I geni marker sono usati per identificare e/o selezionare specifici organismi, la loro progenie o una parte di una popolazione cellulare tra migliaia di cellule presenti in una coltura. Attraverso il legame fisico del gene di interesse al gene marker, è possibile riconoscere e isolare l’organismo trasformato.
L’uso del gene marker è una pratica comunemente usata in microbiologia da molti anni. Questo concetto è stato esteso, poi, anche all’ingegneria genetica applicata alle piante. Oltre ai geni per la resistenza all’antibiotico, possono essere usati, per la selezione delle cellule vegetali trasformate, i geni per la tolleranza ad erbicidi, i geni che codificano per tratti metabolici e, infine, i geni reporter.
I geni per la resistenza all’antibiotico usati come marker per le piante geneticamente modificate (PGM) sollevano diverse preoccupazioni nel consumatore, in particolare per l’eventuale trasferimento genico orizzontale di questi geni dal materiale vegetale GM ai microrganismi presenti nella microflora del tratto digerente, che indurrebbe in questi ultimi un aumento del livello di resistenza verso tali antibiotici. Ciò potrebbe rappresentare un rischio per la salute umana ed animale, in quanto comprometterebbe il valore terapeutico degli antibiotici nel trattamento di determinate patologie. Questa preoccupazione è alimentata anche dal fatto che l’uso intenso di antibiotici in medicina umana e veterinaria (in questo ultimo caso anche come promotori di crescita) ha già determinato un aumento dell’antibiotico resistenza nella popolazione microbica (van den Eede et al., 2004). Sulla base dell’importanza nell’uso terapeutico dell’antibiotico corrispondente e della diffusione del gene di resistenza all’antibiotico nei batteri del suolo ed in quelli del tratto digerente, è stato possibile suddividere i geni marker in tre gruppi (van den Eede et al., 2004).
I geni per la resistenza all’antibiotico usati come marker per le piante geneticamente modificate (PGM) sollevano diverse preoccupazioni nel consumatore, in particolare per l’eventuale trasferimento genico orizzontale di questi geni dal materiale vegetale GM ai microrganismi presenti nella microflora del tratto digerente, che indurrebbe in questi ultimi un aumento del livello di resistenza verso tali antibiotici. Ciò potrebbe rappresentare un rischio per la salute umana ed animale, in quanto comprometterebbe il valore terapeutico degli antibiotici nel trattamento di determinate patologie. Questa preoccupazione è alimentata anche dal fatto che l’uso intenso di antibiotici in medicina umana e veterinaria (in questo ultimo caso anche come promotori di crescita) ha già determinato un aumento dell’antibiotico resistenza nella popolazione microbica (van den Eede et al., 2004). Sulla base dell’importanza nell’uso terapeutico dell’antibiotico corrispondente e della diffusione del gene di resistenza all’antibiotico nei batteri del suolo ed in quelli del tratto digerente, è stato possibile suddividere i geni marker in tre gruppi (van den Eede et al., 2004).
Gruppo 1
È costituito da geni marker che:
- sono già ampiamente distribuiti nei microrganismi del suolo e del tratto enterico;
- conferiscono resistenza agli antibiotici che hanno nullo o limitato impiego terapeutico in medicina umana e veterinaria.
In altre parole, la presenza di questi geni nel genoma della pianta non comporta alcuna diffusione della resistenza all’antibiotico nell’ambiente.
Il gene htp conferisce resistenza all’igromicina B (Gritz and Davies, 1983), che non viene utilizzata in terapia umana (WHO, 1993) e quindi non è in grado di indurre resistenza crociata con altri antibiotici usati in medicina umana.
Il gene marker più utilizzato è l’nptII (neomicina-fosfotransferasi-II): esso permette alle sole cellule trasformate con successo di sopravvivere in colture contenenti kanamicina e neomicina (Garfinkel et al., 1981; Nap et al., 1992). La kanamicina è raramente usata in medicina umana, poiché esistono in commercio altri aminoglicosidi più potenti; mentre la neomicina è ampiamente usata in medicina umana e veterinaria. È stato inoltre osservato che una mutazione puntiforme nel gene nptII può indurre nelle cellule trasformate anche resistenza all’amikacina (Kocabiyik and Perlin, 1992), anch’esso largamente utilizzato in terapia umana.
Gruppo 2
È costituito da geni che:
- sono ampiamente presenti nei microrganismi;
- conferiscono resistenza agli antibiotici impiegati solo in determinate aree della medicina umana e veterinaria.
