sabato 22 maggio 2010

ONCOLOGIA MOLECOLARE I PARTE: eziologia e patogenesi del tumore.

Con questo articolo, voglio cominciare con voi un viaggio che ci porterà a scoprire aspetti generali sulla nascita e sullo sviluppo del tumore, acerrimo nemico della vita umana. Generalmente, il tumore deriva da alterazioni e mutazioni del DNA come vedremo in seguito.

Il termine neoplasia significa letteralmente nuova crescita incontrollata diversa da quella normale. L’oncologia (e, in particolare l’oncologia molecolare) è lo studio dei tumori e delle neoplasie.
Entrando nel vivo della questione, c’è da dire che i tumori sono caratterizzati da due caratteristiche comuni, ossia: il parenchima,costituito da cellule neoplastiche e trasformate, lo stroma di sostegno, costituito da tessuto connettivo e vasi sangugni. Inoltre, proprio sulla base di quest’ultimo elemento, c’è da dire che il tumore stimola l’angiogenesi (ossia la proliferazione di cellule endoteliali e la successiva formazione di capillari sanguigni) per garantire un’adeguato apporto di ossigeno, glucosio e altri nutrienti alle cellule tumorali. Nel caso della desmoplasia, le cellule parenchimali stimolano la produzione di abbondante collagene.
In tumori possono essere suddivisi in due grosse categorie, ossia: i tumori benigni e i tumori maligni (o cancri).
I tumori benigni sono rimovibili e, solitamente non compromettono la vita del paziente, ma può diventare maligno con l’accumulo delle mutazioni. Per la loro nomenclatura, si aggiunge il suffisso –oma al tipo di cellula dal quale si origina il tumore, ossia:
FIBROMA: tumore benigno che ha origine nei fibroblasti (ossia cellule secernenti proteine della matrice);
OSTEOMI: tumore degli osteoblasti (a livello del tessuto osseo)
ADENOMA: termine utilizzato per indicare una neoplasia benigna epiteliale con un aspetto ghiandolare, ma anche tumori benigni derivati da ghiandole ma che non necessariamente presentano aspetto ghiandolare;
PAPILLOMI: neoplasie epiteliali che producono proiezioni della superficie epiteliale simili alle digitazioni o alle verruche;
CISTOADENOMI: neoplasie che producono grosse masse cistiche (per es. , nell’utero)
CISTOADENOMI PAPILLARI: neoplasie con componente papillare che protrude in spazi cistici;
LEIOMIOMA: tumore benigno a carico della muscolatura liscia
POLIPO: neoplasie con proiezione visibile a livello della mucosa. In caso maligno, viene definito carcinoma polipoide.
I tumori maligni sono i veri cancri e derivano da forti anomalie cellulari. Sono caratterizzati dalla capacità di invadere il tessuto connettivo e di metastatizzare a distanza in seguito al fenomeno (che vedremo) della metastasi (che significa letteralmente stare oltre).per la loro nomenclatura si utilizza un metodo simile a quello delle neoplasie benigne, ossia:
SARCOMI: tumori maligni che insorgono in un tessuto mesenchimale. Presentano poco tessuto connettivo stremale e, pertanto, sono carnosi (per es., fibrosarcoma per i fibroblasti, liposarcoma per il tessuto adiposo, leimiosarcoma per il muscolo liscio e rabdomiosarcoma per i tumori del muscolo striato);
CARCINOMI: neoplasie maligne delle cellule di origine epiteliale. I carcinomi possono essere distinti in:
ADENOCARCINOMA: tumore con una crescita microscopica di tipo ghiandolare;
CARCINOMA EPIDERMOIDE O SQUAMOCELLULARE: tumore maligno che dà origine a cellule con un aspetto squamoso a partire da qualsiasi epitelio dell’organismo.

