martedì 24 marzo 2020

CORONAVIRUS COVID-19: un piccolo paragone tra SARS-CoV-2 e l'influenza


Come noto ormai a tutti, una nuova epidemia si è fatta largo nel mondo. Il 31 dicembre 2019, la Cina ha avvisato l'OMS (organizzazione mondiale della sanità) di diversi casi di polmonite associati a un virus sconosciuto. I casi si sono concentrati inizialmente nella città di Wuhan (11 milioni di persone circa), nella provincia di Hubei, nella Cina centrale.

Entro il 7 gennaio 2020, è arrivata la conferma che era emerso un nuovo tipo di coronavirus, la sindrome determinata dal nuovo virus è stata temporaneamente chiamata 2019-nCoV e successivamente ribattezzata come COVID-19 (CO= corona, VI= virus, D=disease, 19= anno della scoperta). Il nome del nuovo coronavirus è stato ufficializzato poi in Sars-CoV-2. Ovviamente non parliamo della stesso virus che causa la SARS, ricordiamo che appartengono alla stessa famiglia, causano patologia respiratoria ma non sono lo stesso virus.
Nel nostro paese il contagio è presente molto probabilmente dalla fine Gennaio o poco prima, il primo caso registrato è risalente al 21 Febbraio 2020 e il numero di individui positivi al virus è salito di giorno in giorno.
Il governo Conte ha messo in atto una serie di provvedimenti e di protocolli che hanno lo scopo di contenere quanto più possibile la diffusione del patogeno, senso civico delle persone permettendo aggiungerei ma questo è un'altro paio di maniche.
E 'il settimo coronavirus identificato che può causare malattie del tratto respiratorio nell'uomo. Il 9 gennaio 2020 c'è stata la prima morte segnalata dal virus, un uomo di 61 anni che aveva visitato l'ormai chiuso mercato all'ingrosso di frutti di mare dell'Huanan, dove si ritiene che sia partita la diffusione del patogeno.
 Come riportato dall'OMS, dai primi studi ed altri ancora in corso, sembra che vi sia una relazione tra il patogeno causante la patologia COVID-19 e altri coronavirus (CoV) simili che circolano nei pipistrelli e più specificamente quelli della sottospecie Rhinolophus. Queste sottospecie sono particolarmente abbondanti e ampiamente presenti nella Cina meridionale e in Asia ma anche Medio-Oriende, Africa ed Europa. Studi recenti indicano che sono stati identificati più di 500 diversi Coronavirus nei pipistrelli in Cina. Da notare inoltre che gli studi sierologici condotti nella popolazione rurale che vive vicino agli habitat naturali dei pipistrelli delle caverne hanno rilevato una siero-prevalenza di bat-CoV (coronavirus dei pipistrelli) del 2,9%, dimostrando che l'esposizioone dell'uomo ai CoV potrebbe essere cosa comune. [1]
Ma come è avvenuta questa trasmissione all'essere umano? Non è chiaro o per meglio dire, il virus in questione avrà subito sicuramente una mutazione che ne ha permesso il passaggio all'uomo ma il quando e come sia stato trasmesso dall'organismo animale all'essere umano non è molto chiaro; viene fatto notare che i pipistrelli in realtà non sono molto presenti nei mercati cinesi, non come si possa pensare almeno; ma in alcuni contesti sembrano essere cacciati e venduti direttamente ad alcuni ristoranti, laddove vengano eventualmente consumati. [2]

Sia chiaro, ciò non significa assolutamente che è in tal modo che sia avvenuta la trasmissione. Anzi, le prime ipotesi prevedono che molto probababilmente a giocare un ruolo importante possa essere stata stata la presenza di un organismo intermedio che ha svolto un ruolo primario nella trasmissione del nuovo patogeno.
Si sta cercando di individuare quale sia l’organismo animale dal quale è partito il tutto. 
Scoprirlo potrebbe aiutare molto nel comprendere come ha iniziato a diffondersi il nuovo virus, comprendere qualche tassello in più sulla sua origine e come abbia iniziato a diffondersi anche all’uomo.