Il gene bla (TEM-1), che codifica per l’enzima ß-lattamasi TEM-1, conferisce resistenza all’ampicillina ed è largamente impiegato in biologia molecolare nei vettori di clonaggio. In circa il 19% degli uomini sani è stata rilevata la presenza a livello intestinale di cellule di E. coli in grado di conferire resistenza all’ampicillina (DANMAP,1997), mentre nel tratto intestinale di polli, bovini e maiali esse sono state ritrovate rispettivamente nel 16, 5 e 10% (DANMAP, 2001). In casi isolati, inoltre, la resistenza all’ampicillina nei bovini risultava superiore all’80% (DANMAP, 2001). Questo gene è inoltre ampiamente diffuso in altre specie enterobatteriche, come Haemophilus, Neisseria, Salmonella etc. Il gene bla(TEM-1) ha mostrato solo una bassa attività contro le attuali cefalosporine e può essere inibito dagli inibitori della ß-lattamasi, come l’acido clavulanico o il tazobactam. Nel caso di E. coli, tuttavia, un alto tasso di espressione potrebbe causare resistenza all’amoxillina/tazobactam e ad altre combinazioni di ß-lattami con inibitori della ß-lattamasi.
Il gene aadA (Davies and Smith, 1978; Hollingshead and Vapnek, 1985) codifica per l’aminoglicoside 3’ adenil-transferasi che induce resistenza alla streptomicina e alla spectinomicina, due antibiotici usati solo per particolari patologie in medicina umana (WHO, 1993).
Un altro gene marker del gruppo II è il gene cat che conferisce resistenza al cloramfenicolo (Proctor and Rownd, 1982). Quest’ultimo è usato in medicina umana solo in casi rari in quanto esso può indurre anemia aplastica. Inoltre, il suo impiego per gli animali non è stato autorizzato dalla Comunità Europea. Anche i microrganismi resistenti al cloramfenicolo sono stati ritrovati diffusamente nell’ambiente.
- sono ampiamente presenti nei microrganismi;
- conferiscono resistenza agli antibiotici impiegati solo in determinate aree della medicina umana e veterinaria.
Il gene bla (TEM-1), che codifica per l’enzima ß-lattamasi TEM-1, conferisce resistenza all’ampicillina ed è largamente impiegato in biologia molecolare nei vettori di clonaggio. In circa il 19% degli uomini sani è stata rilevata la presenza a livello intestinale di cellule di E. coli in grado di conferire resistenza all’ampicillina (DANMAP,1997), mentre nel tratto intestinale di polli, bovini e maiali esse sono state ritrovate rispettivamente nel 16, 5 e 10% (DANMAP, 2001). In casi isolati, inoltre, la resistenza all’ampicillina nei bovini risultava superiore all’80% (DANMAP, 2001). Questo gene è inoltre ampiamente diffuso in altre specie enterobatteriche, come Haemophilus, Neisseria, Salmonella etc. Il gene bla(TEM-1) ha mostrato solo una bassa attività contro le attuali cefalosporine e può essere inibito dagli inibitori della ß-lattamasi, come l’acido clavulanico o il tazobactam. Nel caso di E. coli, tuttavia, un alto tasso di espressione potrebbe causare resistenza all’amoxillina/tazobactam e ad altre combinazioni di ß-lattami con inibitori della ß-lattamasi.
Il gene aadA (Davies and Smith, 1978; Hollingshead and Vapnek, 1985) codifica per l’aminoglicoside 3’ adenil-transferasi che induce resistenza alla streptomicina e alla spectinomicina, due antibiotici usati solo per particolari patologie in medicina umana (WHO, 1993).
Un altro gene marker del gruppo II è il gene cat che conferisce resistenza al cloramfenicolo (Proctor and Rownd, 1982). Quest’ultimo è usato in medicina umana solo in casi rari in quanto esso può indurre anemia aplastica. Inoltre, il suo impiego per gli animali non è stato autorizzato dalla Comunità Europea. Anche i microrganismi resistenti al cloramfenicolo sono stati ritrovati diffusamente nell’ambiente.
Gruppo 3
È costituito da geni in grado di indurre resistenza ad antibiotici rilevanti in terapia umana; la loro presenza nel genoma delle piante transgeniche andrebbe evitata come misura preventiva per la salute umana ed animale.
Il gene nptIII conferisce resistenza agli antibiotici kanamicina, neomicina ed amikacina (Pietrzak et al., 1986). Questa ultima è un importante antibiotico di riserva, il cui uso in terapia umana non sarebbe ridotto dall’introduzione nelle piante trasformate con il gene nptIII.