Nelle neoplasie, sia benigne che maligne, le cellule parenchimali sono molto simili tra loro, come se fossero derivate tutte dallo stesso progenitore; in effetti, sembra che la maggior parte delle neoplasie siano monoclinali (ossia determinate da alterazioni di un singolo gene), anche se, in alcuni casi, le cellule originarie possono andare in contro a tumori misti, come, per es., i tumori misti delle ghiandole salivari.
ADENOMA PLEIMORFO o TUMORE MISTO DELLE GHIANDOLE SALIVARI: tumori caratterizzati dalla componente epiteliale dispersa in uno stroma mixoide in cui a volte si ritrovano anche isole di cartilagine e di osso. Si ritiene che questi elementi prendono origine sia dalle cellule epiteliali che da quelle mioepiteliali.
la maggior parte delle neoplasie, sono composte da cellule rappresentative di un solo foglietto embrionale, ad eccezione dei teratomi, i quali sono costituiti da cellule parenchimali di più cellule parenchimali, generalmente di tutti e tre i foglietti.
Il teratoma cistico dell’ovaio si sviluppa prevalentemente lungo le linee ectodermiche dando origine ad un tumore cistico rivestito da cute coperta da peli, ghiandole sebacee e strutture dentarie.
Continuando il nostro discorso sulla biologia della crescita tumorale, occorre dire che lo sviluppo della maggior parte dei tumori maligni può essere divisa in quattro fasi, ossia:
1) Modificazione maligna delle cellule bersaglio, denominata trasformazione;
2) Crescita delle cellule trasformate;
3) Invasione locale;
4) Metastasi a distanza.
Per comprendere meglio lo sviluppo e le caratteristiche morfologiche delle cellule tumorali, dobbiamo introdurre i concetti di anaplasia e differenziazione.
Con il termine differenziazione si indica la misura con cui le cellule neoplastiche sono simili, sia funzionalmente che morfologicamente, alle cellule normali da cui derivano. Per anaplasia, invece, si intende la mancanza di differenziazione. Solitamente, le cellule tumorali benigne sono abbastanza differenziate (ossia simili alle cellule dalle quali si originano), mentre i tumori maligni spaziano da forme ben differenziate a forme indifferenziate o anaplastiche. Un tumore ben differenziato, solitamente, origina da cellule indifferenziate che nel corso della loro proliferazione maturano o si specializzano. Le forme cancerose indifferenziate, invece, derivano dalla proliferazione senza completa differenziazione. Le forme non differenziate, inoltre, sono un segno di cancro (tumore maligno). In base a quanto detto sinora, bisogna dire che le cellule staminali sono cellule non differenziate e, per cui, sono potenzialmente tumorigene e devono essere trattate e utilizzate a scopo terapeutico con molta attenzione.
L’assenza di differenziazione o anaplasia è accompagnata a diverse alterazioni morfologiche, quali:
MITOSI: i tumori indifferenziati sono caratterizzati spesso possiedono un grande numero di mitosi. Tuttavia, bisogna considerare il fatto che un elevato numero di mitosi non necessariamente è segno di tumore maligno, ma potrebbe anche essere semplicemente segno di un tessuto neoplastico. Inoltre, bisogna considerare che molti tessuti normali a rapido turnover, come il midollo osseo, presentano un elevato numero di mitosi pur non essendo neoplastici. Inoltre, in caso di anaplasia compaiono figure mitotiche bizzarre (tripolari, quadripolari e multipolari);
PLEIMORFISMO: le cellule variano di grandezza e forma;
ANOMALIE MORFOLOGICHE NUCLEARI: i nuclei contengono un’elevata quantità di DNA con cromatina principalmente eucromatica (segno di un mancato differenziamento) e assumono una colorazione molto scura (definita ipercromatica). Inoltre, vi sono molti nucleoli e un’alterazione del rapporto nucleo-citoplasmatico (NP) .
DISPLASIA: perdita di uniformità delle singole cellule e perdita del loro orientamento architettonico. È importante sottolineare che la displasia non necessariamente progredisce in cancro.
Si parla di tumore in situ quando le cellule displastiche sono marcate e interessano l’intero spesore dell’epitelio, ma la lesione rimane lì confinata e viene considerata come neoplasia preinvasiva. L’inasività, invece, è una caratteristica del tumore maligno e si definisce invasivo un tumore in grado di attraversare il limite della lamina basale.
Riepilogando brevemente i concetti predetti, occorre dire che tanto più un tumore cresce rapidamente ed è anaplastico, tanto meno probabile è che abbia un’attività specializzata, inoltre, c’è da ricordare ancora una volta che le cellule nei tumori benigni sono quasi sempre ben differenziate e somigliano alla loro controparte di origine; le cellule dei tumori maligni, invece, sono più o meno specializzate ma è sempre presente una certa perdita di differenziazione.
La questione triste è che un tumore, solitamente, mostra dei segni clinicamente evidenti solo dopo alcuni anni dall’inizio della proliferazione cellulare incontrollate. Dunque è molto importante la prevenzione e la diagnosi precoce quando possibile.
La velocità di crescita delle cellule tumorali è influenzata principalmente da tre fattori quali: il pempo di raddoppiamento delle cellule tumorali, la frazione di tali cellule nel pool riproduttivo e la velocità con cui queste cellule sono liberate nella lesione in crescita o lesione.