Spesso è stato dichiarato nei primi periodi durante il quale il patogeno si è diffuso, che tale patologia è fondamentalmente un'influenza, minimizzando anche tale patologia contro la quale è sempre bene vedersi, che solo chi è anziano deve temere qualcosa, è solo un banale raffreddore, un "virus qualsiasi". Parliamoci chiaro, c'è stata una bassa percezione del rischio e tali affermazioni sono state un errore comunicativo. Al termine di tutto ciò si dovrà anche fare i conti con ciò che non ha funzionato a livello di prevenzione mondiale non solo riguardante il nostro territorio e dovrà essere da lezione per il futuro.

Sia COVID-19 che l'influenza sono malattie respiratorie, eppure ci sono importanti differenze tra i due virus e sul come si diffondono nella popolazione.
E' importante conoscere le modalità con cui una patologia si diffonde all’interno di una popolazione, perché ciò può avere enormi ripercussioni sulle misure da mettere in atto, di prevenzione primaria e non, necessarie per contrastare la patologia, per comprendere come queste misure possano essere anche rafforzate per rispondere adeguatamente al virus circolante.
L'OMS è stata abbastanza chiara fin dall'inizio. 

1) Quanto sono simili il virus influenzale e il Sars-CoV-2?
In primo luogo, il virus del COVID-19 e il virus influenzale hanno una presentazione simile della malattia. Cioè, entrambi causano malattie respiratorie, in entrambi i casi possiamo avere individui asintomatici, individui che mostrano sintomi lievi/modesti, in altri invece, purtroppo, si possono presentare complicanze che nei casi più gravi possono condurre alla morte. 
In secondo luogo, entrambi i virus vengono trasmessi per via aerea e fomiti (materiale contaminato di recente), una caratteristica che sicuramente accomuna molti patogeni a trasmissione aerea. 
Da qui il rispetto di quelle norme individuali di protezione, lavarsi spesso e adeguatamente le mani, evitare di tossire a bocca aperta; azioni importanti che tutti possono adottare per minimizzare la trasmissione della patologia. 
La trasmissione avviene per via aerea dunque, in questo caso i virus possono essere trasmessi attraverso le famose goccioline del Pflugge, microgocce di saliva contenenti l’agente eziologico, che vengono emesse con il semplice parlare, starnutire, respirare e che possono veicolare efficacemente l’agente eziologico dall’individuo infetto a quello suscettibile a subire la patologia. In casi rari il contagio sembra poter può avvenire anche attraverso contaminazione fecale.
Normalmente le malattie respiratorie non si tramettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.

In cosa differiscono il patogeno Sars-CoV-2 e il virus influenzale?
Il virus influenzale ha un periodo di incubazione medio decisamente più breve ( il periodo di incubazione è il tempo che intercorre tra l’entrata in contatto con il patogeno e la comparsa dei primi sintomi della patologia). L'influenza mostra anche un intervallo seriale più breve (il tempo tra i casi successivi) rispetto al virus SARS-CoV-2 che sembra essere compreso tra 1-14 giorni. Molto brevemente senza approfondire, vedremo di farlo in un secondo momento, quando si verifica un'epidemia in una popolazione di individui o in una comunità chiusa, il primo caso di patologia viene definito caso indice o caso primario, mentre tutti gli altri individui che da questo sono contagiati vengono definiti secondari; l'intervallo di tempo che intercorre è detto seriale cioè il periodo di tempo che intercorre fra la comparsa dei sintomi in un infetto e la comparsa dei sintomi in un individuo infettato dal primo.
Per il virus SARS-CoV-2 l'intervallo seriale è stimato in 5-6 giorni, mentre per il virus dell'influenza, l'intervallo seriale è di 3 giorni. Ciò significa che l'influenza può diffondersi più velocemente del COVID-19.
I bambini sono importanti motori della trasmissione del virus dell'influenza nella comunità. Per il virus SARS-CoV-2, i dati iniziali indicano che i bambini sono meno colpiti rispetto agli adulti e che i tassi di attacco clinico nella fascia di età 0-19 anni sono bassi. Ulteriori dati preliminari dagli studi sulla trasmissione delle famiglie in Cina suggeriscono che i bambini sono infettati dagli adulti, piuttosto che viceversa.
Come accennato sopra, in entrambi i casi possiamo avere una percentuale di individui che può andare incontro a gravi complicazioni. Questo è vero ma attenzione, nel caso del coronavirus a differenza dell'influenza una delle principali complicanze è un'infezione virale primaria a carico dei polmoni, in grado di causare una grave forma di polmonite. Per quanto riguarda le percentuali, numeri sempre da rivedere alla fine di tutto quando avremo un quadro finalmente completo e non in continuo mutamento i casi sono per l’80% di bassa gravità o sono asintomatici, un buon 15% circa presenta gravi complicazioni, e un buon 5% che richiedono ventilazione ed interventi più intensi a carico dell’individuo. Percentuali che per ora sarebbero superiori a quanto osservato per la sindrome influenzale. In Italia a causa anche di una fascia di popolazione con età superiore ai 60 anni maggiore rispetto a quanto osservato altrove la percentuale di casi severi è purtroppo maggiore, con un tasso di letalità particolarmente alto; a confronto, l’influenza presenta invece una percentuale di casi critici più bassa.
I dati a disposizione oggi, indicano che la percentuale di mortalità (intesa come il rapporto tra il numero dei decessi e quello dei casi) oscilla tra il 3 e il 4%; la percentuale di mortalità da infezione (inteso come il rapporto dei casi di decessi riportati e il numero delle infezioni riportate) è tendenzialmente più bassa.