Le tetracicline sono caratterizzate dal loro ampio spettro di azione, e sebbene i geni tet siano diffusi nell’ambiente, esse continuano ad essere ampiamente utilizzate in terapia umana, e in particolare per il controllo di alcune patologie causate da Brucella, Chlamydia, Mycoplasma, Rickettsia, Vibrio, etc. (Bryan, 1984).
Altri geni marker
È costituito da geni in grado di indurre resistenza ad antibiotici rilevanti in terapia umana; la loro presenza nel genoma delle piante transgeniche andrebbe evitata come misura preventiva per la salute umana ed animale.
Il gene nptIII conferisce resistenza agli antibiotici kanamicina, neomicina ed amikacina (Pietrzak et al., 1986). Questa ultima è un importante antibiotico di riserva, il cui uso in terapia umana non sarebbe ridotto dall’introduzione nelle piante trasformate con il gene nptIII.
Le tetracicline sono caratterizzate dal loro ampio spettro di azione, e sebbene i geni tet siano diffusi nell’ambiente, esse continuano ad essere ampiamente utilizzate in terapia umana, e in particolare per il controllo di alcune patologie causate da Brucella, Chlamydia, Mycoplasma, Rickettsia, Vibrio, etc. (Bryan, 1984).
Altri geni marker
Le cellule della pianta GM possono anche essere selezionate in mezzi di coltura contenenti erbicidi quali agenti selettivi (tabella 2). Questi geni spesso hanno un doppio scopo, possono essere usati per la selezione di una cellula vegetale trasformata e per conferire alla pianta resistenza agli erbicidi in campo.
La selezione può essere inoltre effettuata mediante fonti di carbonio metabolizzate unicamente dalle cellule trasformate (tabella 2). Un sistema basato sul gene fosfomannosio isomerasi di E. coli (manA) come gene di selezione ed il mannosio come agente selettivo è stato descritto da Joersbo et al. (1998). Haldrup et al. (1998) descrissero un altro sistema di selezione in cui un gene xilosio isomerasi batterico (xylA) era espresso in 3 specie vegetali, e le cellule trasformate venivano selezionate su un mezzo contenente xilosio. Una recente strategia si basa sull’espressione inducibile del gene isopentil-transferasi (ipt) derivato dal plasmide Ti dell’A. tumefaciens sotto il controllo di un promotore. Questo, aumentando i livelli di citochinine, porta alla produzione di germogli “shooty” o fogliosi a partire da cellule vegetali trasformate in determinate condizioni di coltura (Kunkel et al., 1999).
Inoltre, sono usati nelle piante trasformate, in particolare per lo studio di promotori, sistemi di selezione basati su geni reporter non selettivi (tabella 2), che causano cambiamenti di colore, fluorescenza o luminescenza: le cellule trasformate possono essere selezionate mediante esame visivo. Esempi di questo tipo di geni sono la ß-glucuronidasi di E. coli (gene gus), che produce un colore blu da un substrato incolore e le due luciferasi, batterica (luxA e luxB) e della lucciola (luc), che producono segnali di fluorescenza.
La selezione può essere inoltre effettuata mediante fonti di carbonio metabolizzate unicamente dalle cellule trasformate (tabella 2). Un sistema basato sul gene fosfomannosio isomerasi di E. coli (manA) come gene di selezione ed il mannosio come agente selettivo è stato descritto da Joersbo et al. (1998). Haldrup et al. (1998) descrissero un altro sistema di selezione in cui un gene xilosio isomerasi batterico (xylA) era espresso in 3 specie vegetali, e le cellule trasformate venivano selezionate su un mezzo contenente xilosio. Una recente strategia si basa sull’espressione inducibile del gene isopentil-transferasi (ipt) derivato dal plasmide Ti dell’A. tumefaciens sotto il controllo di un promotore. Questo, aumentando i livelli di citochinine, porta alla produzione di germogli “shooty” o fogliosi a partire da cellule vegetali trasformate in determinate condizioni di coltura (Kunkel et al., 1999).
Inoltre, sono usati nelle piante trasformate, in particolare per lo studio di promotori, sistemi di selezione basati su geni reporter non selettivi (tabella 2), che causano cambiamenti di colore, fluorescenza o luminescenza: le cellule trasformate possono essere selezionate mediante esame visivo. Esempi di questo tipo di geni sono la ß-glucuronidasi di E. coli (gene gus), che produce un colore blu da un substrato incolore e le due luciferasi, batterica (luxA e luxB) e della lucciola (luc), che producono segnali di fluorescenza.
