anticorpi. Inoltre è anche la proteina che mostra maggiore deriva genetica, ed è proprio essa la causa principale del continuo sviluppo di nuovi ceppi, per questo ogni anno ci ritroviamo con nuovi vaccini.
 Il virus dell'influenza è un nemico pericoloso. Normalmente il sistema immunitario combatte le infezioni virali uccidendo i virus e provocando per alcuni giorni i fastidiosi sintomi dell'influenza. Ogni anno i vaccini antiinfluenzali attivano il nostro sistema immunitario per metterlo in grado di combattere i più comuni virus influenzali. All'incirca ogni vent'anni, compare un nuovo ceppo influenzale che si rivela molto più virulento di quelli stagionali e che quindi si diffonde con grande rapidità. Questo è accaduto, per esempio, alla fine della prima guerra mondiale provocando una pandemia (nota come Spagnola) che ha ucciso più di 20 milioni di persone, più del doppio delle persone che erano morte in guerra.
Agganciare il bersaglio ed attaccare
L'emoagglutinina è uno dei fattori che rendono il virus dell'influenza così efficiente. E' una proteina a forma di punta che si estende fuori dalla superficie del virus. Nella forma attiva mostrata qui, file PDB 1ruz, l'emoagglutinina è composta da due diversi tipi di catene mostrate in blu e beige. Le catene blu costituiscono il meccanismo di aggancio del bersaglio: cercano particolari catene di zuccheri sulla superficie delle cellule. Quando le trovano, l'emoagglutinina vi si lega, agganciando così il virus alla cellula, poi le catene beige iniziano l'attacco, come è mostrato nella prossima pagina.
Il nome emoagglutinina si riferisce all'abilità del virus dell'influenza di far agglutinare i globuli rossi: il virus è coperto di molte molecole di emoagglutinina che possono legare molti globuli rossi creando un grumo così grande da essere visibile.

Sottotipi nascosti
La specificità e quindi la pericolosità di ogni ceppo di virus influenzale dipende dal tipo particolare di emoagglutinine che possiede. Si conoscono più di una dozzina di sottotipi di emoagglutinine. Tre di queste, chiamate H1, H2 e H3 (H è l'iniziale del nome inglese Hemagglutinin), attaccano l'uomo perchè sono in grado di riconoscere alcuni particolari zuccheri sulla superficie delle cellule del nostro tratto respiratorio, è per questo che l'infezione comincia lì quando prendiamo l'influenza.
Altri sottotipi, come H5, attaccano glicoproteine presenti nel sistema digerente degli uccelli. La maggior parte di questi sottotipi non è pericolosa per l'uomo e non minaccia nemmeno la vita degli uccelli e quindi costituisce una specie di riserva nascosta di virus. Un pericolo potenziale, però, può venire dallo scambio di geni tra ceppi diversi.

Il virus H5N1 dell'influenza aviaria che è venuto alla ribalta della cronaca in questo periodo, sta decimando la popolazione degli uccelli, ma non costituisce al momento un vero pericolo per l'uomo perchè non possiede la giusta emoagglutinina per attaccare le cellule umane. (La sigla N1 si riferisce ad un sottotipo di una seconda proteina virale di superficie: la neuraminidasi che il virus usa per staccarsi dalla cellula infettata e propagare l'infezione). Esiste, però, la possibilità che il virus possa acquisire una emoagglutinina specifica per l'uomo e che quindi ci possa causare dei veri problemi. Questo potrebbe avvenire, per esempio, attraverso i maiali. Questi, infatti, sono suscettibili sia ai virus aviari che a quelli umani. Se uno stesso maiale venisse infettato contemporaneamente da entrambi i tipi di virus, questi potrebbero scambiarsi i geni durante l'infezione. In questo modo si potrebbe creare un nuovo virus con la virulenza dei virus aviari e in più con l'abilità di attaccare le cellule umane.

Agente letale
L'emoagglutinina mostrata qui è stata ricavata dal virus responsabile della pandemia che ha ucciso così tante persone nel 1918, la Spagnola. Il DNA che codifica per questa emoagglutinina è stato isolato da campioni conservati e l'emoagglutinina è stata sintetizzata in laboratorio in accordo con queste informazioni genetiche. Si sono ottenute due strutture cristalline, la forma attiva mostrata qui (file PDB 1ruz), e un precursore dell'emoagglutinina, non mostrato (file PDB 1rd8).
La proteina è fissata alla membrana virale da un corto filamento proteico che non si può vedere nella struttura cristallina e che qui è rappresentato in modo schematico dai segmenti beige in basso.

Emoagglutinina in azione
L'emoagglutinina é una spietata macchina molecolare che aggancia e uccide le cellule. Questo processo si realizza in più passaggi.
Nel primo, i tre siti di legame sulla cima della proteina si legano agli zuccheri di alcune glicoproteine della membrana cellulare mostrate in verde in alto a sinistra nella figura (file PDB 1hge).
Nel secondo passaggio il virus entra nella cellula per endocitosi, cioè la cellula ospite forma un endosoma, un'invaginazione della membrana cellulare, nel quale cerca di digerire il virus creando un ambiente acido. Il virus però resiste a questo attacco, anzi l'ambiente acido gli serve per innescare il suo meccanismo di contrattacco alla cellula. Grazie all'ambiente acido, l'emoagglutinina si apre e si ripiega assumendo una struttura del tutto diversa. Le porzioni arancioni e rosse di solito sono ripiegate all'interno della proteina, ma in ambiente acido si portano all'esterno come mostrato nell'immagine centrale della figura qui sopra (file PDB 1htm, 1ibn, 2vir). La porzione rossa è chiamata peptide di fusione, ha una grande affinità per le membrane, così si inserisce nella membrana cellulare e vi aggancia saldamente il virus.
Nel terzo passaggio, come si vede nella parte destra della figura (fike PDB 1qu1), le porzioni gialle si avvolgono su quelle arancioni e questo fa contrarre la proteina e costringe le due membrane ad avvicinarsi fino quasi a toccasi una con l'altra. Infine la due membrane si fondono e l'RNA virale entra nella cellula cominciando il processo di infezione.


Gli anticorpi (mol del mese sett 2001, feb 2005, mar 2005) sono la nostra prima linea di difesa contro il virus dell'influenza. Il file PDB 1qfu mostra come un anticorpo attacca l'emoagglutinina bloccandola in modo che non possa più legarsi alla superficie delle cellule.
La struttura comprende l'emoagglutinina, mostrata in blu e giallo, e tre copie del frammento Fab dell'anticorpo (i tre frammenti magenta che ingabbiano l'emoagglutinina).
Naturalmente i virus sviluppano delle strategie per sfuggire all'attacco degli anticorpi e così nascono ogni anno nuovi ceppi virali ancora in grado di infettarci. Una delle strategie consiste nel cambiare la disposizione dei carboidrati sulla superficie dell'emoagglutinina. Questi carboidrati sono mostrati in verde nella figura. Se il virus aggiunge un nuovo carboidrato proprio nel punto dove l'anticorpo si legava, impedirà nel futuro a quell'anticorpo di legarsi e lo avrà reso inefficace.

Fonti: PDB

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