Il numero riproduttivo di base - il numero di infezioni secondarie generate da un individuo infetto - è compreso tra 2 e 2,5 per il virus SARS-CoV-2 ed è superiore a quello per l'influenza (circa 1,3).
Qui dobbiamo aprire una piccola parentesi, cosa si intende per numero di infezioni secondarie generate da un individuo infetto?
Risultato immagini per R0 E’ abbastanza intuibile ovviamente. In epidemiologia viene indicato con il termine di R0 detto anche “numero di riproduzione di base”, sta ad indicare il numero medio di infezioni secondarie che un individuo infetto è in grado di provocare in una popolazione di individui che è suscettibile a subire la patologia. Insomma può aiutare a capire quanto la patologia sia in potenzialmente trasmissibile.
Quindi rifacendoci a quanto detto poche righe sopra, avere un R0 compreso tra 2 e 2,5 significa che un individuo infetto può potenzialmente infettare tra le 2 e le 2,5 persone.
Questo è importante, perché altri due infettati ne infetteranno quattro, quattro altri otto e cosi via in modo esponenziale o quasi.
Anzi come anche riportato sempre dall’OMS e anche dall’ISS (istituto superiore di sanità) da quando ha iniziato a diffondersi il nuovo virus, le stime dell’R0 sono state calcolate tra l’1,4 e il 3,8. Non è un valore proprio assoluto, fisso ed immutabile, come ogni misurazione che viene effettuata in corso può subire delle modifiche, ma è molto importante e sembra abbastanza affidabile, perché quantifica la probabilità di trasmissione già da un solo contatto che può avvenire tra un infetto e una persona suscettibile a subire la patologia.
Ci permette di comprendere anche l’eventuale numero di contatti che la persona infetta può aver contagiato e quindi la durata dell’infettività.
In questa fase ci sono tre parametri importanti che dobbiamo considerare,

  • La probabilità di trasmissione dall’infetto ai contatti.
  • Il numero dei contatti che la persona infetta ha incontrato. 
  • La durata dell’infettività. 
Se si riduce almeno uno dei tre parametri si può ridurre il valore di R0 e quindi si può intervenire in modo da provare a ridurre la diffusione della malattia nella popolazione. Ci sono cose su cui ovviamente non possiamo intervenire in maniera immediata, perché ci mancano gli strumenti in questo momento, quali sono?
Tali parametri sono la probabilità della trasmissione e la durata dell’infettività, perché?
Senza un vaccino, con il quale vaccinare una buona fetta di popolazione inducendo un'immunità di gregge, o un trattamento di tipo farmacologico da applicare alla massa dei malati, che può influenzare positivamente il decorso della patologia, attenuando le sintomatologie da questa provocata; questi parametri non sono in questa fase modificabili di molto.
Però intervenire si può, attraverso altre metodiche, come l’immediata diagnosi e identificazione dei casi (prevenzione secondaria) o degli individui entrati in contatto con la sorgente di infezione (individui potenzialmente infettati, i famosi contatti) e la messa in atto di misure volte a diminuire drasticamente la possibilità che possano a loro volta entrare in contatto con altre persone, ciò può permettere una riduzione del valore di R0.
In particolare, come è avvenuto e sta ancora avvenendo in Cina, o come si sta attuando nel nostro paese. Misure empiriche quindi (isolamento, quarantena ecc..), misure di modifica dei comportamenti sociali e di comportamenti anche culturalmente scorretti, tossire in faccia alla gente, non restare a casa se si hanno sintomi o se si è stati in zone a rischio o a contatto con chi è stato in zone a rischio ecc…minimizzare assembramenti di persone in luoghi chiusi dove il patogeno può trasmettersi con successo, lavarsi spesso le mani, uscire di meno, possono determinare una riduzione del numero di produzione di base del patogeno e del numero di contagiati.