INVASIONE LOCALE E METASTASI
Quasi tutti i tumori benigni crescono lentamente, formando masse compatte che restano localizzate nella loro sede di origine e non hanno la capacità di infiltrare, invadere e metastatizzare come i tumori maligni. Solitamente, poiché crescono lentamente, sviluppano una capsula fibrosa tramite la quale sono separati dal tessuto di origine.
La crescita dei tumori maligni, invece, è caratterizzata da una progressiva infiltrazione, invasione e distruzione del tessuto circostante. I tumori maligni a espansione lenta possono sviluppare una capsula fibrosa. Oltre che per la capacità di dare metastasi, una caratteristica importante per distinguere i tumori maligni è l’invasività.
La metastasi, la quale significa letteralmente stare al dì là, è la formazione di impianti di tumore lontano dalla dalla zona d’origine. Indica inesorabilmente la malignità del tumore, in quanto le neoplasie maligne, tranne poche eccezioni, come i glomi (neoplasie maligne delle cellule gliali del sistema nervoso centrale) possono metastatizzare. Solitamente, quanto più il tumore primitivo è aggressivo, a rapido accrescimento e di grosse dimensioni, maggiore è la possibilità che metastatizzi o che abbia già metastatizzato. La cosa triste è che circa nel 30% di nuove diagnosi di tumori solidi sono già presenti metastasi e questo è connesso col fatto che presenta sintomi molto tardivamente.
Il tumore può disseminare attraverso tre vie differenti, ossia: disseminazione attraverso le cavità corporee (in particolare la cavità peritoneali, ma anche altre cavità, ovverosia pleurica, pericardica, subaracnoidea e articolare), diffusione linfatica (ossia attraverso i vasi linfatici posti in prossimità dei vasi ematici e un esempio è dato dal tumore della mammella), diffusione ematica (tipica nei sarcomi ma è osservata anche nei carcinomi; ne sono esempi il carcinoma renale e i carcinomi epatocellulari).

Con la speranza di fornire a voi lettori uno strumento informativo chiaro e utile, nella seconda parte di questo lavoro parleremo delle alterazioni genetiche e dell’epidemiologia del tumore.

FRANCESCO FLAVIO.

Ringrazio Francesco per il contributo dato al blog con questo articolo.


BIBLIOGRAFIA:
LELAND H. HARTWELL,GENETICA dalla formale alla gnomica,2004, McGraw-Hill,Milano
SILVERTHORN D. U., Fisiologia, 2007, Casa Editrice Ambrosiana, Milano
ROBBINS L., COTRAN S., Le basi patologiche delle malattie, 2006, Elseiver Italia, Milano
DELLA CORTE F., D’IPPOLITO S., Fondamenti di ematologia umana e comparata,1999,
Liguori Editore, Napoli
Appunti del corso integrato di “Genetica umana e Citogenetica”

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