sabato 29 maggio 2010

AIH: INSEMINAZIONE INTRAUTERINA


Mi ripresento con un’altra serie di articoli prettamente scientifici riguardanti i problemi di sterilità e, in particolare, le procedure di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) o Fecondazione Assistita, tema di forti (e talvolta francamente insensate) critiche da parte del mondo ecclesiastico e non.
Attualmente, l’età a cui una coppia decide di avere un figlio è sempre più spostata verso i 30 anni, sia a causa di impegni di studio sia per quanto riguarda il problema della crescente disoccupazione che investe le giovani coppie. Questo comporta una minore efficienza ovocitaria, sia a causa dell’invecchiamento dei follicoli, sia a causa della loro riduzione numerica (fino al loro esaurimento che porta alla menopausa). A questo, si aggiungono sfavorevoli condizioni ambientali quali: inquinamento, stress, assunzione di farmaci, alcool, fumo, droghe. Per cui, quando si sceglie di affrontare un cammino di fecondazione assistita è molto importante considerare la storia dei pazienti, ossia eventuali patologie pregresse, stile di vita, ecc…
Oltre al punto di vista biologico, che è quello che mi interessa più da vicino, c’è da considerare anche il fattore psicologico: ripetuti fallimenti di gravidanza vengono vissuti spesso dalla coppia come un proprio fallimento, in particolare in quelle piccole realtà popolari dove regna l’ignoranza e l’insensibilità verso determinate tematiche.
In questo articolo, affronteremo a grandi linee l’INSEMINAZIONE INTRAUTERINA (AIH), che è la tecnica meno invasiva e considerata di primo livello.
Dunque, l’AIH è la tecnica più semplice, non richiede ospedalizzazione e per la sua realizzazione (per legge regionale) bisogna disporre di: una camera biologica di 12 m2 con cappa flusso laminare, incubatore, microscopio e materiale adeguato per effettuare questa tecnica.
In altri paesi europei, l’inseminazione può essere effettuata anche con seme eterologo (di un donatore selezionato in base a diverse caratteristiche); in Italia, invece, può essere fatta solo con il seme del partner e, per di più, solo in caso di sterilità di coppia (Legge 40).
L’AIH può essere presa in considerazione come valida soluzione in tutte le donne con età inferiore ai 45 anni, in particolare laddove si è convinti che esista un’ostilità da parte del muco cervicale nei confronti degli spermatozoi (come, ad esempio, la produzione di anticorpi anti-spermatozoi oppure una non adeguata conformazione del muco cervicale che, nel periodo ovulatorio, deve presentare cristallizzazione a “falce” e deve essere filante), mentre non è molto indicata nei casi di occlusione tubarica, scarsa qualità ovocitaria, severo danno alle tube, grave sterilità maschile, liquido seminale particolarmente compromesso.
Comunemente, l’AIH viene utilizzata in quei casi di infertilità inspiegata (idiopatica), endometriosi di stadio 1 e 2, disturbi dell’ovulazione e cause di fattore maschile. Come già detto prima, è un trattamento che viene considerato di “primo approccio” e non si dovrebbero superare i 4-6 cicli di trattamento.
La paziente viene stimolata allo scopo di indurre la crescita di più follicoli e, in particolare, viene bloccata la stimolazione dell’ipotalamo sull’ipofisi per la produzione delle gonadotropine FSH e LH, in maniera da azzerarne i livelli endogeni, e successivamente vengono somministrate gonadotropine esogene(ottenute con tecnologia ricombinante) in maniera da bypassare il feedback negativo sull’ipofisi da parte degli ooociti.
In seguito, si va a monitorare la crescita dei follicoli e può essere fatta in due modi, ossia: valutazione ecografica del diametro dei follicoli, sapendo che l’ovulazione avviene intorno ai 20-22 mm; valutazione dei livelli ematici di estradiolo, sapendo che per ogni follicolo abbiamo 130-150 picogrammi/L di estradiolo.
L’AIH deve coincidere con il momento dell’ovulazione, in particolare si controlla la crescita del follicolo tramite ecografia. Quando il follicolo raggiunge un diametro di 18-19mm, si presume che vada incontro ad ovulazione nell’arco delle 36h e si cerca di organizzare l’AIH a cavallo tra il tempo dell’avvenuta ovulazione ad un tempo non oltre le 12h, in quanto dopo questo tempo l’oocita va incontro a invecchiamento e non può essere fecondato.
Il campione di sperma viene prodotto nello studio medico, tramite masturbazione o elettroiaculazione, dopo 2-5 giorni di astinenza sessuale. Dal campione vengono selezionati gli spermatozoi migliori attraverso swim up o gradiente di percoll. Anche in tal caso è importante la storia del paziente prima della raccolta del liquido seminale. Il seme così selezionato viene deposto nell’utero dal ginecologo attraverso un catetere sottile e morbido. In tal caso è importante conoscere la profondità dell’utero (isterometria) sia per impedire di disperdere lo sperma in vagina, sia per impedire sanguinamenti a livello uterino.
Le percentuali di gravidanze ottenute tramite AIH (15-25% di successo) variano molto in relazione all’età della donna, cause di infertilità, al numero di anni di infertilità di coppia e alla qualità e quantità di spermatozoi recuperati.
Utilizzando questa tecnica, la maggior parte delle gravidanze si verifica dopo 3-4 tentativi e si raccomanda di non superare i 6 cicli di trattamento.
La Fecondazione in Vitro (FIVET) è spesso il trattamento che segue in caso di insuccesso della AIH, e, nei casi più estremi, si alla microiniezione intracitoplasmatica (ICSI), ma di queste tecniche ne parleremo nei prossimi articoli.

FRANCESCO FLAVIO.

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