Inoltre per l’ifluenza abbiamo un vaccino, abbiamo la possibilità di usare antivirali, abbiamo varie modalità di intervento anche in caso di infezioni secondarie batteriche. Nel caso del covid ci ritroviamo di fronte ad un nuovo patogeno per il quale non vi è alcuna copertura anticorpale nella popolazione, ciò favorisce il suo propagarsi con facilità, assenza di un vaccino, assenza di farmaci antivirali specifici, probabilità di polmonite primaria virale come accennato prima.
La mortalità per COVID-19 sembra superiore a quella dell'influenza, in particolare dell'influenza stagionale. Anche in questo caso il vero tasso di mortalità lo sapremo solo al termine di tutto, sono parametri che ad epidemia in corso ci danno si una certa visione, ma non completa. 
Fin da subito l’OMS ha cercato di stimare i parametri che permettono di comprendere l’epidemia in corso; il periodo di incubazione (l’intervallo di tempo che intercorre tra l’entrata in contatto con il patogeno e l’insorgenza dei sintomi) ; il tasso di letalità e l’intervallo seriale che corrisponde al tempo medio che intercorre tra l'insorgere dei sintomi nell'individuo che è sorgente dell’infezione e l'insorgere dei sintomi nell'individuo che è stato contagiato.
Qui abbiamo un primo rapporto [3] dell'OMS che riassume le prove che fin da subito sono state elaborate. 
Il periodo di incubazione si aggira in un arco di tempo che varia tra i 0 e 14 giorni (con una mediana di 5,6 giorni) e un l’intervallo seriale dai 4,4 ai 7,5 giorni.

Il tasso di letalità (numero di decessi/numero totale di casi confermati) in Cina, secondo quanto riportato dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, è del 2,3% e si basa sui 1.023 decessi tra 44.415 casi confermati in laboratorio all'11 febbraio. Tale dato non include il numero di infezioni più lievi che potrebbero sfuggire all'attuale sorveglianza, ampiamente focalizzata su pazienti con polmonite che necessitano di ricovero; né considera che i casi recentemente confermati che potrebbero sviluppare una malattia grave e, in alcuni casi, fatale. Anche queste cifre, nel corso dell’epidemia, potranno variare e saranno aggiornate. In Italia al momento il tasso di letalità si aggira attorno all'8,7% [4]

Un'ultima cosa, il presidente del consiglio ha approvato decreti e restrizioni che tutti conosciamo. Lo scopo in soldoni è di raccomandare e creare un distanziamento sociale. Ricordiamo quanto abbiamo accennato prima sul fattore R0 (numero di riproduzione di base) ogni infetto ne contagia in questo caso un numero compreso tra 2 e 2,5 individui. Le misure di salute pubblica introdotte in questi giorni hanno lo scopo di evitare una grande ondata epidemica, evitare che si crei un picco di casi in un lasso di tempo molto breve. Avere una miriade di malati tutti in un momento è estremamente difficoltoso da gestire. Bisogna impegnarsi quindi a seguire rigorosamente le norme consigliate.  l'immagine sottostante è presa da uno studio dell'ECDC centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive [5]


Lo studio riporta una guida sulle misure da attuare in caso di pandemia influenzale, il cui scopo è quello di ridurre l'impatto che la patologia può avere a carico delle popolazioni colpite. E'un ragionamento applicabile anche ad altre patologie come nel caso del COVID-19.

