mercoledì 19 maggio 2010

L'ERITOBLASTOSI FETALE


L’eritroblastosi fetale è una patologia caratterizzata da un accumulo generalizzato di liquidi nel feto durante la crescita intrauterina. Esistono varie cause scatenanti tali patologie, comprendenti quelle immunologiche e quelle non immunologiche, tra cui la più frequente è quella dovuta ad una non istocompatibilità tra l’Rh della madre e del feto.
Occorre, ora, definire brevemente il sistema Rh. Questo sistema fu scoperto nel 1939 quando Lewine osservò che nel siero di una donna che aveva partorito un bambino affetto da anemia emolitica era presente un anticorpo che agglutinava gli eritrociti del proprio bambino, scoprendo la prima immunizzazione materno fetale. Successivamente, i due scienziati Lansteiner e Wiener iniettarono in un coniglio gli eritrociti di Macacus Rhesus ottenendo un anticorpo che agglutinava gli eritrociti di macaco; poiché videro che agglutinava, opportunamente diluito, anche le emazie degli stessi individui sensibili all’anticorpo di Lewin, lo chiamarono antigene Rh (da Rheus). L’antigene viene definito D ed è codificato dal gene D localizzato sul braccio corto del cromosoma 1 ed è presentato dall’85% della popolazione bianca i quali vengono definiti Rh positivi, mentre quelli che non lo posseggono sono Rh negativi. I fenotipi Rh+ ed Rh- sono trasmessi secondo le leggi mendeliane: due genitori Rh+ possono avere un figlio Rh- se essi sono eterozigoti Dd, mentre da due gentori Rh- possono nascere figli Rh-. Dunque, il fenotipo Rh- viene trasmesso in omozigosi recessiva autosomica.
Riprendendo il discorso sull’eritroblastosi fetale, essa viene definita come una malattia emolitica del neonato causata da una non compatibilità tra il gruppo sanguigno della madre con quella del feto. Quando il bambino eredita determinati antigeni degli eritrociti dal padre estranei per la madre, può verificarsi una reazione immune materna contro il feto, portando a malattia emolitica nel lattante. Gli antigeni eritrocitari in grado di indurre una patologia clinicamente rilevante sono, oltre al sistema Rh, quelli del sistemi ABO. Attualmente, la frequenza di questa patologia si è notevolmente ridotta anche grazie alla notevole prevenzione e alle moderne cure che prevedono un’immunizzazione Rh nelle madri a rischio


EZIOLOGIA E PATOGENESI

La base patologica della malattia emolitica del neonato risiede fondamentalmente nell’immunizzazione della madre contro gli antigeni degli eritrociti del feto con il libero passaggio degli anticorpi materni al feto attraverso la placenta. Inoltre, le emazie fetali possono raggiungere la circolazione materna durante l’ultimo trimestre di gravidanza, in quanto non è più presente il citotrofoblasto come barriera. Come abbiamo già detto prima, tra tutti gli antigeni del sistema Rh, la principale causa di incompatibilità Rh è l’antigene D. L’incidenza della malattia è notevolmente diminuita negli ultimi anni grazie a una maggiore prevenzione sulle madri a rischio.
Si può verificare anche un’incompatibilità relativa al sistema ABO, la quale si verifica nel 20-25% delle gravidanze, ma si verifica malattia più raramente rispetto a quella relativa al sistema Rh. Questo si verifica perché gli anticorpi anti-A e anti-B sono prevalentemente IgM, le quali non attraversano la placenta; inoltre, i globuli rossi dei neonati esprimono pochi antigeni A e B e la sindrome emolitica ABO si verifica solo nei lattanti di gruppi A e B che sono nati da madre O. Anche in tal caso, la madre O produce isoemoagglutinine anti-A e anti-B di tipo IgM che non attraversano la placenta. Però, alcune donne di gruppo O possiedono IgG anti-A e/o anti-B; in tal caso potrebbe essere coinvolto il primogenito anche se, fortunatamente la lisi delle emazie nel neonato è minima.
Le conseguenze dell’aumentata emolisi nel neonato sono: anemia, iperbilirubinemia, ittero, alterazione della pressione colloido-osmotica a livello di estremità venosa e arteriosa dei capillari, con alterazione del processi di riassorbimento e filtrazione con formazione di edemi generalizzati e asciti.

ERITROBLASTOSI FETALE NON IMMUNOLOGICA

L’eritroblastosi fetale non immunologia è causata principalmente da: difetti dell’apparato cardiovascolare, anomalie cromosomiche e anemia fetale.
Tra le anomalie cromosomiche più frequenti nell’eritroblastosi fetale, occorre ricordare le trisomie 18 e 21 e la sindrome di Turner (cariotipo 45,X). Inoltre, l’anemia fetale non dovuta a fattori ABO e Rh sfociano nell’eritroblastosi fetale; inoltre, in alcune zone del Sud-Est Asiatico, le α-talassemie omozigoti sono causa di morte intrauterina del feto per eritroblastosi. Inoltre, il virus B19 infetta i precursori eritroidi determinando aplasia midollare e alterando, di conseguenza, la normale fisiopatologia dell’eritrone. Ritornando alle anomalie cardiovascolari, c’è da dire che esse comprendono sia difetti strutturali che funzionali.
Caratteristiche cliniche. I bambini con forme lievi presentano pallore, spesso associato a epatosplenomegalia che può evolvere con un ittero e con una severa anemia emolitica. I neonati più gravi presentano edema generalizzato, segni di danno neurologico, ittero intenso. Per quanto riguarda le misure terapeutiche, esse comprendono la fototerapia ( la luce nello spettro del visibile, ossida la bilirubina tossica in composti innocui rapidamente escreti e idrosolubili) e, nei casi più gravi, continue trasfusioni al bambino.

Questo tipo di problematica stimola sempre di più il mio interesse verso le discipline biologiche, con la speranza che contribuiscano sempre di più a perseverare l’integrità e l’unicità del vivente.

FRANCESCO FLAVIO.


LE MOIGNE A., FOUCRIER J., Biologia dello sviluppo, 2004, EdiSES, Napoli
SILVERTHORN D. U., Fisiologia, 2007, Casa Editrice Ambrosiana, Milano
ROBBINS L., COTRAN S., Le basi patologiche delle malattie, 2006, Elseiver Italia, Milano
DELLA CORTE F., D’IPPOLITO S., Fondamenti di ematologia umana e comparata,1999,
Liguori Editore, Napoli

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