Bryan L.E. (1984). Antimicrobial Drug Resistance. Academic, Orlando.
DANMAP (1997). Consumption of Antimicrobial Agents and Occurrence of Antimicrobial Resistance in Bacteria from Food Animals, Foods and Humans in Denmark . Danish Integrated Antimicrobial Resistance Monitoring and Research Programme, Danish Zoonosis Centre, Danish Institute for Food and Veterinary Research, Copenhagen . http://www.dfvf.dk/files/filer/zoonosecentret/publikationer/danmap/danmap_1997.pdf
DANMAP (2001). Use of Antimicrobial Agents and Occurrence of Antimicrobial Resistance in Bacteria from Food Animals, Foods and Humans in Denmark . Danish Integrated Antimicrobial Resistance Monitoring and Research Programme, Danish Zoonosis Centre, Danish Institute for Food and Veterinary Research, Copenhagen . http://www.dfvf.dk/files/filer/zoonosecentret/publikationer/danmap/danmap_1997.pdf
Davies J., Smith D.I. (1978). Plasmid-determined resistance to antimicrobial agents. Annual Review of Microbiology, 32: 469–518.
Garfinkel D.J., SimpsonR.B., Ream L.W., White F.F., Gordon M.P., Nester E.W. (1981). Genetic analysis of crown gall; fine structure map of the T-DNA by site-directed mutagenesis. Cell, 27: 143-153.
Gritz L., Davies J. (1983). Plasmid-encoded hygromycin B resistance: the sequence of hygromycin B phosphotransferase gene and its expression in Escherichia coli and Saccharomyces cerevisiae. Gene, 25: 179-188.
Haldrup A., Petersen S.G., Okkels F.T. (1998). The xylose isomerase gene from Thermoanaerobacterium thermosulfurogenes allows effective selection of transgenic plant cells using D-xylose as the selection agent. Plant Molecular Biology, 37: 287-296.
Hollingshead S., Vapnek D. (1985). Nucleotide sequence analysis of a gene encoding a streptomycin/spectinomycin adenyltransferase. Plasmid, 13: 17-30.
Joersbo M., Donaldson I., Kreiberg J., Petersen S.G., Brunstedt J., Okkels F.T. (1998). Analysis of mannose selection used for transformation of sugar beet. Molecular Breeding, 4: 111-117.
Kocabiyik D., Perlin M.H. (1992). Altered substrate specificity by substitutions at Tyr218 in bacterial aminoglycoside 3’-phosphotransferase-II. FEMS Microbiology Letters, 72: 619-624.
Kunkel T., Niu Q.W., Chan Y.S., Chua N.H. (1999). Inducible isopentenyl transferase as a high-efficiency marker for plant transformation. Nature Biotechnology, 17: 916-919.
Nap J.P., Bijvoet J., Stiekema W.J. (1992). Biosafety of kanamycinresistant transgenic plants. Transgenic Research, 1: 239-249.
Pietrzak M., Shillito R.D., Hohn T., Potrykus I. (1986). Expression in plants of two bacterial antibiotic resistance genes after protoplast transformation with a new plant expression vector. Nucleic Acids Research, 14: 5857–5868.
Proctor G.N., Rownd R.H. (1982). Rosanilins: indicator dyes for chloramphenicol-resistant enterobacteria containing chloramphenicol acetyltransferase. Journal of Bacteriology, 150: 1375-1382.
van den Eede G., Aarts H., Buhk H.-J., Corthier G., Flint H.J., Hammes W., Jacobsen B., Midtvedt T., Van der Vossen J., Von Wright A., Wackernagel W., Wilcks A. (2004). The relevance of gene transfer to the safety of food and feed derived from genetically modified (GM) plants. Food and Chemical Toxycology, 42: 1127-1156.
World Health Organization (1993). Health Aspects of Marker Genes in Genetically Modified Plants. Report of a WHO Workshop, WHO/FNU/FOS/93.6. World Health Organisation, Geneva , 1-12.
sempre molto interessante il tuo blog!
RispondiEliminaeh si, sto per laurearmi - fra esattamente 10 giorni - :D e i tempi prima si sa che sono talmente pieni di cose da fare e a cui pensare che non ci si capisce più niente ^_^ grazie per la passeggiata che ogni tanto ti fai sulle mie pagine!
Giulia