L'applicazione delle misure delle misure di sanità pubblica che ormai tutta Italia stiamo osservando in questi giorni hanno l'importante scopo di ridurre, in una certa misura:

  • Il numero delle persone infettate.
  • Il numero di persone che necessitano di cure mediche.
  • Il numero di individui che muoiono durante una pandemia.
Abbassare e ritardare il picco di una curva pandemica è quindi importante. Le misure potrebbero anche mitigare le conseguenze secondarie delle pandemie che si verificano quando molte persone si ammalano contemporaneamente, vale a dire l'impatto che un numero elevato di persone può avere sulla sanità (vedasi le continue e ripetute preoccupazioni su un eventuale collasso del sistema sanitario di fronte ad un'emergenza così imponente), il mantenimento delle scorte alimentari, la distribuzione di carburante, dei servizi pubblici, ecc. Le misure di sanità pubblica possono anche ritardare il picco della curva epidemica di una pandemia fino al momento in cui un vaccino contro la patologia inizia a diventare disponibile, intervenendo positivamente sul suo decorso. Inoltre, teoricamente ritardare il picco, spalmarlo può permettere una maggiore possibilità da parte delle strutture sanitarie di accogliere e curare chi ne ha bisogno.
L'obiettivo di queste norme dunque è quello di ridurre la capacità di riproduzione del patogeno, dobbiamo abbassare questo valore, far rallentare il patogeno, in modo che possiamo "raggiungerlo"e far si che la sua velocità di propagazione sia compatibile con le nostre capacità di mettere in atto azioni di prevenzione primaria e secondaria (identificazione precoce dei casi e isolamento), sta accadendo ancora in Cina oggi dove tutto questo ora si può fare, proprio perchè si è riusciti a forzare un drastico calo dei contagi.

Sempre per quanto riguarda un ulteriore paragone con l'influenza, abbiamo sottolineato come sia sbagliato minimizzare anche quest'ultima patologia, non solo per le complicanze dirette o indirette che può comunque dare. Ricordate la pandemia da H1N1 a cui lo studio sopra dell'ECDC si riferisce anche in quel contesto la preoccupazione fu tanta e l'OMS lanciò molti allarmi. Quando si ha a che fare con un nuovo agente patogeno, nei suoi confronti non vi è alcuna risposta specifica immunitaria nella popolazione. Il sistema immunitario risponde con estrema efficacia agli agenti eziologici estranei che entrano in contatto con l'organismo, sviluppando i famosi anticorpi, proteine prodotte ad hoc dal nostro organismo per indiviuare e reagire in maniera altamente specifica contro le sue componenti strutturali e ciò mette in atto una serie di effetti che culmineranno nella sua disfatta. Però per produre questa risposta, si deve per l'appunto entrare in contatto con l'agente patogeno e questo significa contrarre la patologia con tutte le conseguenze che ne derivano. Inoltre dal momento che non vi è copertura anticorpale nella popolazione, il patogeno avrà un'autostrada libera davanti a se e se parliamo di agenti eziologici in grado di diffondersi con estrema rapidità, trasmissioni tra l'altro facilitata da innumerevoli fattori comporamentali, climatici ecc...il risultato non può essere che uno: diffusione del patogeno su ampia scala e tutti noi stiamo osservando cosa sta comporando a livello mondiale, migliaia di morti, danni economici notevoli, un impatto notevole sull'esistenza delle comunità e dei singoli individui che le compongono.

Fonti:
1) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6178078/
2) Li, H., Mendelsohn,E., Zong, C., Zhang, W., Hagan, E., Wang, N., Li, S., Yan, H., Huang, H., Zhu,G. and Ross, N., 2019. Human-animal interactions and bat coronavirus spilloverpotential among rural residents in Southern China. BiosafetyandHealth,1(2), pp.84-90.
3) https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200219-sitrep-30-covid-19.pdf?sfvrsn=6e50645_2
4) https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Infografica_23marzo%20ITA.pdf
5) https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/guide-public-health-measures-reduce-impact-influenza-pandemics-europe-ecdc-menu
6) https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/situation-reports/20200306-sitrep-46-covid-19.pdf?sfvrsn=96b04adf_2
7)  https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/tmi.13383

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